LETTERATURA ITALIANA: DANTE ALIGHIERI

 

Luigi De Bellis

 


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Dante: sintesi e critica dei canti della "Divina Commedia"


Purgatorio: canto X

Dopo che fummo oltre il limitare della porta, che l'amore degli uomini indirizzato male (malo amor: usato per il male dei prossimo o per i falsi beni) fa aprire raramente, perché (tale amore) fa apparire come buona una via sbagliata,

mi accorsi dal suono che essa si richiudeva; e se io mi fossi voltato verso di lei, quale scusa sarebbe stata sufficiente per giustificare tale mio errore?

L'angelo infatti (canto IX, versi 131-132) aveva invitato perentoriamente Dante a non volgersi indietro.

Noi salivamo attraverso la roccia tagliata da un sentiero, che si protendeva ora a destra ora a sinistra, così come fa l'onda che ora fugge ed ora si avvicina alla riva.

Il mio accompagnatore cominciò a dire: «Qui è necessario usare un po' di accortezza, accostandoci ora da una parte, ora dall'altra alle rientranze del sentiero (al lato che si parte: per evitare le sporgenze)».

Questo procedere rese corti i nostri passi, tanto che il disco diminuito (scemo: perché sono già passati quattro giorni dal plenilunio) della luna era giunto nuovamente all'orizzonte per tramontare,

Secondo i calcoli astronomici la luna, che è ora prossima all'ultimo quarto, tramonta in purgatorio dopo più di quattro ore rispetto al sorgere del sole: sono perciò passate le dieci del mattino.
E' questa "un'altra solinga apertura di paesaggio: quello spicchio di luna che tramonta fra le strette pareti della roccia, quella visione tanto più ariosa del monte che - al di là della cruna - si raccoglie e si slancia verso il cielo, quel ripiano deserto su cui restano i due pellegrini. Il paesaggio s'intona tutto sulla nota iniziale della luna che tramonta; e questa getta su tutto il quadro un senso mattinale di freddo, di raccoglimento e di silenzio. Sulle tracce di questa nota ritorna quel senso di lontananza dalla terra che è uno dei temi più insistenti e più reconditi del Purgatorio... l'azione, Dante, i personaggi, il paesaggio, tutto parla, esplicitamente o implicitamente, di questa infinita distanza; e forse l'infinito che insiste in tutto il Purgatorio, senza l'appoggio di immagini o di misure, è sentimentalmente e poeticamente più forte che quello così spesso raffigurato o misurato nel Paradiso. Il Purgatorio è tutto immerso in un'aria di lontananza" (Momigliano).


prima che noi uscissimo fuori di quel sentiero (cruna: stretto come una cruna d'ago): ma quando ci fummo liberati di quelle difficoltà e ci trovammo in luogo aperto, in alto, dove il monte si restringe in dentro formando un ripiano,

essendo io stanco ed ambedue incerti sulla direzione da prendere, sostammo in un luogo piano privo di gente più che non sia una strada tracciata attraverso un deserto.

(Questo ripiano) dalla sponda esterna confinante con il vuoto, fino all'inizio dell'alta montagna che continua a salire, misurerebbe tre volte il corpo umano (cioè da cinque a sei metri);

e per quanto la mia vista poteva spaziare, sia a destra che a sinistra, la cornice mi sembrava sempre della stessa larghezza.

I nostri piedi ancora non si erano mossi lassù, quando io mi accorsi che quella fascia inferiore della parete che era meno ripida (dritto di salita aveva manco: affinché potesse essere vista anche dai superbi che camminano curvi),

era di marmo candido ed ornato di sculture così perfette, che non solo Policleto, ma anche la natura lì si vedrebbe superata.

