IL PETRARCHISMO

  • IL PETRARCHISMO POESIA D'ARTE
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    Autore: Benedetto Croce Tratto da: Poesia popolare e poesia d'arte

     
         

    In che consistesse il petrarchismo è presto detto col definirlo l'analogo, nel dominio della lirica e in generale della forma italiana, di quel che fu per la commedia e per la tragedia il riportamento agli esemplari latini e greci. Questo vogliono significare le parole dell'Ariosto, che lodano il Bembo di avere tratto il dolce idioma nostro «fuor del volgar uso tetro »; e questo è formulato le mille volte nelle pagine dei contemporanei...
    Le arguzie da Tebaldeo, che tanto erano piaciute nelle corti, e gli strambotti dei rimatori popolareggianti stavano, nella lirica, al livello delle rappresentazioni e delle farse, nella drammatica; e da quelle come da queste conveniva salire o risalire alla poesia più complessa, più fine ed elaborata, alla poesia d'arte.
    E come si poteva ciò adempiere se non risalendo al grado e ripigliando il tono di colui che era stato il primo grande « lirico », e certamente il sommo, nella lingua italiana, Francesco Petrarca...

    Chi al nuovo bisogno soddisfece, e operò il ricongiungimento e la ripresa, Pietro Bembo, a ragione fu tenuto dai contemporanei un benefattore e un salvatore, e certamente adempì le parti di un personaggio storico, del quale è proprio aiutare le età a mettere a luce il parto di cui sono gravide, e per quest'opera da lui compiuta il suo nome rimane nella storia dello spirito italiano. Perciò anche si moltiplicavano allora, accanto ai canzonieri d'amore di scuola petrarchesca, i trattati d'amore (ne scrisse pure il Bembo), tutti sul tema anzidetto, dell'amor sensibile e dell'amor celeste e della loro mediazione; e diventò popolare la teoria che popolarmente si chiama ancora dell'« amor platonico ».
    Come il « petrarchismo » è parso a molti critici e storici una perniciosa pedanteria, così l'amor platonico, allora asserito e dichiarato e recitato con atto di fede, è stato giudicato nient'altro che una ripugnante ipocrisia, bastevole a render falsa tutta quella poesia, perché nel fatto (si suole osservare) quei teorici e quei cantori dell'amor platonico amavano come amano tutti, e talvolta peggio di altri... Ma l'amor platonico non era e non poteva essere un « fatto », sibbene per l'appunto una « teoria », una delle fasi per cui è passato il pensiero nello sforzo di mettere Eros in armonia col complesso della vita umana e con la coscienza morale. Negare semplicemente l'amore sensibile, questo sì che sarebbe stato ipocrisia, da quando siffatta negazione non poteva più prendere il carattere di una sacra follia, come presso gli asceti, che poi dalle immagini e tentazioni erotiche si mostravano assillati e tormentati più dolorosamente e implacabilmente dei non asceti. Ed ecco che, come la Chiesa lo aveva risoluto nell'istituto etico del matrimonio e nell'ufficio di mettere al mondo nuovi servi al Signore, così i laici di quel tempo che sperimentavano l'amore non evitabile e non eliminabile, e persistente e r corrente come un amore sensibile e passionale oltre e nella stessa cerchia del matrimonio, e avevano letto il Simposio, si studiarono d'inquadrarlo nella vita etica come un grado dell'ascesa alla Somma Bellezza e alla Somma Bontà, a Dio...

    Incolpevole è altresì l'altra teoria che allora veniva dappertutto inculcata, e pur essa per opera dei migliori ingegni: l'imitazione poetica. Certo, nemmeno questa è da fraintendere per una teoria della poesia e dell'arte, nel qual caso sorge la facile confutazione che la poesia è originalità e non imitazione o contraffazione di altra poesia. Praticamente, si riduceva alla raccomandazione di un espediente pedagogico efficace, sebbene non sempre si avvertisse o non chiaramente si sottintendesse che, come tutti gli altri espedienti siffatti, valeva per certi fini e non per tutti, e doveva essere integrato da altri espedienti e oltrepassato, in ultimo, nel concreto fare, che butta via tutti gli espedienti. Ma, se la raccomandazione batteva da un sol lato, questa unilateralità aveva a quel tempo il suo buon motivo, come in altre età l'ebbe l'unilateralità opposta, la polemica contro l'imitazione dei modelli. Il problema pedagogico era allora il ricongiungimento a una grande tradizione storica, e non già, come più tardi, e segnatamente dopo il classicismo francese, lo scuoter via quel che d'ingombrante e di precludente e di mortificante il culto superstizioso e scolastico della tradizione aveva portato con sé. Insomma, come nessuno si meravigliava o si meraviglia che i giovani chiamati alla pittura e alla scultura si mettessero a bottega presso i maestri, e, anzi, che, per non vagare di maestro in maestro, ne prescegliessero uno solo ma buono e gli fossero fedeli; e come nessuno trova da ridire che ai nostri giorni un poeta abbia il suo poeta prediletto e sopr'esso si formi, così non c'è da obiettare contro la pratica raccomandazione d'imitare uno o altro gran poeta, e, in questo caso, il Petrarca. Tanto più che imitare non voleva dire propriamente ripetere e copiare...

    Per ritrovare il reale motivo del gran fastidio che sorse più tardi, e si mantenne vivo, contro petrarchismo, amor platonico e imitazione, bisogna far capo unicamente all'osservazione di fatto che, tra i cosiddetti « lirici » italiani del cinquecento, mancarono i grandi poeti, e Francesco Petrarca non ebbe il suo successore. Osservazione di fatto che sarebbe vana fatica voler contrastare, perché, in casi di questa sorta, in osservazioni così palmari, la vox populi, il consenso comune, è argomento non dubbio di verità: potendosi bensì correggere l'affermazione di chi, guardando, dice piano un paese che è invece ondulato e lievemente collinoso, ma non di chi nega che vi siano montagne, giacché le montagne si vedono da tutti, e non sono da scoprire aguzzando le ciglia o adoprando tecnici strumenti di misurazione. Né ci lasceremo irretire dalla sofistica dimostrazione che quella lirica fu pur conforme ai tempi, perché ogni cosa è conforme ai tempi ed è manifestazione del proprio tempo, e nella storia della poesia non si tratta di riconoscere ciò, ma di cercare se quella cosiddetta lirica è conforme alla bellezza, cioè alla poesia. Ora la delusione per la mancanza dei grandi poeti, la noia di dover leggere o la stizza di vedere lodati tanti mediocri e men che mediocri e affatto nulli poeti o frigidi e stentati rimatori, si rivolsero indebitamente contro il petrarchismo, l'amor platonico e l'imitazione, che si erano studiati di preparare condizioni favorevoli alla poesia, e per allora rimasero sterili di grandi effetti poetici, almeno in quella, cerchia. Che ciò sia irragionevole, c tolga alla vista fatti per altri rispetti di molto rilievo, - avanzamenti nella cultura, nel giudizio critico, nell'intensità e finezza spirituale, nella complessità morale, - e turbi, insomma, la piena considerazione storica dello svolgimento dello spirito italiano e moderno, ci sembra evidente nella dimostrazione che ne abbiamo data, e per questa parte facciamo punto.
     

     
         
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    Letteratura italiana 2002 - Luigi De Bellis