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Introduzione ai Canti a cura del prof. Giuseppe Bonghi
ordine
cronologico |
titolo
definitivo |
luogo
e data di composizione |
numero
d'ordine definitivo |
I |
Frammento:
"Spento
il diurno raggio..." |
Recanati,
novembre-dicembre 1816 |
XXXIX |
II |
Il
primo amore |
Recanati, 1817-1818 |
x |
III |
All'Italia |
Recanati, settembre
1818 |
I |
IV |
Sopra
il monumento di Dante che si preparava a Firenze |
Recanati,
settembre-ottobre 1818 |
II |
V |
Frammento:
"Io
qui vagando..." |
Recanati, fine del
1818 |
XXXVIII |
VI |
L'infinito |
Recanati,
primavera-autunno 1819 |
XII |
VII |
Alla
luna |
Recanati, 1819 |
XIV |
VIII |
Frammento:
"Odi,
Melisso" |
Recanati, 1819 |
XXVII |
IX |
Ad
Angelo Mai quand'ebbe trovato i libri di Cicerone della
Repubblica |
Recanati, gennaio
1820 |
III |
X |
La
sera del dì di festa |
Recanati, primavera
o estate-autunno 1820 |
XIII |
XI |
Il
sogno |
Recanati, dicembre
1820 o ottobre 1821 |
XV |
XII |
La
vita solitaria |
Recanati,
estate-autunno 1821 |
XVI |
XIII |
Nelle
nozze della sorella Paolina |
Recanati,
ottobre-novembre 1821 |
IV |
XIV |
A
un vincitore nel pallone |
Recanati, terminato
il 30 novembre 1821 |
V |
XV |
Bruto
minore |
Recanati, dicembre
1821 |
VI |
XVI |
Alla
primavera,
o delle favole antiche |
Recanati, gennaio
1822 |
VII |
XVII |
Ultimo
canto di Saffo |
Recanati, 13-19
maggio 1822 |
IX |
XVIII |
Inno
ai Patriarchi
o de' princìpii del genere umano |
Recanati, luglio
1822 |
VIII |
XIX |
Alla
sua donna |
Recanati, settembre
1823 |
XVIII |
XX |
Frammento «Ogni
mondano evento» (Dal greco Simonide) |
Recanati, 1823-24 |
XL |
XXI |
Frammento «Umana
cosa» (Dallo stesso) |
Recanati, 1823-24 |
XLI |
XXII |
Al
Conte Carlo Pepoli |
Bologna, marzo 1826 |
XIX |
XXIII |
Imitazione |
Recanati, primavera
1827 (o 1828 o 1829-30) |
XXXV |
XXIV |
Scherzo |
Pisa, 15 febbraio
1828 |
XXXVI |
XXV |
Il
risorgimento |
Pisa, 7-13 aprile
1828 |
XX |
XXVI |
A
Silvia |
Pisa, 19-20 aprile
1828 |
XXI |
XXVII |
Il
passero solitario |
Recanati, 1829 (?) |
XI |
XXVIII |
Le
ricordanze |
Recanati, 26 agosto
- 12 settembre 1829 |
XXII |
XXIX |
La
quiete dopo la tempesta |
Recanati, 17-20
settembre 1829 |
XXIV |
XXX |
Il
sabato del villaggio |
Recanati, terminato
il 29 settembre 1829 |
XXV |
XXXI |
Canto
notturno di un pastore errante dell'Asia |
Recanati, 22
ottobre 1829 - 9 aprile 1830 |
XXIII |
XXXII |
Il
pensiero dominante |
Firenze, tarda
primavera 1831 (?) |
XXVI |
XXXIII |
Amore
e morte |
Firenze, estate
1832 (?) |
XXVII |
XXXIV |
Consalvo |
Firenze, autunno
1832 (?) |
XVII |
XXXV |
A
se stesso |
Firenze, estate
1833 |
XXVIII |
XXXVI |
Aspasia |
Napoli,
prinavera-estate 1834 |
XXIX |
XXXVII |
Sopra
un basso rilievo antico sepolcrale, dove una giovane morta è
rappresentata in atto di partire, accomiatandosi dai suoi |
Firenze aprile 1831
- Napoli settembre 1835 (o Napoli, inverno 1834-1835) |
XXX |
XXXVIII |
Sopra
il ritratto di una bella donna
scolpito nel monumento sepolcrale della medesima |
Firenze aprile 1831
- Napoli settembre 1835 (o Napoli, inverno 1834-1835) |
XXXI |
XXXIX |
Palinodia
al Marchese Gino Capponi |
Napoli, tra la fine
del 1834 e l'inizio del 1835 |
XXXII |
XL |
La
ginestra o il fiore del deserto |
Torre del Greco,
Villa Ferrigni, primavera 1836 |
XXXIV |
XLI |
Il
tramonto della luna |
Torre del Greco,
Villa Ferrigni, primavera 1836 |
XXXIII |
Alcune date di
composizione sono congetturali, tuttora oggetto di discussione fra
gli studiosi; pertanto l'ordine cronologico in alcuni punti è
ipotetico; le date precise, con l'indicazione dei giorni, sono
quelle indicate dal Leopardi stesso.
