INTRODUZIONE
Movimento letterario e artistico italiano sorto, dopo la proclamazione del Regno d'Italia (1861), in Lombardia, in particolare a Milano, e in Piemonte. Il termine "scapigliatura" deriva dal titolo di un romanzo di Cletto Arrighi (pseudonimo di Claudio Righetti), La scapigliatura e il 6 febbraio (1862), che racconta un fatto storico, la fallita sollevazione mazziniana di Milano del 1853. Nel romanzo il termine "Scapigliatura" designa un gruppo di giovani patrioti anticonformisti e amanti dell'arte, "pronti al bene quanto al male". In effetti gli scrittori scapigliati assunsero posizioni assai critiche verso la letteratura e la cultura italiana del loro tempo, ammirando soprattutto autori stranieri come Baudelaire, Gautier, Heine, Hoffmann, Jean Paul e Poe: una predilezione che determinò un effetto di sprovincializzazione e di svecchiamento della cultura letteraria italiana.
LA CRITICA ALLA TRADIZIONE
Autori di varia età, di estrazione sociale molto diversa, di ideologia spesso antitetica (si va dal socialista Paolo Valera a Carlo Dossi, collaboratore di Francesco Crispi), furono accomunati dalla critica radicale della tradizione letteraria italiana e dettero voce al disagio e alle contraddizioni che caratterizzarono il neonato stato unitario: una critica sviluppata tramite opere narrative (più spesso racconti che romanzi) e versi impressionistici, con contenuti e immagini molto forti (scheletri, cadaveri, mummie). Si tratta di testi percorsi da una tensione ideale cui si contrappone la coscienza dell'impossibilità di una quiete spirituale e l'attrazione fatale per ciò che di meno etereo e sublime la vita e i corpi presentano. Le loro idee e le loro provocazioni, che suscitarono vivaci polemiche e discussioni animate, furono espresse su riviste scapigliate come "Cronaca grigia" di Arrighi e "La Palestra letteraria artistica scientifica" di Dossi.
ROVANI E TARCHETTI
Padre riconosciuto del movimento fu Giuseppe Rovani, autore di romanzi storici ammirato soprattutto per Cento anni (1869), in cui è ricostruito un secolo di vita milanese (da metà Settecento a metà Ottocento) attraverso una miriade di personaggi storici e di fantasia in una ricchissima carrellata narrativa alternata a quadri di costume. Iginio Ugo Tarchetti si dedicò invece al romanzo sociale con Paolina, 1866, Una nobile follia, 1867 e al racconto (Racconti fantastici, 1869), inaugurando un genere poco fortunato in Italia, ma la sua fama è dovuta soprattutto al romanzo breve Fosca (1869). Fosca è il nome della protagonista, una donna brutta e malata di nervi, che affascina e trascina verso la pazzia il giovane ufficiale Giorgio La Ferlita.
BOITO E DOSSI
Arrigo Boito fu un raffinato musicista, autore di libretti operistici per sé (Mefistofele, 1875; Nerone, rappresentato alla Scala nel 1924, diretto da Toscanini) e per Verdi (Otello, Falstaff). Autore di poesie (Re Orso, 1865; Il libro dei versi, 1870), Boito scrisse anche quattro novelle, tra le quali spicca L'alfier nero (1867), storia di una partita a scacchi mortale combattuta fra un nero, Tom, e un bianco, Giorgio Anderssen, ognuno dalla parte del rispettivo colore. Carlo Alberto Pisani Dossi è lo scrittore più raffinato del gruppo: pubblicò il primo romanzo, L'Altrieri - Nero su bianco (1868), a soli diciotto anni; a questo seguì il romanzo ironicamente autobiografico Vita di Alberto Pisani (1870). Il suo umorismo è alimentato da un linguaggio molto variegato: componenti dialettali si mescolano a neologismi in un pastiche molto originale, che per certi versi anticipa la prosa di Gadda.
PRAGA E VALERA
Emilio Praga, che esordì come pittore, fu un poeta di buon livello (Tavolozza, 1862; Penombre, 1864), particolarmente sensibile alle suggestioni della lirica baudelairiana. Paolo Valera dedicò la sua vita alla denuncia delle misere condizioni dei sottoproletari della società industriale, con numerosissime opere in cui ritrasse personaggi e situazioni di degrado: prostitute, accattoni, mendicanti, lavoratori umili sono gli eroi delle sue pagine. Quello stesso mondo è racchiuso nel Casone di porta Magenta, il palazzo milanese che, con i suoi miseri abitanti, è il protagonista del miglior romanzo di Valera, La folla (1901).
In Piemonte alcuni scrittori furono influenzati dagli scapigliati lombardi: Giovanni Faldella (A Vienna. Gita con il lapis, 1874; Figurine, 1875; Madonna di neve e madonna di fuoco 1881), Achille Giovanni Cagna (Alpinisti ciabattoni, 1887), Giovanni Camerana (Versi, 1907).
LETTERATURA E ARTE
Gli scrittori scapigliati frequentarono artisti con i quali condividevano l'interesse per una nuova arte moderna: ad esempio, il libro Amori (1867) di Dossi fu illustrato da un pittore scapigliato, Luigi Conconi. Tra gli altri artisti vanno ricordati Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni e lo scultore Giuseppe Grandi. Si tratta di una pittura in equilibrio fra passato e presente, fra tradizione e innovazione. In questo ambiente operò anche uno scultore come Medardo Rosso: per le sue sculture in cera, dedicate a personaggi emarginati della vita urbana, Rosso fu apprezzato da Umberto Boccioni, con il quale l'impressionismo cui tendevano gli scapigliati venne però indirizzato in una direzione avanguardistica e infine futurista.
Pittori, scultori, musicisti e scrittori della scapigliatura costituirono una piccola società non priva di contraddizioni e profonde diseguaglianze al suo interno, ma accomunata da alcuni tratti poi enfatizzati dai posteri. Fra questi, il motivo romantico dell'artista perseguitato e povero, destinato a morire giovane e non di rado suicida (Tarchetti morì di tifo appena trentenne, Praga morì di tisi a trentasei anni, Camerana e Cremona si uccisero): un mito favorito in parte dalla lettura di un'opera francese celebre all'epoca, il romanzo Scene della vita di bohème (1847-1848) di Henri Murger, portato sulla scena con enorme successo da Puccini nel 1896.
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