LO STILNOVO E IL TRECENTO

  • LO STILNOVO E LA PRIMA POESIA ITALIANA
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    Autore: Lorenzo de' Medici Tratto da: Opere

     
         

    Fu l'uso della rima, secondo che in una latina epistola scrive il Petrarca, anche appresso gli antichi romani assai celebrato : il quale, per molto tempo intermesso, cominciò poi nella Sicilia non molti secoli avanti a rifiorire, e, quindi per la Francia sparto, finalmente in Italia, quasi in un suo ostello, è pervenuto.
    Il primo adunque, che dei nostri a ritrarre la vaga immagine del novello stile pose la mano, fu l'aretino Guittone, ed in medesima età il famoso bolognese Guido Guinizelli, l'uno e l'altro di filosofia ornatissimi, gravi e sentenziosi; ma quel primo alquanto ruvido e severo, né d'alcuno lume d'eloquenzia acceso; l'altro tanto di lui più lucido, più suave e più ornato, che non dubita il nostro onorato Dante, padre appellarlo suo é degli altri suoi

     

    miglior, che mai
    rime d'amore usar dolci e leggiadre.


    Costui certamente fu il primo, da cui la bella forma del nostro idioma fu dolcemente colorita, quale appena da quel rozzo aretino era stata adombrata. Riluce dietro a costoro il delicato Guido Cavalcanti fiorentino, sottilissimo dialettico e filosofo del suo secolo prestantissimo. Costui per certo, come del corpo fu bello e leggiadro, come di sangue gentilissimo, così ne' suoi scritti non so che più che gli altri bello, gentile e peregrino rassembra, e nelle invenzioni acutissimo, magnifico, ammirabile, gravissimo nelle sentenzie, copioso e rilevato nell'ordine, composto, saggio e avveduto, le quali tutte sue beate virtù d'un vago, dolce e peregrino stile, come di preziosa veste, sono adorne. Il quale, se in più spazioso campo si fusse esercitato, averebbe senza dubbio i primi onori occupati; ma sopra tutte l'altre sue opere è mirabilissima una canzona, nella quale sottilmente questo grazioso poeta d'amore ogni qualità, virtù e accidente descrisse, onde nella sua età di tanto pregio fu giudicata, che da tre suoi contemporanei, prestantissimi filosofi, tra li quali era il romano Egidio, fu dottissimamente commentata. Né si deve il lucchese Bonagiunta e il nostro da Lentino con silenzio trapassare : l'uno e l'altro grave e sentenzioso, ma in modo di ogni fiore di leggiadria spogliati, che contenti doverebbono stare se fra questa bella masnada di si onorevoli uomini li riceviamo. E costoro e Piero delle Vigne nella età di Guittone furono celebrati, il quale ancora esso, non santa gravità e dottrina, alcune, avvenga che piccole, opere compose...
    Assai bene alla sua nominanza risponde Cino da Pistoia, tutto delicato e veramente amoroso, il quale primo, al mio parere, cominciò l'antico rozzore in tutto a schifare, dal quale né il divino Dante, per altro mirabilissimo, s'é potuto da ogni parte schermire. Segue costoro di poi più lunga gregge di novelli scrittori, i quali tutti di lungo intervallo si sono da quella bella coppia allontanati.
     

     
         
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    Letteratura italiana 2002 - Luigi De Bellis