"Il testo è quello costituito da Francesco Moroncini nella sua
edizione critica pubblicato da Cappelli, Bologna 1927, sulla base
della copia dell'edizione Starita del 1835 corretta di mano del
Leopardi e di Antonio Ranieri e ora alla Biblioteca nazionale di
Napoli (N35c), e sulle testimonianze manoscritte
dell'autografo(salvo gli ultimi 6 vv. di mano del Ranieri) del
Tramonto della luna e di uno dei tre apografi, pure di mano del
Ranieri, della Ginestra, l'uno e l'altro annessi, e il primo col
numeo XXXIII (sempre autografo) corrispondente all'attuale sua
collocazione, alla citata copia N35c: in sostanza il testo
stabilito dal Ranieri stesso per l'edizione lemonnieriana del
1845, con la quale questi ultimi due canti vennero per la prima
volta in luce (Opere di G.L., edizione accresciuta, ordinata e
corretta secondo l'ultimo desiderio dellautore da A.R., Firenze,
Le Monnier, 1845, vol. I), ma già rivisto sui detti originali da
Giovanni Mestica per l'edizione (postuma) delle Opere di di G.L.
da lui approvate, Firenze, Le Monnier, 1906, dalla quale dipende
quella di Alessandro Donati per la collana degli "Scrittori
d'Italia".
Bibliografia:
Giacomo Leopardi, Canti, a cura di Giuseppe e Domenico De Robertis,
Oscar Studio Mondadori, Milano 1978
Giacomo Leopardi, Tutte le opere, con introduzione e a cura di
Walter Binni, con la collaborazione di Enrico Ghidetti, Sansoni,
Milano 1969
Giacomo Leopardi, canti (Canti, Argomenti e Abbozzi, Memorie,
Puerili, Prose e poesie varie), a cura di Lucio Felici, paperbacks
poeti 30, Newton Compton editori, Roma 1974, stampato da Grafica
di Perugia
Giacomo Leopardi, Canti, Introduzione e note di Franco Brioschi,
Rizzoli Milano 1949, R.C.S. Milano 1994, Fabbri Milano 1997
Edizioni dei Canti
sigla |
titolo |
luogo |
anno |
editore |
R18 |
Canzoni |
Roma |
MDCCCXVIII |
presso Francesco
Bourlié |
B20 |
Canzone ad Angelo
Mai |
Bologna |
MDCCCXX |
Per le stampe di
Jacopo Marsigli |
B24 |
Canzoni |
Bologna |
1824 |
per i tipi del
Nobili e Comp.° |
Nr25 |
Nuovo Ricoglitore
n. 9, 10, 11 e 12 |
Milano |
1825 |
(sul n. 12 è
stampato L'Infinito) |
Cp |
Notizie teatrali
bibliografiche e urbane, ossia il Caffè di Petronio (rivista
redatta dal Brighenti - n. 33 (Il sogno, Elegia) |
Bologna |
13 agosto 1825 |
|
Nr26 |
Nuovo Ricoglitore
n. 1 gennaio |
Milano |
1826 |
|
B26 |
Versi |
Bologna |
1826 |
Stamperia delle
Muse |
F |
Canti |
Firenze |
1831 |
presso Guglielmo
Piatti |
N |
Canti |
Napoli |
1835 |
Starita |
F45 |
Opere
a cura di Antonio Ranieri |
Firenze |
1845 |
Felice Le Monnier |
All'Italia (1818)
Creazione: La canzone è stata composta a Recanati nel settembre del
1818 e pubblicata a Roma l'anno stesso insieme con la canzone Sopra
il monumento di Dante e con una lettera dedicatoria a Vincenzo
Monti, posta in testa alle dieci Canzoni nell'edizione del 1824.
Metro: sette strofe di 20 versi ciascuna:
schema delle strofe dispari: ABcdABCeFGeFHGhlMiM (quarto e quart'ultimo
verso liberi),
schema delle strofe pari: AbCDaBDEFgEfHgIHLMiM (terzo e quart'ultimo
verso liberi)
Sopra il monumento di Dante che si preparava a Firenze
Creazione: canzone composta a Recanati tra il settembre e l'ottobre
del 1818 [in "10 o 12 giorni"], pubblicata in Roma l'anno stesso.
