CRITICA: SCAPIGLIATURA E VERISMO

 L'ORIGINALITA' DELLA NARRAZIONE NEI MALAVOGLIA

 AUTORE: Leo Spitzer         TRATTO DA: L'originalità della narrazione nei Malavoglia

 

L'originalità della tecnica del Verga dei Malavoglia consiste non nell'uso dell'erlebte Rede coltivato dai romanzieri classici italiani come da tutti i grandi romanzieri francesi dell'Ottocento, ma nella filtrazione sistematica della sua narrazione di un romanzo intero, dal primo fino all'ultimo capitolo, attraverso un coro di parlanti popolari semi-reale (in cui il parlato potrebbe essere realtà oggettiva ma non si sa davvero se lo è), che si aggiunge alla narrazione a mezzo di discorsi e gesti (ciò che il Russo chiamava racconto dialogato): Verga non descrive per es. la morte di Bastianazzo sulla barca Provvidenza, ma (nel capitolo terzo) il processo per cui questa morte diventa realtà per il villaggio e per sua moglie, attraverso i discorsi, i gesti e in generale le attitudini di tutti i membri di quella comunità: alla fine del capitolo la Longa, che qualche riga prima era ancora «la poveretta che non sapeva di esser vedova», vedendo le attitudini solenni di comare Piedipapera e di cugina Anna («le vennero incontro, con le mani sul ventre, senza dir nulla») comprende la realtà della sua vedovanza. Il narratore, che per questo non cessa di essere un narratore autentico ha scelto di raccontare gli avvenimenti come si riflettono nei cervelli e nei cuori dei suoi personaggi: è il narratore autentico che ci riporta alla fine del capitolo secondo una breve osservazione che fa Bastianazzo nel momento della partenza della Provvidenza per prepararsi alla sua morte e aggiunge: «E questa fu l'ultima sua parola che si udì» ma è caratteristico che accentui l'ultima parola di Bastianazzo che si udì, perché è proprio «quello che si ode» che forma la trama del romanzo.
E «quello che si ode» è proprio il terreno dell'erlebte Rede: il Lork ha dimostrato a mezzo di passi dai Buddenbrooks di Thomas Mann quanto è adattata al rendimento di brani di conversazione disordinata, frammentaria, in cui l'individuo parlante non può e non deve esser distinto . . .
Se tutte queste manifestazioni diverse fossero state rese nel discorso diretto, si penserebbe a un rendimento completo e testuale di quello che si era detto, mentre che l'erlebte Rede rende «impressionisticamente» (il Lork usa già il termine del Devoto) quello che poteva udire il narratore.

La Sicilia di Verga può produrre chiaccherate più pittoresche della Lubeck di Mann, e anche articolate più artisticamente secondo un ritmo in cui la progressione del pensiero a mezzo di associazioni correnti diventa drammatica. In un passo di una pagina e mezzo di erlebte Rede che è caratterizzata come «chiaccherio» troviamo le battute seguenti, indicate dalla punteggiatura

1) Comare Piedipapera «sentendo che nella strada c'era conversazione raggiunge il gruppo e se la piglia coi topi che le avevano bucherellato un sacco, e (prima apparizione dell'erlebte Rede!) pareva che l'avessero fatto apposta... così il discorso si fece generale, perché alla Maruzza gliene avevano fatto tanto del danno, quelle bestie scomunicate! La cugina Anna ne aveva la casa piena...».
Colle parole «perché alla Maruzza...» siamo nel mezzo del chiaccherio, come indica anche l'irrazionale perché, che non si può giustificare a meno di interpretare così il discorso si fece generale (= diventò chiaccherata) come la trasposizione, dovuta al narratore, di un discorso dei membri del crocchio come per es. «noi tutti generalmente possiamo lagnarci dei topi, perché alla Maruzza... alla cugina Anna... hanno fatto tanto danno» .

2) Dai topi la conversazione si volta ai gatti: «I gatti grigi sono i migliori per acchiappare i topi...». Discorso apparentemente diretto, ma che può anche essere concepito come erlebte Rede, come vedremo più tardi.

3) Un'altra interlocutrice anonima suggerisce che i gatti possono recare pericoli non previsti: «Ai gatti non conveniva aprir l'uscio perché una vecchia di Aci Sant'Antonio l'avevano ammazzata così...» (il perché irrazionale o floscio si riferisce a un'idea più generale non espressa «perché può darsi che aprir l'uscio di notte riesca pericoloso»). Dalla storia della «vecchia» si ricava l'esperienza generale: «Al giorno d'oggi i mariuoli ne inventano d'ogni specie per fare i loro tiri» (erlebte Rede come la frase citata sotto 2), che forma il ponte a una storia di Nunziata a cui fu rubato un lenzuolo. Siamo già remoti dal soggetto di conversazione iniziale e affrontiamo adesso il destino di quella povera ragazza che a stento guadagnava la vita per tutti i suoi fratelli abbandonati dal loro padre.

4) Con «Nunziata era come la cugina Anna» viene fatta la transizione a un altro destino di una donna sola (questa volta dopo morto il marito) e che deve tirar su «una nidiata di figliuoli» , tra cui il fannullone Rocco di cui già sapevamo, per un dialogo tra Maruzza e la cugina Anna che precede la nostra scena, che è stato irretito dalla Mangiacarrubbe.