Policleto, famoso scultore greco del V secolo a.C., fu conosciuto nel Medioevo attraverso le lodi che di lui fecero gli scrittori latini (Cicerone, Plinio, Quintiliano) e venne esaltato come l'artista che nel suo campo seppe realizzare l'ideale supremo di perfezione. In ogni girone del purgatorio le anime, oltre a sopportare una pena particolare dovuta al contrappasso, devono meditare intorno ad esempi che sono stati divisi da Dante in due gruppi. Quelli della virtù contraria al vizio di cui si sconta la pena in quel particolare girone, stanno all'inizio dell'episodio a dominare artisticamente, a fissare il tono poetico di quel canto e di quell'episodio, e quelli del vizio che, stando a chiusura, quasi sempre, dell'episodio, sono solitamente più fuggevoli man mano che si sale, e come sopraffatti dagli esempi delle virtù immediatamente seguenti. Tuttavia in questa prima occasione gli esempi della superbia sono tredici, quasi ad indicare quanto ancora gravi su Dante il peso del peccato del quale egli si dichiara particolarmente colpevole.
A Ioro volta ciascun gruppo di esempi si distribuisce con identica scelta, cioè viene indicato un personaggio della Bibbia, uno della classicità, uno dei tempi moderni, poiché Dante intende ricapitolare tutta quanta la storia dell'umanità, di quella che ha atteso il Cristo e di quella che si è attuata dopo la sua venuta, perché "ugualmente sacro è il valore delle due civiltà", in quanto "in Roma e nella civiltà pagana ordinata dalla Provvidenza a preparare il ritorno della giustizia e della pace, si adombra il travaglio della umanità che lungo il corso dei secoli muove alla riconquista della pienezza delle virtù morali" (Sacchetto).


L'arcangelo Gabriele che scese sulla terra per annunciare la decisione divina della pace da molti anni chiesta dagli uomini con infinite lagrime, decisione che aperse il cielo (all'umanità) dopo un così lungo divieto (da quando Adamo ed Eva erano stati cacciati dal paradiso terrestre),

Ma si sarebbe giurato che egli dicesse: « Ave! », perché lì era pure rappresentata Maria che aperse agli uomini l'amore divino;

Nel primo esempio di umiltà Dante presenta l'annunciazione alla Vergine (Luca I, 26-38), e di argomento mariano saranno sempre i primi esempi di virtù nei singoli gironi del purgatorio: "la Vergine si trova al vertice della scala: prima dopo Dio, più in alto di tutti gli uomini; ed è naturale e ragionevole che, nell'esemplificare, si segua l'ordine gerarchico: dall'alto al basso" (Mattalia).
"La figurazione plastica esprime con tanta intensità il sentimento, da suggerire anche le parole in cui questo si traduce. Il fenomeno, che Dante sottolinea fin d'ora servendosi di quelle formule di cui anche altrove si giova per attestare cose a prima vista incredibili, cresce da un esempio all'altro, fino al visibile parlare del terzo, dove addirittura è resa una successione di sentimenti e di corrispondenti parole, e cioè tutto lo svolgersi di un dialogo. Si passa così a poco a poco da un'asserzione metaforica, e come tale verisimile, ad un fatto propriamente e dichiaratamente miracoloso!” (Sapegno)


e c'erano realmente impresse (o perché veramente scritte, o perché sembrava, dal movimento delle labbra, che le stesse pronunciando) queste parole: «Ecco l'ancella del Signore », proprio come la figura del suggello si imprime nella cera.

"Il verso come figura in cera si suggella condensa tutta una serie di usanze artistiche e idee anagogiche del Medioevo, che sfuggono al lettore moderno. Nel Medioevo la parola figura, significa anche «detto», «parola», «frase»; si usava scrivere le lettere della cartella a destra in senso inverso, da leggere da destra a sinistra, cioè quasi sigillate in cera o viste in uno specchio, mentre la cartella di sinistra era normale. Ma se il contemplante leggeva tutte due le cartelle da destra a sinistra, veniva a leggere Eva invece di Ave; e questo significava... che il peccato di Eva era abolito per mezzo dell'Ave Maria, cioè dalla nascita del Redentore, idea che dirige la meditazione dell'umiltà verso la grande idea centrale dei Cristianesimo. (Gmelin)

« Non guardare e meditare solo una rappresentazione » disse il dolce maestro, che mi teneva dalla parte del cuore (cioè alla sinistra).