Metro: dodici strofe, le prime undici di 17 versi ciascuna, l'ultima
di 13 versi.
schema delle strofe dispari: aBcADBeFDGEFGHIhI
schema delle strofe pari: ABcADbEfDGEfGHIhI
schema ultima strofa: AbACbDEDeFGfG
Ad Angelo Mai,
quand'ebbe trovato i libri
di Cicerone della Repubblica
Creazione: canzone composta a Recanati nel gennaio 1820, pronta per
la stampa il 4 febbraio, pubblicata a Bologna nel mese di Luglio con
lettera dedicatoria al conte Leonardo Trissino.
Metro: dodici strofe di 15 versi ciascuna con lo schema:
AbCBCDeFGDeFGHH
Nelle nozze della sorella Paolina
Creazione: canzone composta a Recanati tra l'ottobre e il novembre
1821 in occasione delle progettate nozze, poi sfumate, della sorella
Paolina con un benestante di Sant'Angelo in Vado; pubblicata per la
prima volta in Bologna nel 1824
Metro: sette strofe di 15 versi ciascuna, con lo schema
aBCACBDefGFEghH (il settimo verso libero) eccettuata la quarta che
per i primi sei versi ha la variante aBCBAC.
A un vincitore nel pallone
Creazione: Canzone composta a Recanati nel novembre 1821, anno in
cui si comincia a costruire a Macerata un grande sferisterio;
pubblicata in Bologna nel 1824
Metro: cinque strofe di 13 versi ciascuna con lo schema
AbCBACDEFDGgG
Bruto Minore
Creazione: canto composto a Recanati nel dicembre 1821 ("opera di 20
giorni"), pubblicato in Bologna nel 1824, preceduta dalla
Comparazione delle sentenze di Bruto Minore e Teofrasto vicini a
morte [del marzo 1822, che sarà destinata a trovar posto fra le
prose]
Metro: otto strofe di 15 versi ciascuna, con lo schema
AbCDCEfGhILHmnN (solo 6 versi rimati a due a due e 9 versi sciolti)
Alla primavera
o delle favole antiche
Creazione: Composta a Recanati nel gennaio 1822 ("opera in 12
giorni") pubblicata per la prima volta in Bologna nel 1822. Il primo
spunto per questa canzone sembra fornito da uno spunto per lo
Zibaldone del 1819 (pp. 63-64)
Metro: cinque strofe di 19 versi ciascuna, con lo schema
aBCDbEFGHGiKlMNoMPP ( solo 8 versi rimati due a due, e 11 versi
sciolti)
Inno ai Patriarchi o de' principii del genere umano
Creazione: Composto a Recanati nel luglio 1822 in 17 giorni e
pubblicato a Bologna nel 1824, ultima delle canzoni scritte nel 1822
Metro: endecasillabi sciolti
Ultimo canto di Saffo
Creazione: canzone composta a Recanati in sette giorni fra il 13 e
il 19 maggio del 1822 [secondo la ricostruzione del Moroncini],
pubblicato in Bologna nel 1824
Metro: quattro strofe di diciotto versi ciascuna, con lo schema
ABCDEFGHILMNOPQRsS [ossia una sequenza di endecasillabi sciolti
chiusa da una coppia di versi a rima baciata
settenario+endecasillabo]
- Il motivo generatore della canzone sembra essere la pagina 718-719
dello Zibaldone:
"L'uomo d'immaginazione di sentimento e di entusiasmo, privo della
bellezza del corpo, è verso la natura appresso a poco quello ch'è
verso l'amata un amante ardentissimo e sincerissimo, non corrisposto
nell'amore. Egli si slancia fervidamente verso la natura, ne sente
profondissimamente tutta la forza, tutto l'incanto, tutte le
attrattive, tutta la bellezza, l'ama con ogni trasporto, ma quasi
che egli non fosse punto corrisposto, sente ch'egli non è partecipe
di questo bello che ama ed ammira, si vede fuor della sfera della
bellezza, come l'amante [719] escluso dal cuore, dalle tenerezze,
dalle compagnie dell'amata. Nella considerazione e nel sentimento
della natura e del bello, il ritorno sopra se stesso gli è sempre
penoso. Egli sente subito e continuamente che quel bello, quella
cosa ch'egli ammira ed ama e sente, non gli appartiene. Egli prova
quello stesso dolore che si prova nel considerare o nel vedere
l'amata nelle braccia di un altro, o innamorata di un altro, e del
tutto noncurante di voi. Egli sente quasi che il bello e la natura
non è fatta per lui, ma per altri (e questi, cosa molto più acerba a
considerare, meno degni di lui, anzi indegnissimi del godimento del
bello e della natura, incapaci di sentirla e di conoscerla ec.): e
prova quello stesso disgusto e finissimo dolore di un povero
affamato, che vede altri cibarsi dilicatamente, largamente, e
saporitamente, senza speranza nessuna di poter mai gustare
altrettanto."
Il primo amore
Creazione: canto composto tra il 14 e il 16 dicembre del 1817 a
Recanati ed è il primo canto che Leopardi scrisse e accettò intero,
ispirato alla situazione descritta nel Diario, cioè all'incontro con
la cugina Geltrude Cassi ospite dall'11 al 14 dicembre
Metro: terza rima.
Il passero solitario
Creazione: pubblicato per la prima volta nel 1835; di data incerta
(i critici lo pongono tra il 1828 e il 1835), quasi certamente fra
la fine del 1831 e il 1834.
Metro: strofe libere con rime al mezzo
L'infinito
Creazione: Composto a Recanati forse nella primavera del 1820.
Metro: endecasillabi sciolti.
È un idillio, come direbbe Domenico De Robertis, che nasce "dalla
rinuncia a pensare e a riflettere", che con poche immagini esprime
da un lato la solitudine mista a una infelicità ancora
inconsapevole, e dall’altro il superamento della stessa attraverso
un lasciarsi andare alla contemplazione della natura e della sua
bellezza, a quel confuso e sensibilissimo alternarsi di sensazioni
dominate dalla storia umana, di cui non restano più vestigia (in cui
si presumeva che l’uomo vivesse una vita serena e tranquilla,
sicuramente non affaticata spiritualmente da norme di comportamento
che ne limitavano l’agire materiale e spirituale) e dalla stagione
presente e viva, spesso vissuta tanto dolorosamente. È un idillio
che nasce da quel senso di inappagamento, di separazione e di
esclusione dal mondo (è questa la funzione della siepe, che non è
un’immagine di tipo naturalistico ma un simbolo esistenziale), di
una vitale mancanza di partecipazione alla vita sociale quotidiana,
che provocherà col passare del tempo la sua stessa incpacità di
vivere, dalla quale lo esclude la sua stessa condizione di
appartenente alla classe nobile.
Ma superando la siepe e la sua condizione, lo spirito del poeta può
percorrere gli interminati spazi e l’eterno tempo delle "morte
stagioni" e della stagione presente e, in cui può finalmente
placarsi rinunciando alla ricerca stessa di un possibile modo
diverso di vivere. Il naufragio nel mare dell’immensità è tuttavia
non definitivo, anche perché il Nulla resta lontano, anche se
provoca profondissime quieti, e la ragione tiene desti i sentimenti.
"Questo breve idillio", scrive Giovanni Macchia sul
Corriere della Sera del 16 dic. 1980, "venuto da una terra lontana,
scritto da un giovane provinciale di ventun anni, sperduto in un
"borgo selvaggio" era un testo capitale in cui veniva fissata la
condizione stessa della vita moderna. Era quasi un messaggio spedito
ai quattro venti, quasi un manifesto sufficientemente oscuro, come
sono i messaggi della poesia. La storia della poesia moderna è la
grande vittoriosa storia di un naufragio nell’attesa del ‘nuovo’. Ed
è retta sulla ‘corrispondenza’: corrispondenza fra il cielo e la
terra, tra il silenzio degli altri e la voce della natura, tra
l’inaccessibile e ciò che si vede, tra il contingente e l’eterno,
tra le stagioni morte ‘e la presente e viva’. Non si può far poesia
del silenzio. Si può far poesia se quel silenzio lo si aggancia alle
immagini della terra. E non sarà la conquista di una certezza."
Breve analisi
Dividiamo la poesia in quattro segmenti, facilmente individuabili
attraverso gli elementi: 1) Sempre, 2) 3) E come, 4) Così. Già
attarverso la successione di queste quattro parole possiamo
individuare la struttura globale della poesia formata da un’idea di
partenza (Sempre) che trova subito un’idea oppositiva (Ma), seguita
da una similitudine (E come) che conserva le sue opposizioni
precedenti (Così). La poesia è quindi fondata su una struttura
binaria, che rappresenta il mondo reale (che si trova al di qua
della siepe e rappresenta ciò che quotidianamente si vive) e il
mondo ultrareale (o surreale, o Nulla, o interminato spazio e
sovrumano solenzio, o profondissima quiete, o immensità, ecc., e
rappresenta ciò che si vorrebbe vivere: l’ultrarealtà non è ciò che
non esiste ma ciò che esiste e che non può essere colto normalmente
con la sensibilità di cui l’uomo dispone) nella quale le due parti
sono contrassegnate dagli aggettivi dimostrativi ‘questo’, che
rappresenta la realtà vicina, e ‘quello’, che rappresenta la realtà
lontana.