Così la chiaccherata delle donnette è scivolata circolarmente da Rocco ai topi, ai gatti, ai pericoli che si corre aprendo loro l'uscio di notte, ai brutti tiri di mariuoli di cui le donne possono diventare vittime (se sole), al destino di donne sole che devono tirar su i figli e ad un esempio di questi figli cattivi, cioè Rocco. Certamente dobbiamo al narratore la struttura circolare della chiaccherata e anche l'umorismo inerente alle associazioni imprevedibili delle donne, ma d'altra parte le transizioni, o salti, da un soggetto a un altro sono di quelle connaturali alla mente popolare, così che siamo davvero davanti a un pezzo di prosa romanzesca in cui, secondo il precetto flaubertiano, l'autore rimane come un dio invisibile, malo si sente presente in ogni parola.
Abbiamo incontrato in questo pezzo di erlebte Rede due volte sentenze non trasposte quanto al tempo: «i gatti grigi sono i migliori per acchiappare i topi» (al contrario della forma trasposta: «Ai gatti non conveniva aprire...»), e «Al giorno d'oggi i mariuoli ne inventano di ogni specie per fare i loro tiri» (al contrario della frase: «e a Trezza si vedevano delle facce che non si erano mai viste»). Questi presenti si trovano anche in altri passi: «Padron 'Ntoni allora era corso dai pezzi grossi del paese (per liberare suo figlio dalla leva) che sono quelli che possono aiutarci»; «Allorché la Longa seppe del negozio dei lupini... rimase a bocca aperta; come se quella grossa somma di quarant'onze se la sentisse sullo stomaco. Ma le donne hanno il cuore piccino, e padron 'Ntoni dovette spiegarle che...» ; «La Longa... cambiò discorso, perché le orecchie ci sentono anche al buio, e lo zio Crocifisso si udiva discorrere...»; «Don Giammaria... salutò anche Piedipapera, perché ai tempi che corrono bisogna tenerci amici quelle buone lane». In tutti questi casi si tratta di massime generali, non cristallizzate nella loro forma come i proverbi, perché più soggettive, ma simili a questi nella loro supposta validità generale (supposta dall'individuo parlante). Il fatto che non sia trasposto il tempo dà a queste sentenze una validità forse anche eccessiva, come se l'autore avesse la stessa opinione che il personaggio che formula così la sua esperienza personale: c'è altra volta un certo umorismo in queste sentenze «pseudo-obbiettive» che accettiamo soltanto con certi dubbi come opinioni al livello dell'autore; spostate dal loro ambiente naturale, ci fanno sorridere, queste verità di Mr. De La Palisse espresse da personaggi semplici sul serio: «i pezzi grossi del paese sono quelli che possono aiutarci»; «le donne hanno il cuore piccino»; ecc.! D'altra parte l'umore non esclude la simpatia, e con la motivazione pseudo-obiettiva (si notino i perché introduttori) l'autore dà ad intendere quanto gli pare naturale che i suoi personaggi primitivi fatalmente ragionino così. Ho citato (Linguistica e storia letteraria, p. 122), dal romanziere francese Charles Louis Philippe esempi di una simile «motivazione pseudo-obiettiva»: «Elle l'embrassa à pleine bouche. C'est un chose hygiénique et bonne entre un homme et sa femme, qui nous amuse un petit quart d'heure avant de nous endormir», commentando: «Philippe, nel presentare i suoi personaggi come necessariamente legati alla causalità, sembra riconoscere una certa forza d'argomentazione obbiettiva ai loro ragionamenti talvolta goffi, talvolta semipoetici: la sua posizione denota una simpatia fatalistica piena di umore, mezzo critica, mezzo comprensiva, verso gli errori necessari e gli sforzi obliqui di questi esseri». Naturalmente il Verga, che vede valori morali alti personificati da certe figure del suo romanzo, non sente ancora il pessimismo del contemplatore dei bassi fondi della società cittadina, Philippe e, per conseguenza, l'umore fatalistico delle sentenze pseudo-obbiettive è con lui meno soffuso di tristezza.
Il discorso indiretto «libero» o «corale» dei Malavoglia, bisogna notarlo, è anche diverso da quello di Zola, che pure era il maestro ineguagliato della descrizione di collettività (che diventano con lui mitologemi les grandes bétes, come diceva il Lemaitre) ; lo scrittore si permette di «vivere» (erleben) i sentimenti di questi gruppi, di lasciare il lettore in sospeso in quanto alla realtà di quello che dicono i suoi «cori», ma l'erlebte Rede corale di Zola è riservato per certi momenti di effusione frenetica o isterica del popolo, in cui i limiti fra racconto oggettivo e parlato soggettivo vengono distrutti, non penetrano tutta la narrazione dell'autore...

Il parlare corale di Verga mostra meno l'affascinamento personale dell'autore, è più costante e più pacato nell'evocazione di un pensiero popolare permanente, che pervade tutto il romanzo. D'altra parte, Verga, come Zola a Lourdes, non si presenta come uno del gruppo dei contadini di Aci Trezza, evita un noi che lo includerebbe (contrario dunque alla pratica del romanzo di oggi, per esempio in La grande peur de la montagne di Ramuz o Un de Baumugnes di Giono) : la sospensione del lettore confrontata con quella «pseudo-oggettività» rimane attraverso tutto il romanzo, forse perché il credo del verista del tempo e dello stampo di Verga non permette all'autore di prendere partito apertamente (prende partito soltanto velatamente con la scelta dell'azione).

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis