Come poeta e uomo di
cultura, Guido si innesta nella tradizione vivissima di studi che c'era a
Bologna, città allora di architetti, di alluminatori, di giuristi e
glossatori, e dettatori. Basta ricordare i nomi di Franco Bolognese, e di
Taddeo e di Qstiense, illustri giuristi e medici; e poi c'erano stati gli
architetti che costruirono (sul finire del z zoo) le torri degli Asinelli
e dei Garisendi. Altri valenti maestri di filosofia vi richiamavano
numerosa scolaresca, se Pier della Vigna, nella lettera con la quale
inviava le opere di Aristotile in omaggio alle varie università, chiamava
quei maestri di Bologna « i più illustri maestri di filosofia ». Dettatori
celebri poi a Bologna furono Boncompagno di Firenze e Guido Faba.
Guido avrebbe avuto dunque le prime suggestioni a poetare dalle tradizioni
di gusto della sua stessa città, dove la poesia provenzale e
provenzaleggiante non era ignota. Le sue più antiche rime difatti
riecheggiano i soliti luoghi comuni della poesia trobadorica : la donna è
ricca « di tutta piacenza », e « di pregio valente », e trova invece «
orgoglianza e disdegno »; l'innamorato soffre e mostra « in parire Che sia
gioia il tormento Contra sua opinione ». Pure, se non ci lasciamo
ingannare da quei motivi un po' triti, troviamo già qualche novità di
immagini : per esempio nella canzone Donna, l'amor mi sforza, il poeta
ricorre al paragone della cave, per poter dare un'idea del suo stato di
amante turbato dalla
tempesta della passione
Nave, ch'esce di porto - Con vento dolce e piano,
Fra mar giunge in altura; - Po' vèn lo tempo torto,
Tempesta e grande affano - Li adduce la ventura:
Allor si sforza molto - Como possa scampare
Che non perisca in mare: - Così l'amor m'ha colto,
E di bon loco tolto - emesso al tempestare. |
Quando diciamo novità di immagini, intendiamo parlare della novità che c'è
nella sua sintassi poetica, perché del resto l'immagine della nave è
anch'essa tradizionale, frequentissima nei provenzali e nei siciliani.
Quello che d'originale c'è nel Guinizelli è la distinzione dell'immagine
tramandata dalla tradizione, col contrapposto fra la tempesta e il sereno
all'inizio del viaggio.
C'è nettezza di contorno in tutta la similitudine, e nei versi che seguono
lo scrittore esprime più direttamente la propria tempesta, e riesce a dare
la suggestione della sua stanchezza dolente d'innamorato.
Vi sono altre similitudini nella stessa canzone: ho sentito dire -
aggiunge il poeta - che per incontro di venti, nasce per l'aria un fuoco,
il quale, se non si estingue nel discendere in luoghi nebbiosi, abbrucia
sul momento ciò che si trovi davanti:
Così le nostre voglie - A contraro s'accoglie,
Unde mi nasce un foto - Lo qual s'estingue un poco
In lagrime di doglie. |
Per quanto si rimanga nell'ambito del gusto della poesia trobadorica, per
le similitudini e le varie acutezze, pure è degna di rilievo la puntualità
scientifica con cui Guido vuole esprimere l'alleggerimento di pena di
amore attraverso le lacrime e i sospiri. Questa attitudine scientifica
nella precisione dei riscontri e nelle spiegazioni esatte, più che nelle
espressioni vagamente poetiche, è una delle sue caratteristiche
fondamentali, e le vedremo ritornare nella più celebre delle sue canzoni,
Al cor gentil ripara sempre Amore.
Tale attitudine scientifica può sforzare il poeta verso l'ingegnosità, ma
può fare anche sprizzare, dalla fredda selce della scienza, qualche
immagine energica e nuova. - Io mi son messo proprio a dipingere l'aria -
conclude il poeta - me misero, che le fui dato in balia; l'amore m'ha
ridotto a tal punto che io sono il più infelice di tutti. Signor mio Gesù
Cristo sono io dunque nato unicamente per stare innamorato? Ma poiché
Madonna se n'è accorta, è meglio che io muoia in tale condizione, così
essa ne avrà forse quadre rimorso. -
A proposito di tale attitudine logica e scientifica di Guido, va ricordata
anche l'altra canzone, In quanto la natura, dove il poeta si propone una
questione filosofica vera e propria. Egli si domanda: poiché la natura e
il fino insegnamento procedono dall'infinita sapienza, io mi domando se
non erra colui che dice che tutto viene da natura, poiché « nessuna
scienza - Senza ammaestratura - Non saglie in grande altura - Per proprio
sentimento ». Bisogna congiungere insieme la scienza, la cultura, la
disciplina e la naturale disposizione dell'ingegno, ché l'ingegno e la
cultura e il nutrimento della scienza sono una sola cosa. E qui con
immagine felice, aggiunge che di questa unità tra ingegno e cultura noi
possiamo trarre esempio dall'albero, al quale si attribuisce più di una
denominazione, rami e tronco, e foglie; ma esso non cessa per questo di
essere una cosa sola.