Sempre caro mi
fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. |
mondo della
realtà
Il poeta è legato alla
realtà contingente, che rappresenta la sua esistenza
quotidiana, ma immagin una realtà diversa col pensiero, nel
quale si allargano a dismisura gli orizzonti tanto che il il
cuore per poco non resta impaurito di fronte all’infinito che
si spalanca davanti alla mente
|
E come il
vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo
mare. |
mondo
dell’ultrarealtà: il Nulla
scambio tra le due realtà:
il mondo reale diventa lontano e quello ultrareale e immenso
diventa vicino, e in questa immensità la mente si può
serenamente perdersi ritrovando quel piacere e quella felicità
negata nel mondo reale ed esistenziale che si trova al di qua
della siepe.
|
Il
simbolo più evidente è rappresentato dalla siepe, che rappresenta non
solo l’elemento separatore tra la realtà e la ultrarealtà, ma
soprattutto il senso di esclusione (rafforzata dall’uso dell’aggettivo
"ermo") che il poeta vive nei
confronti della quotidianità esistenziale, che cerca di proiettare
lontano da sé: proprio questa volontà di rigettare lontano la realtà è
rappresentata dall’uso del passato remoto "fu": questa realtà
gli fu sempre cara: ed ora? Ora il poeta cerca qualcosa di diverso,
immagina un mondo diverso e di fronte a questo mondo immaginato per un
attimo il cuore e la mente si spaventano perché oscillano tra le
sicurezze, anche se intrise di infelicità di questo mondo reale, e la non
conoscenza del mondo ultrareale.
In entrambi i mondi
l’uomo è il centro di se stesso: potremmo parlare di solitudine,
intendendo con questo il semplice senso di esclusione di Leopardi dal
mondo sociale vissuto insieme ad altri uomini; ma potremmo parlare anche
di fusione con un mondo divino in cui l’individuo si realizza
indipendentemente dall’esistenza di un mondo sociale: il
"paesaggio" interminato ed eterno potrebbe rappresentare
nell’immaginario poetico la divinità universale che è madre benigna
della immensità nella quale ogni elemento vivente naufraga in modo dolce.
Al rifiuto della realtà
contingente, posta in relazione con l’ultrarealtà attraverso la
similitudine, fa da contrappeso il desiderio di una realtà diversa: la
guida verso questa nuova realtà è rappresentata dalla voce del vento fra
le piante, simile alla voce dell’infinito sovrumano silenzio degli
interminati spazi in cui si può raggiungere la profondissima quiete.
L’immensità si trasforma in realtà assoluta nella quale affondare ogni
pensiero.
La voce del vento porta
la corrispondenza tra le morte stagioni e la presente, tra un passato che
avrebbe potuto essere fonte di vita ma in fondo si è rivelato inutile e
improduttivo, e un presente che è comunque vivo e il solo in grado di
produrre sensazioni prima di cadere inesorabilmente nel pasato e perdere
comunque vitalità.
La
sera del dì di festa
Creazione:
Composto a Recanati forse nella primavera del 1820.
Metro:
endecasillabi sciolti.
Alla
luna
Creazione:
Composto a Recanati probabilmente nel 1819 e pubblicato per la prima volta
nel numero di gennaio 1826 del "Nuovo Ricoglitore". Qualche anno
dopo verrano aggiunti i versi 13-14.
Metro:
endecasillabi sciolti.
Il sogno
Creazione:
Composta a Recanati nel dicembre del 1820 o nei primi del '21; pubblicato,
col titolo Elegia il 13 agosto 1825 nel giornaletto bolognese del
Brighenti Notizie teatrali bibliografiche e urbane, ossia il Caffè di
Petronio, poi nel "Nuovo Ricoglitore" e a Bologna nel 1826 tra
gli Idilli
Metro:
endecasillabi sciolti.
La
vita solitaria
Creazione:
Composto a Recanati forse nell'estate del 1821 (secondo alcuni addirittura
ispirato dalla villeggiatura estiva nella campagna di S. Leopardo.
Pubblicato per la prima volta nel numero di gennaio del 1826 del
"Nuovo Ricoglitore" come ultimo degli idilli
Metro:
endecasillabi sciolti.
Consalvo
Creazione:
canto composto a Firenze probabilmente fra l'autunno del 1832 e la
primavera del '33: appartiene al gruppo di canti ispirati dall'amore per
Fanny Targioni Tozzetti, cioè al cosiddetto "ciclo di Aspasia",
pubblicata per la prima volta a Napoli nell'edizione Starita del 1835.
Metro:
endecasillabi sciolti.
Alla
sua donna
Creazione:
canto composto a Recanati in sei giorni nel settembre del 1823; pubblicato
per la prima volta a Bologna nel 1824 come ultima nell'edizione delle
Canzoni.
Metro:
cinque strofe di 11 versi ciascuna, tutte comincianti con un settenario e
chiuse da una coppia di endecasillabi a rima baciata.