Perciò io mossi gli occhi, e dietro a Maria vidi, dalla parte in cui si trovava Virgilio, colui che mi guidava,

un'altra storia intagliata nella roccia; per cui io passai oltre Virgilio, e mi avvicinai, affinché quella raffigurazione fosse tutta spiegata davanti ai miei occhi.

Lì, sempre nel marmo, era intagliato il carro con i buoi, che tiravano l'arca santa, quell'arca per cui si teme di fare qualcosa che non ci sia stata ordinata.

Durante il trasporto dell'arca, ordinato da Davide, da Baala a Get, avvenne che Oza, uno dei conducenti, vedendo l'arca sul punto di cadere, stese la mano per sorreggerla, e fu fulminato per avere compiuto un gesto permesso solo ai sacerdoti (11 Samuele VI, 1-7).

Davanti all'arca appariva della gente; e tutta quanta, divisa in sette schiere, (cantando) faceva dire ai miei due sensi (udito e vista), all'uno « No » (se si affidava al senso dell'udito), all'altro « Si, canta » (se si affidava a quello della vista).

Allo stesso modo gli occhi ed il naso si fecero discordi nel rispondere l'uno di si (gli occhi) e l'altro di no (il naso) rispetto al fumo dell'incenso che vi era rappresentato.

Nel bassorilievo Davide, umile salmista, stava davanti all'arca santa, con la veste rialzata mentre danzava, e in quel gesto era nello stesso tempo più e meno di un re.

Davide, compositore dei Salmi, con quell'umile comportamento intendeva abbassarsi davanti a Dio e appariva più... che re perché il suo umiliarsi lo innalzava a Dio più della sua stessa autorità, men che re essendo i suoi atti sconvenienti alla dignità regale.

In faccia a Davide (di contra: dall'altra parte della scultura), rappresentata ad una finestra di un gran palazzo, Micol (figlia di Saul e prima moglie di Davide) guardava stupefatta come fa di solito una donna sprezzante e insofferente.

Micol, per questo suo atteggiamento di fronte al gesto di Davide, fu punita con la sterilità. L'esempio di umiltà diventa anche esempio di superbia punita. Dante tuttavia unisce due episodi che si succedono in tempi diversi, poiché il secondo avvenne durante il trasporto dell'arca da Get a Gerusalemme (II Samuele VI, 12-23).

lo mi mossi dal luogo dove mi trovavo, per guardare da vicino un'altra storia, che al di là della figura di Micol mi attraeva con il suo bianco.

Vi era raffigurato il grande fatto glorioso del principe romano, il quale con la sua giustizia mosse papa Gregorio Magno alla sua grande vittoria (sulla morte e sull'inferno);

