CRITICA: ROMANTICISMO

 ROMANTICISMO ITALIANO E ROMANTICISMO EUROPEO

 AUTORE: Giuseppe Citanna    TRATTO DA: Neoclassicismo e Romanticismo

 

Solo ponendo mentalmente i limiti ideali che sorgono dalle considerazioni fatte, si può dunque accettare, per quel che ci riguarda, la denominazione di neoclassici, data al Monti e al Foscolo: denominazione che acquista, d'altra parte, un significato del tutto superficiale, e scolastico. La verità è, invece, che col Foscolo, e perciò egli è un grande poeta, il romanticismo che aveva trovato un solitario precursore in Alfieri, irrompe davvero, finalmente, come fiume vivificatore, prima e assai meglio che non con la piccola breccia apparente della lettera di Grisostomo, nella vecchia ma già ridestantesi terra d'Italia; di questa totale rigenerazione in tutti i campi dell'attività egli è l'espressione profondamente pensosa, umana e musicale al tempo stesso. Veramente un popolo sorgeva dai sepolcreti della tradizione, acceso dalle nuove idee, ansioso di opere, nel tumulto immenso della moderna vita europea.
Da quanto sin qui si è detto intorno ai poeti neoclassici e, più indietro ancora, dell'Alfieri e del Parini, risulta provata, mi auguro, anche l'impossibilità di restringere il significato della parola romanticismo al suo valore originario, cioè al moto iniziato dal piccolo gruppo di scrittori ribelli che in Germania si dissero romantici e che possono considerarsi continuatori e affini degli Stúrmer und Drànger. Già sono convinto che più si cerca da alcuni di limitare il significato o meglio il valore di questa parola e più facilmente essa scappa dalle mani; e saremo costretti, per tentare di riafferrarla, ad aiutarci con molteplici distinzioni. E non è poi difficile vederne il perché. Basterà passare dalla superficiale considerazione del fatto storico contingente dell'esistenza dei primi romantici in Germania a quella più intima e sostanziale del valore della loro dottrina (è noto che lo Schlegel s'ispirava a Fichte e a Schiller), dell'intimo impulso che li muoveva adoperare, per avvederci subito che il romanticismo fu, comunque lo si consideri, soprattutto un moto di idee, rispondenti ad un profondo bisogno dell'anima europea, senza le quali il romanticismo sarebbe rimasto, come oggi il futurismo, una curiosità e una stranezza. E invece i romantici parlarono e furono intesi e come! in tutta l'Europa, e nessuno può ormai più considerare romantici il Tieck e il Novalis perché tedeschi, dimenticandosi dello Chateaubriand e del Byron.
Voglio dire che non è colpa mia se la parola romanticismo nacque con un contenuto ideale, indubbiamente ricco e concreto, e se il significato di quella parola andò allargandosi fino a divenire espressione d'un mondo spirituale sempre più vasto e profondo. Anche questo è fatto storico innegabile e ricercarne le ragioni significa appunto comprendere il romanticismo...

Si parla già di un'epoca romantica, e non vi ha dubbio che in avvenire sarà sempre meglio determinata quasi un nuovo Rinascimento, che, avendo questa volta il suo maggior focolare presso le genti germaniche, si diffonde vigorosamente alimentato dai popoli più civili.
Si può forse giudicare il Rinascimento soltanto dagli umanisti ritrovatori di codici che lo iniziarono, ovvero dai petrarchisti e dal ciceronianismo? Certo anche questi fatti non possono essere dimenticati nel gran quadro di quell'età, ma il Rinascimento si giudica dal Boccaccio e dall'Ariosto, da Raffaello e dal Bramante e da Michelangelo, dal Bruno e dal Campanella.
Ebbene, oggi siamo ancora a questo: che si può udir discorrere di romanticismo in poesia e in arte, dimenticando tranquillamente il romanticismo filosofico, almeno da Schiller a Schelling, e giungere quindi a conclusioni di questo genere: che cioè il romanticismo sia una sorta di degenerazione del sentimento poetico, e magari, della tecnica artistica, per cui, in luogo di guardare sinceramente e naturalmente la realtà del mondo, si cerchi di rappresentarla artificiosamente sfornata, ora sfumando i contorni in una nebbia sibillina, ora calcando le immagini con colori impressionanti e paurosi, preferendo spesso le scene più orrende e perdendosi altre volte con la fantasia nei vapori musicali di una sentimentalità malata e inconsistente.
Creato così un concetto morboso del romanticismo, lo si contrappone al concetto sano del classico, tutto luce, misura, armonia, finitezza.
Ed è a un simile raffronto che si deve la conclusione accattata e ripetuta da molti, che, in fondo, un romanticismo italiano non esiste, nel senso che i nostri scrittori più grandi restarono soltanto italiani e ben poco riecheggiarono del grande moto europeo; e il Manzoni, che fu il capo del nostro romanticismo, riuscì nelle sue opere uno dei più misurati e classici poeti della nostra letteratura...

