L'ispirazione genuina del
Boiardo tende ad accentuare, fino alla crudezza, l'intima vitalità del
paesaggio in una vera esagerazione e deformazione di colori e di movimenti
(il sole che esce tutto iubato, e incende la marina; la rosa che si apre
d'un colore infiammato, come foco sulla verde spina; l'erbetta che esce su
dalla terra), sottolineando anzi l'impeto di questa vitalità erompente con
quel ritmare incalzante di consecutive e di parole fortemente accentate (tùtto
iubàto; tàl lùce; sì infiammato).
Questo motivo ritorna assai spesso nel Canzoniere ma al solito come
frammento, come immagine staccata, per lo più nelle comparazioni
paesistiche delle situazioni amorose.
Così la canzone (15), che il poeta stesso chiama « Cantus comparativus »,
comincia alla maniera petrarchesca (« Chi troverà parole e voce eguali? »)
per poi istituire confronti fra la donna e alcuni spettacoli della natura
cronologicamente disposti: la luna fra le stelle, la stella Espero,
l'aurora, il sole che sorge; la costruzione è freddamente e
letterariamente pensata, ma i quattro paesaggi celesti, che dovrebbero
essere solo paragoni, sono animati da un vivissimo colorismo drammatico
che riesce veramente a infondere un fremito di vita anche alle immobili
cose del cielo; ecco il paesaggio lunare:
Si
come più resplende,
allor che il giorno è spento,
in tra le stelle rade
la luna di color di puro argento,
quando ha di fiame il bianco viso tento
e le sue corna ha più già di lume piene
solo a sua vista è il nostro sguardo intento... |
I versi e le immagini non sono ancora perfetti: ma se la prima quartina,
limpida nel disegno, è però ancora un po' convenzionale, gli ultimi versi
sono nella loro rozzezza già molto significativi: la visione della luna,
suscitatrice da Saffo ai romantici di tante dolenti malinconie colla sua
luce velata, nel B. perde ogni sfumatura incerta e misteriosa, e acquista
fuori d'ogni regola letteraria una veemenza coloristica che può quasi
urtare (« quando ha di fiame... »). La stessa violenta esagerazione di
tinte è nella descrizione di Vespero che appare alla fine della notte e in
quella dell'Aurora che sorge: ma qui l'arte del B. si fa più ricca e si
adorna di immagini piene di lussureggiante vitalità:
Come in la notte liquida e serena
vien la stella d'amore avanti al giorno
di ragi d'oro e di splendor sì piena
che l'orizzonte è di sua luce adorno ...
...ed ella a tergo mena
l'altre stelle minore ...
...indi rorando splendido liquore
da l'umida sua chioma, onde se bagna
la verde erbetta e 'l colorito fiore,
fa rugiadosa tutta la campagna. |
Si è osservato che le descrizioni paesistiche di questa canzone hanno la
loro fonte in poeti classici; ma, nella sua originale commozione
artistica, il B. perde assolutamente il senso della fonte latina da cui
prende lo spunto... È facile vedere come il B. alla nitidezza lievemente
malinconica delle immagini raccolte e meditate di Virgilio, opponga la sua
umanistica visione piena di una vita tumultuosa ed entusiastica, che si
riversa in un'abbondanza di aggettivi sensuosi (splendido licore... umida
chioma... verde erbetta... colorito fiore... rogiadosa) e sembra rimanere
impacciata nei freni della costruzione insolitamente complessa (onde se
bagna ecc.). Anche la personificazione non è qui un ricordo letterario, ma
acquista una vera funzione estetica in questo render vive le cose celesti:
si legga, per persuadersene ancora, la rappresentazione del sole nella sua
ascesa splendida e trionfale pel cielo mattutino:
Qual fuor dell'ocean di ragi acceso
risurge il sole al giorno mattutino
e sì come tra l'unde e il ciel sospeso
va tremolando sopra il suol marino,
e poi ch 'l freno ha preso
dei soi corsier focosi
con le rote d'or fino
ad erto adrizza i corsi luminosi... ; |
In questa levata del sole il B. ha sentito soprattutto il movimento,
l'impulso gioioso e irrefrenabile che spinge il sole a drizzare « ad erto
» il suo corso luminoso, sviluppandolo progressivamente attraverso le
immagini della strofa: da quella sospensione « fra l'unde e 'l cielo »,
animata da quel tremolo così lontano dal ricordo dantesco; non più
elemento idillico del paesaggio, tua quasi fremito d'inizio, alla rapida
ascesa dei settenari che è come raccolta e slanciata verso il cielo dal
robusto e luminoso endecasillabo finale...
Per finire voglio notare un altro momento di questa capacità del poeta nel
cogliere nella sua immediatezza originaria la vitalità delle cose di
natura: l'interesse per la vita degli animali, che ritornerà anche
nell'Innamorato. Posso citarne un solo esempio nel Canzoniere, ma molto
interessante, anche perché non è mai stato citato. Si tratta anche qui di
un canto comparativo, alla maniera petrarchesca, in cui il poeta si
paragona successivamente a quattro animali, a cui come a lui piace morire:
l'unicorno, la fenice, l'ermellino, il cigno: per brevità, e anche perché
è il più riuscito poeticamente, citerò l'accenno all'ermellino, di cui il
poeta ammira e partecipa con ingenua e commossa comprensione, la nobile
delicatezza che gli fa preferire di morire piuttosto che lordare la sua
candida bellezza:
Sotto la tramontana al breve giorno
ove l'onda marina al gel se indura
un picolo animal tra monti nasce,
bianco di pelo, e di facione adorno,
e si nemico al tutto di lordura,
che sol di neve candida si pasce.
Tanto gentile il fece la natura
che, se, forsi cacciato, il luto vede
sostien da quello il dilicato piede,
e più bellezza che la vita cura. |
C'è già quell'interesse intenso per la vitalità degli animali che ispirerà
i frequenti e vivaci paragoni animaleschi dell'Orlando innamorato.
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