I)
Nasce nel 1901 a Modica (Ragusa). Suo
padre è capostazione delle ferrovie,
soggetto a continui trasferimenti per
motivi di lavoro. Nel 1908 si stabilisce
a Messina e vi rimane sino al 1920,
conseguendo il diploma di istituto
tecnico commerciale.
II)
Si trasferisce a Roma nel '21
iscrivendosi alla facoltà di
ingegneria, ma ben presto smette gli
studi, per mancanza di mezzi. Costretto
a lavorare per vivere, dal '26 è
impiegato a Reggio Calabria presso il
Genio civile. Comincia a scrivere le
prime poesie (Acque e terre) che
vengono pubblicate sulla rivista
fiorentina "Solaria"(1930),
allora molto quotata. La linea della
rivista era antifascista sul piano
ideologico, antiaccademica e
antiformalista sul piano letterario:
venne soppressa nel '36. Nel '34 approda
a Milano e vi resterà quasi sino alla
morte.
III)
La raccolta è caratterizzata dalla
mitizzazione della Sicilia, che, pur
essendo descritta in maniera realistica,
assume i toni e i colori di un paradiso
perduto, irraggiungibile: un Eden di cui
il poeta rimpiange l'innocenza umana
(non ancora corrotta dal male di
vivere), nonché l'armonia con la
natura. La rievocazione della Sicilia,
in questo senso, è fusa con quella
dell'infanzia (infanzia e giovinezza
sono le età che Quasimodo predilige).
Dominano quindi i temi del dolore, della
solitudine e incomunicabilità,
dell'impossibilità di trovare conforto
o consolazione nella vita. Questi temi,
d'altra parte, costituiscono l'unica
opposizione permessa dal regime
fascista, la cui letteratura era invece
ottimistica e trionfalistica.
Stilisticamente e lessicalmente
Quasimodo è vicino a Pascoli,
D'Annunzio e Verga. Del Verga assume il
realismo; del Pascoli l'arte di
trasfigurare la natura; del D'Annunzio
l'identificazione del poeta con la
natura. Quasimodo ricerca un modo
espressivo raffinato, limpido, teso alla
bellezza classica.
IV)
Nelle due raccolte successive, Oboe
sommerso (1932) e Erato ed
Apollion (1936), Quasimodo cerca di
adeguarsi completamente alla scuola
ermetica, nel tentativo, non riuscito,
di superarne i maestri (Ungaretti e
Montale), portandone all'estremo certi
moduli tipici. Fa questo proprio negli
anni in cui Ungaretti tentava invece un
recupero delle forme metriche
tradizionali. In queste raccolte le rime
sono piuttosto orecchiabili (di qui il
loro successo popolare), ma poco
profonde. Per seguire una moda,
Quasimodo in realtà tradì se stesso:
la sua poetica assunse delle forme
strane e troppo studiate (ad es. le
immagini vengono accostate in maniera
arbitraria).
V)
Nel '38 lascia il Genio civile e diventa
giornalista. Dal '36 al '42 raccoglie Nuove
poesie, con cui cerca di ritornare
al felice equilibrio di Acque e terre.
La raccolta più importante di Nuove
poesie è Ed è subito sera. In
questo recupero della sua poetica più
autentica è stato senza dubbio aiutato
dalle sue traduzioni dei lirici greci
(1940), che in parte lo hanno
allontanato dallo stile ermetico, oscuro
e artificiale, da lui usato, e lo hanno
portato a valorizzare di nuovo le forme
metriche tradizionali (ad es.
l'endecasillabo). Inoltre la sua Sicilia
(soprattutto quella del mondo greco) gli
pare sempre di più come un momento
alternativo al decadimento
"morale" del vivere.
VI)
Nel '41 viene nominato, dal ministro
dell'Educazione nazionale, per
"chiara fama", professore di
Letteratura italiana al Conservatorio di
Milano. La sua ultima produzione, quella
del dopoguerra, è la più
significativa. I temi autobiografici, di
stampo decadente, si convertono in temi
civili: il monologo lascia lo spazio al
dialogo con gli uomini, cioè alla
scoperta della presenza degli altri,
alla compassione (a volte anche troppo
ingenua) per le vittime dell'immane
tragedia della guerra. La meditazione
sul dolore dell'uomo si arricchisce di
nuovi contenuti: l'esilio, i miti
familiari, il populismo... (La sua
poesia "civile" non è
comunque che la ricerca di un
significato che trascenda il vivere e il
morire). Per questo suo impegno morale e
civile (la pretesa era quella di
trasformarsi in un
"poeta-vate"), che lo avvicina
alla corrente neorealistica (e
politicamente alla sinistra, ma senza
molta convinzione), Quasimodo otterrà
nel '59 il premio Nobel per la
letteratura.
VII)
In Giorno dopo giorno (1947) e La
vita non è sogno (1949), si forma
in sostanza una nuova poesia, in cui
trovano posto i dolori e le speranze
degli uomini, per quanto il poeta non
sia mai andato a cercare le cause
esistenziali e sociali di tanto
soffrire. Il contenuto morale delle sue
poesie, anche in queste raccolte (il cui
stile peraltro lascia un po' a
desiderare), è sempre quello
dell'angoscia esistenziale, ovvero la
ricerca di una realtà nuova; ma questa
realtà, per il poeta, non può essere
raggiunta, per cui egli non ha un
proprio messaggio da offrire e rimane
chiuso nella sua solitudine. Quasimodo
non è mai riuscito a superare la crisi
dei valori storici della borghesia e del
fascismo: l'ha soltanto costatata.
Tuttavia, egli verrà visto come colui
che, nonostante le sue continue ricadute
nell'oratoria, nella sentenziosità e
nella coralità, ha saputo distaccarsi
nettamente dalla tradizione ermetica,
che non permetteva un facile rapporto
tra poeti e pubblico. Muore a Napoli nel
1968.
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