Al
Conte Carlo Pepoli
Creazione:
canto composto a Bologna nel marzo 1826, letto dal Leopardi il lunedì di
Pasqua dello stesso anno nel Casino dei Nobili, presso l'Accademia dei
Felsinei di cui era vicepresidente appunto Carlo Pepoli, col quale
Leopardi aveva stretto amicizia l'anno prima e col quale resterà in
corrispondenza fino al 1830.
Metro:
endecasillabi sciolti.
Il
risorgimento
Creazione:
canto composto a Pisa, come annota il poeta, nei giorni "7 (lunedì
di Pasqua)- 13 aprile, 1828 e prelude alla grande poesie degli anni
seguenti
Metro:
20 strofe di 8 settenari con rima abbc-dffc, con i versi 1 e 5 sdruccioli
e 4 e 8 tronchi, strofa adoperata anche da Parini nel Brindisi.
A
Silvia
Creazione:
Composta a Pisa il 19 e 20 aprile 1828 pochi giorni dopo Il risorgimento;
alle due poesie Leopardi allude nella lettera alla sorella Paolina del 2
maggio dello stesso anno. Silvia è il nome della protagonista dell'Aminta
del Tasso e nel suo nome spesso i critici hanno adombrato la presenza di
teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta di tisi il
30 settembre 1818: ma l'accostamento è privo di fondamento.
Metro:
Canzone libera di sei strofe di endecasillabi e settenari, con rime
alternate e baciate
Il
canto della fanciulla
Canto
di verginella, assiduo canto,
che da chiuso ricetto errando vieni
per le quiete vie; come sì tristo
suoni agli occhi miei? perché mi stringi
sì forte il cor, che a lagrimar m’induci? (Dante?)
E
pur lieto sei tu; voce festiva
de la speranza: ogni tua nota il tempo
aspettato risuona. Or, così lieto,
al pensier mio sembri un lamento, e l’alma
mi pungi di pietà. Cagion d’affanno
torna il pensier de la speranza istessa
a chi per prova la conobbe.
|
(poesia dello stesso anno, in cui
Leopardi tenta di dar voce alla speranza, quella voce che veniva
intepretata fuor d’ogni prospettiva di memoria, era un’immagine e
un’intuizione attuale, la prima intuizione del canto di Silvia non
ancora divenuto "immagine fanciullesca" e non ancora risofferto
in tutta la propria vita, ma solo nell’immediata commozione della sua
percezione; per cui, nonostante l’inusitata intensità
dell’individuazione, Il canto della fanciulla è solo un nuovo
idillio).
Una donna di venti, venticinque o
trenta anni ha forse più d'attraits, più d'illecebre, ed è più
atta a ispirare, e maggiormente a mantenere, una passione. Così almeno è
paruto a me sempre, anche nella primissima gioventù: così anche ad altri
che se ne intendono (M. Merle). Ma veramente una giovane dai 16 ai 18 anni
ha nel suo viso, ne' suoi moti, nelle sue voci, salti ec. un non so che di
divino, che niente può agguagliare. Qualunque sia il suo carattere, il
suo gusto; allegra o malinconica, capricciosa o grave, vivace o modesta;
quel fiore purissimo, intatto, freschissimo di gioventù, quella speranza
vergine, incolume che gli si legge nel viso e negli atti, o che voi nel
guardarla concepite in lei e per lei; quell'aria d'innocenza, d'ignoranza
completa del male, delle sventure, de' patimenti; quel fiore insomma, quel
primissimo fior della vita; tutte queste cose, anche senza innamorarvi,
anche senza interessarvi, fanno in voi un'impressione così viva, così
profonda, così ineffabile, che voi non vi saziate di guardar quel viso,
ed io non conosco cosa che più di questa sia capace di elevarci l'anima,
di trasportarci in un altro mondo, di darci un'idea d'angeli, di paradiso,
di divinità, di felicità. [4311] Tutto questo, ripeto, senza
innamorarci, cioè senza muoverci desiderio di posseder quell'oggetto. La
stessa divinità che noi vi scorgiamo, ce ne rende in certo modo alieni,
ce lo fa riguardar come di una sfera diversa e superiore alla nostra, a
cui non possiamo aspirare. Laddove in quelle altre donne troviamo più
umanità, più somiglianza con noi; quindi più inclinazione in noi verso
loro, e più ardire di desiderare una corrispondenza seco. Del resto se a
quel che ho detto, nel vedere e contemplare una giovane di 16 o 18 anni,
si aggiunga il pensiero dei patimenti che l'aspettano, delle sventure che
vanno ad oscurare e a spegner ben tosto quella pura gioia, della vanità
di quelle care speranze, della indicibile fugacità di quel fiore, di
quello stato, di quelle bellezze; si aggiunga il ritorno sopra noi
medesimi; e quindi un sentimento di compassione per quell'angelo di
felicità, per noi medesimi, per la sorte umana, per la vita, (tutte cose
che non possono mancar di venire alla mente), ne segue un affetto il più
vago e il più sublime che possa immaginarsi. (Firenze, 30. Giugno,
1828.).