Chi neghi o attenui l'importanza delle correnti romantiche in Italia, non solo dovrà chiudere ostinatamente gli occhi al significato ideale, che nel presente lavoro si è cercato di determinare, delle opere dei nostri grandi poeti del secolo XIX, bensì dovrà dimenticare che il pensiero italiano in questo secolo, pur tra apparenti e reali reazioni e contrasti che confermano la verità della conclusione sintetica, è sostanzialmente dominato dal movimento idealistico, dal Rosmini e il Gioberti al De Sanctis e fino allo stesso Croce, che, a parte ogni altra considerazione che riguardi il complesso e le singole manifestazioni della sua imponente attività nel campo della filosofia, della storia, della critica letteraria, maturò la sua teoria dell'arte, fondamentale nel suo sistema, nella più intima esperienza della estetica romantica.
Quando si tengano presenti del romanticismo le espressioni d'arte malate e squilibrate che presso di noi culminano nel byronismo, bisogna considerare che, come non è lecito confondere in una stessa condanna il petrarchismo e il Petrarca, bisognerà subito avvertire la potenza espressiva di molte pagine del Byron e ricordarsi che, se il Goethe, come in Italia il Foscolo e il Leopardi, combatté il romanticismo in quanto moto passionale, stato d'animo in convulsione, ansioso di esprimersi prima d'aver raggiunto il suo equilibrio interiore, è anche incontestabile che, ad es., il Werther, di cui è figlio legittimo l'Ortis foscoliano, e il Faust senza il romanticismo non s'intendono...

Il Manzoni doveva pur avere qualche ragione nel sentirsi e dichiararsi romantico e combattere i classicisti (e anche questo è un fatto e non si può ignorarlo) e infine non dobbiamo dimenticare che, come ognun sa, romanticismo anche presso di noi fu sinonimo di rivoluzione, e la libertà nell'arte, proclamata dalla lettera di Grisostomo, s'identificò presto cori quella politica e sociale.
E non bisogna confondere col precedente il problema della originalità di ciascuno scrittore...
Così è doveroso riconoscere che i nostri grandi scrittori di poesia del secolo XIX ebbero ciascuno un originalissimo atteggiamento, indimenticabilmente raffigurato, pur movendosi nello stesso campo ideale del romanticismo europeo.
Il resto, e cioè una pretesa forma classica della quale ho ricordato quale concetto il buon senso insegna si debba avere (né si può distinguere meno che superficialmente un classicismo dinamico e operante, vivo insomma, dal romanticismo, distinzione che in pratica, come per Goethe, ci porterebbe a considerare in uno stesso volto la chioma romantica e il naso greco !), o, peggio, una forma romantico-italiana in relazione con altre simili ricette composite straniere, sono utili modi di dire, non concetti su cui ci si possa fondare troppo, senza implicitamente superarli in un significato più vasto...

La verità è che nuove tendenze spirituali chiedevano nuovi mondi fantastici, e a tali tendenze ubbidivano i primi romantici in Germania, anche se inconsci che la questione di un'arte nazionale fosse solo apparente o superficiale. Il problema estetico, che è l'anima del pensiero romantico, diviene problema di tutto lo spirito: motivo fondamentale attorno a cui si adegua, in sempre più vasta armonia, tutta la realtà.
Si tratta d'una nuova religione dello spirito, che monta come una sinfonia beethoveniana sino al meraviglioso di Shelling dal quale si svolgerà più tardi l'idealismo assoluto di Hegel.
Appunto l'ansia religiosa è forse il sentimento più largamente caratteristico di tutta l'arte romantica, compresi i neoclassici, di cui s'è parlato, e giungendo fino al Nietzsche. Onde si spiega benissimo il ritorno alla tradizione religiosa cristiana, biblica e medievale, e l'atteggiamento proprio della maggior parte dei romantici, che ha del fantasioso e del sognante. S'intende che, a parte il carattere più o meno passionale e accendibile, o contemplativo e mistico, o calmo ed equilibrato di ciascuno scrittore, c'è poi sempre la differenza tra il grande poeta e il piccolo poeta: tra quello che parla soltanto quando l'estro detta dentro, e quello che, in buona o in mala fede, a scopo cioè di ottenere effettacci, si afferra allo stile in voga, e magari lo esagera.
Ripeto: una questione di forma appare ingenua e fallace. Classicismo e romanticismo non erano, se mai, due astratte e metafisiche forme in contrasto, ma simboleggiavano la lotta tra tradizione e spirito moderno.
Con Alessandro Manzoni, in Italia, la coscienza di questa lotta e della necessità del distacco (coscienza che al Foscolo mancò) è piena e completa.
Il problema della mitologia, assai più importante di quanto non si creda, che diviene quasi un fatto comico agitato dal Monti, sorge semplice, lucido, naturale nella mente del Manzoni, che quel mondo mitologico ha superato davvero spiritualmente e non a parole.
Egli sentiva, chiamandosi romantico, e prendendo una ferma posizione di lotta, che, così facendo, ubbidiva a una profonda esigenza interiore: non a quella di imitare il cosiddetto stile romantico, ma a quella di esprimere il nuovo mondo ideale che gli riempiva l'animo.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis