Attraverso una inconsueta apertura del linguaggio (stile alto e basso mescolati, motti di spirito, e anche espressioni equivoche, eufemismi e metafore sessuali) entravano nel Decameron, e quindi in un'opera composta con intenzioni d'arte, lo scherzo, l'irriverenza, la mescolanza del comico e del tragico e, in genere, i fenomeni della vita materiale. La libertà della parola contribuiva a modificare i procedimenti narrativi già fissatisi (per esempio, nel modo epico e nel modo romanzesco) e le gerarchie etiche ed estetiche a essi inerenti (per esempio, la rigida corrispondenza tra personaggi «alti» e linguaggio cortese, personaggi « bassi » e linguaggio triviale).
Gli argomenti che Boccaccio usa per difendersi dall'accusa di licenziosità sono:
- la «qualità delle novelle»;
- la destinazione dell'opera e le circostanze eccezionali in cui si realizzò l'atto del racconto («ne' giardini», «tra persone giovani», per «sollazzo», in tempo di
peste);
- la distinzione tra l'atto del racconto e la moralità pratica, che da esso è indipendente («Niuna corrotta mente intese mai sanamente parola»).
Analizziamo le ragioni di Boccaccio, cercando di rendere esplicita l'idea di letteratura che vi è sottesa:
a. Degli argomenti di alcune novelle, dice l'autore, non si sarebbe potuto parlare se non con la libertà di linguaggio che egli s'è preso. Boccaccio qui si giustifica richiamandosi non solo alla proprietà dello stile in rapporto alla materia, ma alla necessità di adeguare la parola alla realtà: l'ampiezza tematica delle novelle, la varietà e la problematicítà delle esperienze che esse riproducono, hanno dilatato anche l'orizzonte linguistico.
b. La libertà della parola vive tuttavia nel mondo separato dell'invenzione letteraria. La finzione che è a base del Decameron (le novelle si immaginano raccontate da un gruppo di giovani fuggiti da Firenze per evitare il contagio della peste) viene ribadita per sottolineare il carattere di «divertimento» - nel senso di evasione dalla società reale e piacere disinteressato che è tipico del raccontare storie.
c. Il libro non agisce sui costumi: le menti «corrotte» e quelle «oneste» restano tali, senza subirne l'influenza. In questo modo Boccaccio rivendica l'autonomia dello scrivere: ciascun racconto ha una sua logica, con la quale chi scrive deve essere coerente e che non può essere sottoposta al giudizio morale, che riguarda invece i fatti, le scelte pratiche degli individui. La letteratura non incide sulla vita: il libro in sé (qualsiasi libro) è sempre innocente, dice Boccaccio, anche se chiunque lo può strumentalmente utilizzare per i suoi fini, buoni o
perversi. |