Le
ricordanze
Creazione:
canto composto a Recanati dal 26 agosto al 12 settembre 1829, fu
pubblicato per la prima volta in Firenze nel 1831.
Metro:
endecasillabi sciolti, divisi in stanze (o meglio "lasse
narrative") di varia misura.
Canto
notturno di un pastore errante dell'Asia
Creazione:
canzone composta, come annota lo stesso Leopardi, nel periodo "1829.
22 Ottob.-1830. 9 aprile" e fu pubblicata prima in Firenze nel 1831
(col titolo Canto notturno di un pastore vagante dell'Asia), poi
nell'edizione Starita
Metro:
sei strofe libere di endecasillabi e settenari variamente alternati; tutte
le strofe presentano rime al mezzo (soprattutto la quarta) e si chiudono
con la medesima rima in -ale.
La
quiete dopo la tempesta
Creazione:
canzone composta a Recanati, come annotò Leopardi sul manoscritto, nei
giorni "17-120 Sett. 1829"; fu pubblicata prima in
Firenze nel 1831, poi nell'edizione Starita del 1835.
Metro:
tre strofe libere (l'ultimo verso di ciascuna strofa sempre in rima con
uno dei versi precedenti. Il primo verso dell'ultima strofa rima col
penultimo della precedente).
Il
sabato del villaggio
Creazione:
canzone composta a Recanati nel settembre del 1829 (iniziata dopo il
giorno 20 e terminata il giorno 29); fu pubblicata prima
in Firenze nel 1831, poi nell'edizione Starita del 1835.
Metro:
canzone libera di quattro strofe con qualche rima al mezzo (l'ultimo verso
della terza e quarta strofa rima con uno dei versi precedenti, nella
terza, brevissima, col primo verso della strofa.
Il
pensiero dominante
Creazione:
canzone di datazione incerta; la data più probabile è l'estate del 1832
a Firenze; meno probabili le ipotesi che la collocano nella
primavera-estate 1831 o fra l'estate 1833 e la primavera del '35 secondo
Umberto Bosco, quando ormai era venuto a cadere l'elemento ispiratore.
Venne pubblicata per la prima volta nell'edizione Starita. Questa è la
sola, tra quelle che appartengono al "ciclo di Aspasia" e
all'amore per Fanny Targioni Tozzetti, che nasce non tanto da un momento
particolare ma dalla passione che gli riporta alla memoria alcune
sensazioni che aveva provato per Geltrude Cassi.
Metro:
strofe libere con rime al mezzo.
Amore
e morte
Creazione:
Composto a Firenze nel 1832, forse prima della fine dell'estate;
pubblicato per la prima volta nell'edizione Starita .
Metro:
strofe libere (95 versi su 124 sono rimati - 2 rime al mezzo.
A se
stesso
Creazione:
Composto a Firenze anteriormente al settembre 1833 (secondo Umberto Bosco
nella primavera del 1835), pubblicato per la prima volta nell'edizione
Starita.
Metro:
strofa libera.
Aspasia
Creazione:
canzone composta a Napoli nella primavera del 1834 o del 1835 e pubblicata
per la prima vola nell'edizione Starita; non se ne conserva alcun
autografo; Aspasia è il nome dell'etera amata da Pericle e questo nome
assume per Leopardi Fanny Targioni Tozzetti: l'identificazione è
testimoniata da Antonio Ranieri in una lettera alla stessa Fanny.
Metro:
endecasillabi sciolti.
Sopra un basso
rilievo antico sepolcrale,
dove una giovane morta
è rappresentata in atto di partire,
accomiatandosi dai suoi
Creazione:
canzone composta probabilmente a Napoli nell'inverno 1834-1835 e
pubblicata per la prima volta nell'edizione Starita del 1835. Secondo A.
Giuliani (G.L., Carlotta Lenzoni, Pietro Tenerani, articolo pubblicato in
"Paragone" alle pp. 87-94 del 1966) il bossorilievo è quello
scolpito da Pietro Tenerani nel 1825 per la tomba di Clelia Severini,
scultura che Leopardi avrebbe visto a Roma nell'ottobre 1831. Da rilevare
che il tema del canto si ricollega alle ultime pagine del Dialogo di
Plotino e di Porfirio.
Metro:
Strofe libere con rime al mezzo - Il verso finale di ciascuna strofa è
sempre in rima baciata nelle strofe 1-2-3-5.