La leggenda dell'intervento di papa Gregorio Magno in favore di Traiano compare per la prima volta nel IX secolo, è ricordata poi da molti scrittori e confluisce in diverse raccolte medievali di novelle. Nel Novellino si narra: "Lo 'mperadore Traiano fu molto giustissimo signore. Andando un giorno con la sua grande cavalleria, contra suoi nemici, una femina vedova li si fece dinanzi, e presolo per la staffa e disse: - Messer, fammi diritto di quelli ch'a torto m'hanno morto il mio figliuolo! - E lo 'mperadore disse: - Io ti sodisfarò, quando io tornarò. - Ed ella disse: Se tu non torni? - Ed elli rispose: Sodisfaratti lo mio successore.
- E se 'l tuo successore mi vien meno, tu mi sei debitore. E, pogniamo che pure mi sodisfacesse, l'altrui giustizia non libera la tua colpa. Bene averràe al tuo successore, s'elli liberrà sé medesimo. - Allora lo 'mperadore smontò da cavallo e fece giustizia di coloro, ch'aveano morto il figliuolo di colei. E poi cavalcò e sconfisse i suoi nemici. E dopo non molto tempo, dopo la sua morte, venne il beato San Grigoro papa e, trovando la sua giustizia, andò alla statua sua, e con lagrime l'onorò di gran lode e fecelo diseppellire. Trovaro che tutto era tornato alla terra, salvo che l'ossa e la lingua. E ciò dimostrava, come era suto [stato] giustissimo uomo e giustamente avea parlato. E Santo Grigoro orò per lui, a Dio. E dicesi per evidente miracolo, che, per li preghi di questo santo Papa, l'anima di questo lmperadore fu liberata dalle pene dell'inferno e andonne in vita eterna. Ed era stato pagano" (LXIX).


parlo dell'imperatore Traiano; e vicino al freno del suo cavallo era raffigurata una povera vedova in atteggiamento di pianto e di dolore,

Lo spazio intorno a Traiano sembrava affollato e pieno di cavalieri, mentre le aquile nere in campo d'oro visibilmente si muovevano al vento sopra la gente accalcata.

In realtà le aquile delle insegne militari romane, essendo di metallo, non potevano muoversi; Dante ora le immagina com'erano ai suoi tempi, cioè raffigurate su bandiere.

La povera donna in mezzo a tanta e così importante gente sembrava dire: « Signore, fa giustizia per mio figlio che è stato ucciso, per la qual cosa sono così addolorata ».

E l'imperatore le rispondeva: « Ora aspetta finché io ritorni ». E la donna aggiungeva, come una persona nella quale il dolore incalza: « Mio signore,

e se tu non tornassi? » E l'imperatore: « Chi sarà al mio posto, porterà a termine la vendetta per te ». Ed ella: « Il bene compiuto dagli altri che vantaggio ti darà', se trascuri di compiere il tuo dovere?».

Per cui l'imperatore: « Confortati dunque; è giusto che io assolva il mio dovere prima di muovermi alla guerra: la giustizia vuole (che io mi comporti così ) e la pietà mi trattiene (dal partire prima di aver fatta giustizia)».

Dio per il quale nessuna cosa, è mai nuova (perché le contempla dall'eternìtà) fu l'autore di queste sculture che sembrano parlare, con un procedimento artistico che sembra agli uomini straordinario perché non si trova nelle opere umane.

"La scultura e la pittura ritraggono il momento, non la successione degli atti: Dante invece immagina, per virtù di miracolo, impressa la successione in un solo gruppo scultorio. Questo terzo esempio è dunque assai più straordinario degli altri due: e pare che Dante abbia voluto in certo modo rendere più agevole alla fantasia dei lettori questo miracolo avvicinando il più possibile i tempi del dialogo, come a tentar di comprimere in una sola scena gli atteggiamenti delle battute che s'incalzano: di qui la frase così pregnante esto visibile parlare." (Momigliano)

Mentre io godevo nel guardare le raffigurazioni di atti di così grande umiltà, che mi riuscivano care a vedersi perché erano opera diretta di Dio,