Non si potrebbe negare adunque che questo atteggiamento raziocinante di
Guido ci richiami alla scolastica allora trionfante; naturalmente noi
neghiamo il travaso materiale della dottrina dei libri di Tommaso di
Aquino e dei tomisti nei libri dei poeti, ma dobbiamo riconoscere che quel
filosofare tomistico è pur venuto creando un gusto nuovo delle distinzioni
analitiche e ha temprato nelle menti le attitudini speculative. Del resto
oltre che Tommaso d'Aquino c'è anche Bonaventura da Bagnorea, e
perduravano le correnti raziocinanti dell'averroismo. Ma qui sta il pregio
del Guinizelli; egli passa fra le varie filosofie del tempo e di nessuna
di esse s'impregna, come il sale che filtra nell'acqua senza dividerla e
senza tramutarla in sale.
La poesia che deve aver fatto impressione ai contemporanei, è la canzone
Al cor gentil ripara sempre amore, se a quella si richiama l'Alighieri, e
se a quella è probabile che si riferisca lo stesso Bonagiunta. Con essa in
ogni modo si fa iniziare lo stilnovo, che poi diventa il dolce stile. È
una canzone che ha una tesi da dimostrare: la legittimità e onestà
dell'amore. In essa è innegabile l'influenza della filosofia tomistica non
come contenuto ideologico ma come forma mentis, come attitudine
raziocinante; quando Guido aveva trenta o trentacinque anni, Tommaso d'Aquino
era a Bologna, e tra il 1265 e il 1269 pubblicava il suo capolavoro
filosofico. Come i cieli sono retti da intelligenze celesti, che
riflettono nei pianeti il lume e il velie di Dio, così al movimento
dell'animo dell'uomo presidia
un'Intelligenza, che è ministra e via a Dio : questa Intelligenza é la
Donna. E tentativo di giustificare l'amore con ragioni morali e religiose
non è nuovo, ma è nuovissima in Guido la maniera con cui egli innesta il
problema nel sistema generale della filosofia. I tentativi degli altri
poeti erano tentativi immaginosi e metaforici, ma non avevano il rigore
speculativo che ora appare necessario. Questo eguagliare la donna alle
intelligenze che muovono il cielo e le altre stelle è la novità per dir
così tomisticheggiante del nuovo poeta. I poeti provenzali, anche della
più tarda scuola, erano rimasti al di qua delle basi filosofiche
escogitate da Guido: Guglielmo Montanhagol aveva detto: a Amore non è
peccato, anzi è virtú, che rende buoni i malvagi e migliori i buoni, e
insegna a far sempre il bene: e d'amore nasce castità, poiché chi mette in
lui i suoi pensieri non può cedere all'impero del male ». Allo stesso
Montanhagol la donna non pareva cosa terrena. Un altro poeta avvertiva
nella donna il respiro dello Spirito Santo; un terzo vedeva gli angeli
accoglierla con gioia e canti; un altro ancora pensava che senza di lei il
paradiso non sarebbe stato perfetta bellezza.
Un'eco di queste giustificazioni immaginose noi la troviamo anche nei
guittoniani : quando il severo e arcigno maestro di Arezzo, in occasione
della sua conversione religiosa sbandì l'amore come peccato, uno scolaro,
Chiaro Davanzati, si provò a reagire alle tendenze troppo severe del
maestro. Egli si appellava perfino al Nuovo Testamento per confermare
l'origine divina dell'Amore: « A le vere Scritture omo dee ricorrere per
avere le diffinite sentenze e le cose »; e secondo la Scrittura, « verace
amore é Deo ».
E poi in un'altra canzone, sempre appellandosi ai testi sacri, dice:
Dice lo Vangelisto - che Dio fue primamente,
ch'ello criò quanto sie - con gran disidero dell'amore.
Dunque l'Amore è Cristo - e da Lui è vegnante,
da che l'Amor non lie - a Lui dato per altro Criatore. |
Amore è dunque Dio, e viene da Dio, mala giustificazione di Chiaro
Davanzati resta assai generica, e in ogni modo egli si appella
scolasticamente ai testi sacri, ma senza che pensi di elaborarli e
svilupparli. Guido, cresciuto nell'atmosfera filosofica di Bologna, porta
il problema su un altro piano, mette d'accordo il problema dell'amore col
sistema generale dei vari problemi ordinati dalla scolastica. Tommaso d'Aquino
scriveva il re dei cieli e Signore questa legge ab aeterno istituì, che i
doni della sua provvidenza pervenissero alle creature inferiori, sino alle
infime per quelle di mezzo. La quale legge si trova, non solo nelle cose
spirituali, ma anche nelle corporee, onde osserva Agostino come i corpi
piú grossi e meno potenti sono secondo un certo ordine retti dai più
sottili, agili e potenti, così tutti i corpi sono retti dallo spirito di
vita razionale ».
Per Guido la donna è una di queste creature di mezzo, che diffondono i
doni della provvidenza nell'uomo, creatura inferiore: così prospettata, il
simbolo della donna angelicata è un'assoluta novità, ché la donna si
colloca fra le Intelligenze che fanno da intermediarie fra Dio e il
creato.
Motivo comune anche a Dante, specie nel Paradiso, dove parla delle varie
Intelligenze che presiedono ai singoli cieli. Noi possiamo trovare qualche
immagine che ci richiama alla donna angelicata, e nei poemi provenzali, e
nei provenzaleggianti d'Italia; ma si tratta d'immagini vaganti e fugaci.
Per Guinizelli c'è un punto fermo che é ormai strettamente scientifico. E
possiamo aggiungere che l'equazione Donna-Intelligenza angelica è per
Guinizelli una verità, se così si può dire, soltanto ottativa : « così dar
dovria al vero », e diviene verità ontologica solo in Dante.
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