Sopra il ritratto
di una bella donna
scolpito nel monumento
sepolcrale della medesima
Creazione:
canzone composta probabilmente a Napoli nell'inverno 1834-1835 e
pubblicata per la prima volta nell'edizione Starita del 1835. Strettamente
legata alla precedente per l'argomento svolge il tema della caducità
della vita e del distacco. Secondo A. Giuliani (G.L., Carlotta Lenzoni,
Pietro Tenerani, articolo pubblicato in "Paragone" alle pp.
87-94 del 1966), Leopardi probabilmente trasse ispirazione da alcuni
bozzetti del Tenerani per il monumento a Margherita Canton che forse era
già avviato nel 1831 e che fu teminato nel 1833.
Metro:
strofe libere con rime al mezzo
Palinodia
al Marchese Gino Capponi
Creazione:
canzone composta a Napoli nel 1835 e pubblicate nell'edizione Starita
dello stesso anno (sulla quale furono apportate ulteriori correzioni a
mano dallo stesso Laopardi e dal Ranieri
Metro:
endecasillabi sciolti.
Il tramonto della
luna
Creazione:
Composta dopo La ginestra a Villa Ferrigni (in Torre del Greco) nella
primavera del 1836, pubblicata per la prima volta da Ranieri nell'edizione
del 1845
Metro:
Strofe libere con rime al mezzo.
La ginestra
o il fiore del deserto
Creazione:
Canto composto nella villa Ferrigni, presso Torre del Greco, alle falde
del Vesuvio, nel 1836, conservato in tre copie non identiche,
verosimilmente rispecchianti diverse fasi redazionali, scritte da Antonio
Ranieri, che la pubblicò nell'edizione fiorentina del 1845.
Metro:
strofe libere con rime al mezzo.
Imitazione
Creazione:
La poesia è stata pubblicata per la prima volta nell'edizione Starita del
1835 e si presume scritta negli anni fra il 1828 e 1835;
Metro:
strofa libera
Qualche studioso (fra cui Carducci)
l'ha datata al 1818 perché in quell'anno fu pubblicata anonima e senza
titolo la favola La feuille di Antoine-Vincent Arnault, sullo
Spettatore straniero (vol. XI, n. 12, p. 55) in epigrafe ad un articolo
intitolato La malinconia:
La
feuille
De ta tige détachée,
Pauvre feuille desséchée,
Où vas-tu? - Je n'en sais rien.
L'orage a brisé le chêne
Qui seul était mon soutien.
De son inconstante haleine,
Le zéphir ou l'aquilon
Depuis ce jour me promène
De la forêt à la plaine,
De la montagne au vallon;
Je vais où le vent me mène
Sans me plaindre ou m'effrayer;
Je vais où va toute chose,
Où va la feuille de rose
Et la feuille de laurier. |
Scherzo
Creazione:
Composto a Pisa, come risulta dall'autografo, conservato fra le carte
napoletane, il 15 febbraio 1828, due mesi prima del Risorgimento e di A
Silvia; pubblicato nell'edizione napoletana del 1835.
Metro:
strofa libera, con frequenti rime, spesso baciate.
"Odi
Melisso..."
Creazione:
composto a Recanati forse nel 1819, pubblicato nel Nuovo ricoglitore col
titolo Lo spavento notturno, troverà una definitiva collocazione tra i
frammenti.
Metro:
endecasillabi sciolti
"Io
qui vagando..."
Creazione:
frammento pubblicato col n. XXXVI nell'edizione Starita, tolto dall'Elegia
II composta verso la fine del 1818 per un nuovo incontro,
seguito da una nuova partenza, con l'ispiratrice dell'Elegia
I, che fu Il primo amore, cioè Geltrude Cassi Lazzari.
Metro:
terzine
"Spento
il diurno raggio..."
Creazione:
Composto tra la fine di novembre e i primi di dicembre del 1816 a Recanati
col titolo Appressamento della morte, apparve ampiamente ritoccato
nell'edizione napoletana del 1835; rispetto alla stesura originaria
sostituì alla prima la terza persona, immaginando una fanciulla come
protagonista del racconto.
Metro:
terzine
Dal
greco di Simonide
Creazione:
composto a Recanati tra il 1823 e il 1824, è una libera traduzione di un
frammento di Simonide di Amorgo, poeta giambico vissuto nel VII secolo
a.C. fu pubblicato per la prima volta nell'edizione Starita
Metro:
strofa libera con molte rime
Dallo
stesso
Creazione:
composto, come il precedente, a Recanati tra il 1823 e il 1824, è una
libera traduzione di un frammento di Simonide di Amorgo, poeta giambico
vissuto nel VII secolo a.C. fu pubblicato per la prima volta nell'edizione
Starita
Metro:
strofa libera (endecasillabi e settenari variamente rimati; solo il v. 3
non risulta rimato)
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