L'arte, secondo il concetto platonico, che però il Medioevo ha ricevuto nella rielaborazione alla quale Aristotile lo ha sottoposto, è imitazione, per quanto imperfetta, della natura, che a sua volta è copia imperfetta di Dio, mentre questi bassorilievi sono prodotti direttamente da Dio e quindi partecipano della perfezione dell'idea divina. Dante ha certamente presente, nell'immaginare queste sculture, l'arte del suo tempo: sulle facciate delle chiese, sui balaustri delle reggie sacre, le figure bibliche e cristiane, uscite dai cicli dell'epopea religiosa, narravano i propri dolori e le gioie alle pene e alle speranze del popolo, in composizioni ingenue, con forme senza ritmo di proporzioni, ma vive alla fantasia, ma benefiche al sentimento. Sugli architravi e sugli stipiti nelle porte delle cattedrali.. le rozze sculture, raffiguranti le opere e i giorni, insegnavano alle turbe dei villani i lavori campestri di ciascun mese per le diverse stagioni ... Per tal modo l'arte romanica s'era appressata alla vita, rivolgendo a intendimenti didattici specialmente le istorie bibliche ed evangeliche, scolpite nei sarcofaghi dei bassi tempi, incise negli avori, intassellate nei mosaici, ridenti dalle carte dei libri liturgici carolingi" (Campanini).
Ma non' si dimentichi anche che Dante era sollecitato dal rinascere della scultura ai suoi tempi, specialmente.con Andrea Pisano, e da quello della pittura con Cimabue e Giotto.


il poeta mormorava: «Ecco da sinistra, molte anime, che però procedono lentamente: esse ci indicheranno la strada per raggiungere gli alti gironi ».

I miei occhi che erano appagati nell'ammirare le sculture, s'affrettarono a volgersi verso Virgilio, per poter vedere ciò che di nuovo si presentava, di cui sono sempre desiderosi.

Non voglio però, lettore, che tu ti distolga da ogni tuo buon proponimento nell'udire come Dio ha voluto che si paghi il debito (contratto col peccato).

Tu non devi badare alla qualità della pena: devi invece pensare a ciò che seguirà (la succession: cioè la beatitudine dopo questo periodo di punizione); devi pensare che nella peggiore delle ipotesi, tale pena non può protrarsi oltre il giudizio universale.

In seguito al giudizio particolare, pronunciato dopo la morte, l'anima, se non viene condannata per sempre all'inferno o se non è ritenuta subito degna del paradiso, deve subire le pene del purgatorio, il quale però terminerà il giorno del Giudizio Universale; perciò a queste punizioni il penitente, nella peggiore delle ipotesi, dovrà soggiacere fino a quel momento.

Io cominciai a dire: « Maestro, quelli che io vedo muoversi verso di noi, non mi sembrano persone, e non so che cosa siano, tanto confusa è l'impressione che riceve la mia vista ».

E Virgilio mi rispose: « La grave condizione della loro pena li piega a terra come fossero rannicchiati, così che anche i miei occhi in un primo momento diedero luogo ad un contrastante giudizio (tencione: se cioè si trattasse veramente di uomini o no).

Ma guarda fissamente verso quel punto, e con la vista sforzati di distinguere ciò che cammina a fatica sotto quei massi: già puoi scorgere che ciascuno di loro (con le ginocchia) si percuote il petto.

O superbi cristiani, poveri infelici, che, privi della capacità di ben discernere, avete fiducia solo nei vostri passi che (invece di farvì avanzare) vi portano indietro,

non v'accorgete che noi uomini siamo come bruchi destinati a mutare! nell'angelica creatura (angelica farfalla: cioè l'anima, che partecipa della natura spirituale degli angeli), che deve volare fino alla giustizia divina senza alcuna possibilità di riparo (sanza schermi: senza il sostegno di nessun bene umano)?

Di che s'insuperbisce il vostro animo, dal momento che siete come insetti ancora imperfetti, così come bruchi in cui manchi la completa formazione?

Come talvolta si vede, a sostegno del soffitto o del tetto, una figura che ad uso di mensola congiunge le ginocchia al petto (piegata sotto quel grave carico),

la quale fa nascere in chi la vede un vero dolore per un fatto in sé non vero (del non ver, in quanto è solo rappresentato); così io, quando guardai meglio vidi quei penitenti così piegati.

Tuttavia essi erano più o meno piegati a seconda che avessero un peso più o meno grave addosso; e colui che nell'atteggiamento pareva più rassegnato,

sembrava dire tra le lagrime: "Non ne posso più".



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