QUATTROCENTO

  • LETTERATURA DI TRATTENIMENTO E POESIA NELL'ORLANDO INNAMORATO
  •  
    Autore: Emilio Bigi Tratto da: La poesia del Boiardo

     
         

    Nell'Innamorato il rapporto che passa tra la poesia e la non-poesia è di natura assai differente: il poema, come abbiamo detto, rappresenta nella storia della cultura del Boiardo il momento ultimo del distacco dall'alta letteratura classica e volgare, in corrispondenza a nuove tendenze realistiche, vitali coincidenti con quelle della Corte ferrarese e di Ercole I; rappresenta cioè il passaggio deciso dal periodo degli esercizi letterari (Pastoralia, Canzoniere, Egloghe), anch'essi pure venati più o meno fortemente di motivi pratici, al campo della letteratura di trattenimento (traduzioni, Tarocchi, Timone).
    Ora in questo passare dalla freddezza delle imitazioni e degli esercizi letterari al caldo della reale vita pratica, c'è senza dubbio un progresso di umanità, o per lo meno una liberazione delle tendenze genuine del B.; ma mentre si fa più aderente alla vita contingente, egli viene perdendo quel certo senso dell'arte letteraria che pur conservava nel Canzoniere, quasi per riflesso del letteratissimo e dominatissimo modello petrarchesco: difatti il filone d'ispirazione sentimentale genuina del Canzoniere si riversa, senza quasi lasciare residui, nelle pur frammentarie immagini poetiche: anche lì manca alla perfezione artistica, assai spesso, la coscienza precisa della poesia, che dà il suggello definitivo all'espressione, e che il modello petrarchesco non poteva certamente fornire al B.; ma in ogni modo non sono molti i momenti in cui il sentimento sia rimasto puro sentimento, sfogo, interiezione priva del tutto del tocco trasfigurativo dell'arte. Anche il fatto che l'ispirazione poetica si sia rifugiata per lo più nelle parti laterali, come le similitudini e le metafore paesistiche, più che essere di danno, ha servito al B. per disciplinare in immagini definite il suo traboccante senso della vitalità della natura.
    Ora in verità questo senso della vitalità nell'Orlando Innamorato si allarga in un campo molto più vasto; e il suo interessamento non si limita più alla natura, ma abbraccia tutto un grande mondo narrativo composto degli elementi più svariati, in cui si muovono guerrieri, cavalieri, eserciti, mostri, giganti, fate e dame, un mondo ricco di duelli, di battaglie, di incanti; ma questo ampliamento è veramente anche un approfondirsi dell'umanità artisticamente realizzata del B.?

    Bisogna andare molto cauti nel rispondere affermativamente a questa domanda, poiché nella creazione di questo mondo narrativo il B. non porta un interesse prevalentemente contemplativo, poetico, ma soprattutto pratico, preoccupandosi, più che di rappresentarlo, di assecondare nel suo narrare quel fremito di vitalità istintiva energica e amorosa, che colorava le passioni e i gusti pratici suoi e della società di cui si sentiva parte: c'è insomma nel poema un disinteresse evidente per la realizzazione artistica, poiché la mente e la coscienza del poeta sono distratte e legate alla contingente vita pratica contemporanea. Perciò la rappresentazione individuata in scene e in personaggi ed in immagini di questo contenuto sentimentale che tende a rimanere contenuto è, per così dire, casuale nella mente del poeta, non necessaria all'economia iniziale del lavoro intrapreso dal B., concepito come un « romanzo » (parola che già allora aveva il preciso significato di opera di trattenimento) di armi e di amori.
    Tanto meglio se di tanto in tanto, quasi inconsapevolmente veniva la Musa a ravvivare la sua tela: l'interesse centrale del B. e dei suoi ascoltatori era altro dalla poesia, e si volgeva piuttosto ai duelli e alle battaglie che fino all'ultimo tenevano sospesi in una divertente incertezza, alla fresca e gioiosa sensualità delle dame e dei cavalieri, alle grandi avventure di fiabe e di incanti, in cui si moveva ardito e impersonale il franco cavaliero a uccidere il mostro o il gigante crudele e a liberare, se c'era, la leggiadra donzella imprigionata.
    Perciò la poesia nascerà, come vedremo, frammentariamente, come episodio talvolta ma più spesso ancora come macchietta vivace, o come immagine felice, conservando sempre il suggello impressole dalla sua nascita, cioè il suo carattere di casualità, di soverchia immediatezza, la rozzezza dei contorni, tutti segni dello scarso indugio meditativo che il B. concedeva alle sue creazioni.
    Questa fisionomia deve essere tenuta presente da chiunque si ac cinga ad analizzare la poesia dell'Orlando Innamorato nei suoi limiti legittimi; altrimenti, come è avvenuto, si giunge ad equivoci critici che portano alla falsatura o al disconoscimento della genuina umanità artistica espressa nel poema.

    Un primo equivoco, derivato dal non aver distinto nettamente limiti della poesia dell'Innamorato, risiede in quelle inutili e incomod lodi di cui è stato fatto oggetto il cosiddetto intreccio del poema, cioè quel modo di spezzare i racconti al momento culminante, intersecando fra loro storie antiche e storie nuove, fino al completo disorientamento del lettore. Questa era un'osservazione che i critici eruditi, a comin. ciare dal Rajna, ripetevano con particolare compiacimento: nella loro mente, che perseguiva nel suo sviluppo il genere cavalleresco, il B, rappresentava il punto in cui si unificavano le varie storie dei cantari, per solito assai brevi, allargate e saldate infine in una lunga trama interessante. Anzi, perfino i fautori dell'Ariosto riconoscevano cavallerescamente che almeno in questa mirabile invenzione del variare improvviso le fila della trama, il poeta del Furioso aveva seguito le orme del suo ingegnoso predecessore.
    Ora questo intreccio ha un'origine diversissima nei due poeti nell'Ariosto si tratta di una diretta conseguenza della sua ispirazione artistica: egli non si appassiona di questo o di quel motivo sentimentale, di questo o quel dramma in particolare; ma pone tutta la realtà umana nello stesso piano contemplativo e si interessa solo all'armonico trascolorare dei motivi mossi dalla sua sorridente fantasia; nel B. invece ha una giustificazione puramente pratica nella sua intenzione di variare le avventure per rendere il suo poema più piacevole alla lettura. Nella mente dei due poeti si può cogliere la coscienza di questa diversità: si ricordi la similitudine del Furioso in cui l'Ariosto, che si sente veramente artista, si paragona al musico gentile, che varia i toni musicali della cetra arguta, per ottenere l'armonia dell'insieme; mentre il B. ha chiara la sua intenzione di narratore, che vuole soprattutto interessare, in questo paragone in cui si assomma tutta la sua Poetica:

     

    Colti ho diversi fiori a la verdura
    azzurri, e gialli, e candidi e vermigli...
    traggasi avanti chi d'odore ha cura
    e ciò che più gli piace quel si pigli;
    a cui diletta il giglio, a cui la rosa,
    ed a cui questa e a cui quell'altra cosa.
    Però diversamente il mio verziero
    d'amore di battaglie ho già piantato.
    Piace la guerra a l'animo più fero,
    l'amore al cor gentile e delicato.


    Ma la prova che questo intreccio del B. non corrisponde ad una esigenza d'arte, sarà l'analisi stessa dei suoi episodi e personaggi poetici che appariranno sempre laterali, estranei alla trama generale del poema. Anzi talvolta questa manìa di voler spezzare i racconti e gli episodi nei momenti culminanti, produce degli effetti fastidiosi anche nei passi più riusciti: si ricordi ad esempio l'interruzione nel bel mezzo della tempesta dominata da Rodomonte, con un accenno affatto inutile ai preparativi di Carlomagno (II, XVI, I6-28) ; la inopportuna parentesi allegorico-fiabesca che spezza in due la novella di Prasildo e Tisbina (I, XII, 26-42); il brusco interrompimento del canto nel momento drammaticamente culminante del duello tra Orlando e Agricane (I, XVIII, 55); tutti segni chiari del predominio dell'interesse pratico sulla calma creazione della fantasia.
     

     
         
    HOME PAGE
         
    Letteratura italiana 2002 - Luigi De Bellis