Giorgio
Bassani è nato a Bologna nel 1916, ma ha trascorso l'infanzia e la
giovinezza a Ferrara, città della sua famiglia, di origine etica.
Si è laureato in lettere all'università di Bologna. Dopo avere
sperimentato per qualche tempo il carcere per il suo antifascismo,
si è trasferito alla fine del '43 a Roma, dove ha insegnato
all'Accademia d'arte drammatica, ha lavorato nel cinema come
sceneggiatore, e ha diretto la rivista internazionale «Botteghe
oscure». Sì è anche occupato, a livello dirigenziale, di
editoria e di televisione.
Gli esordi narrativi e poetici di Bassani risalgono agli inizi degli
anni Quaranta, ma è con le Storie ferraresi
del 1956 che egli attira l'attenzione dei critici e dei lettori.
Temi di fondo ne sono la rievocazione del mondo chiuso della
provincia, la descrizione di esistenze solitarie, emarginate e
"diverse" o di episodi della storia recente (La
lunga notte del '43), la condanna di una società priva di
tensione civile e di memoria storica, anzi pronta a rimuovere un
passato problematico, tutta presa dal desiderio di un "ritorno
alla normalità". C'è in queste Storie - caratterizzate sul
piano formale da un sapiente uso del discorso indiretto libero
accanto ai toni malinconicamente elegiaci una tensione civile che,
pur se approda a uno sfiduciato giudizio sul presente, testimonia
nell'autore un complesso retroterra ideologico.
Nella posteriore produzione si ha l'impressione di una
semplificazione o comunque di una riduzione delle istanze iniziali
al tema della solitudine, dello scacco, della sconfitta. Esemplare
è in questo senso Il giardino dei Finzi-Contini
(1962), che disegna prima l'isolamento e poi l'estinzione di una
famiglia aristocratica ebraica di Ferrara, in conseguenza delle
leggi razziali e della deportazione; all'interno di questo quadro
d'assieme c'è posto poi per una storia d'amore irrealizzato, e per
una figura femminile, Micol, di suggestiva inquietudine. Temi già
presenti nelle Storie- l'isolamento e la solitudine dei personaggi,
l'inesorabile legge di sfaldamento e di decadimento degli esseri
umani e delle cose, lo "scacco" del vivere rítornano in
questo romanzo ma con un sospetto di enfatizzazione e con una
scrittura spesso incline a compiacimenti sentimentalistici. D'altra
parte, forse anche per questo il romanzo ebbe particolare successo,
configurandosi, dopo la parabola del neorealismo, assieme al
Gattopardo come realizzazione di una letteratura, se non di
intrattenimento, certamente consolatoria e priva di quelle tensioni
ideologiche che - esiti artistici a parte - erano presenti nei testi
neorealistici. Dopo il racconto lungo Dietro
la porta (1964), il romanzo L'airone
(1969) approfondiva il tema della morte. Assieme alla narrativa
Bassani ha continuato a coltivare la poesia, con le raccolte L'alba
ai vetri (1963), Epitaffio (1974), In rima e senza (1982).
Un sopravvissuto
La rievocazione, ora elegiaca, ora dolorosa, del passato, una
visione dolente della vita, il senso acutamente avvertito del
passare delle cose - famiglie che si estinguono, sentimenti e ideali
che nel giorno dopo giorno si sfaldano - sono i temi più frequenti
della narrativa di Bassani. In tutto ciò «ha notevole peso il dato
autobiografico, la componente israelitica e l'esperienza del
perseguitato politico che contribuiscono alla delineazione di un
mondo solitario e chiuso, negato alla speranza di una effettiva
comunicazione sociale»
Tre osservazioni che possono servire da punto di partenza per
ulteriori approfondimenti:
a) il brano è percorso da una particolare tensione civile, che si
traduce in amarezza per l'oblio che una società si affretta a
stendere su un recente passato (quello delle persecuzioni e dei
campi di sterminio), in inclemente giudizio su una ripresa della
vita basata sul solito conformistico perbenismo. Di conseguenza tra
una società che vuole dimenticare e il protagonista del racconto
che invece vuole ricordare, si stabilisce quel rapporto di contrasto
che porta all'estraneità, alla solitudine del protagonista: una
situazione tipica di tanti personaggi delle Storie ferraresi;
b) viene qui adottata una particolare soluzione stilistica: Bassani,
ricorrendo al discorso indiretto, accosta frasi e battute di
conversazione come tessere di un mosaico e dà un quadro d'assieme
dell'atteggiarsi di una comunità. Si tratta di un «uso del
discorso indiretto sociale con funzione demistificante, col quale lo
scrittore riesce a far dire, dal coro della società borghese,
colpevole depositaria dell'oppressione politica del fascismo, delle
leggi razziali e tenace coltivatrice, anche dopo la liberazione,
degli stessi mali, le sue ragioni di interesse, di viltà, di
profitto, costringendola a confessare la struttura negativa su cui
si regge con la naturalezza dell'autodifesa e dell'autoapologia» (Bàrberi
Squarotti);
c) la situazione che Bassani descrive in queste pagine (disperato
impegno di ricordare e di testimoniare al quale viene opposto quasi
un muro di colpevole indifferenza e di edonistico qualunquismo)
trova riscontro in quanto avveniva nella società italiana degli
anni Cinquanta, orientata verso una restaurazione cui l'incipiente
mitologia consumistica forniva occasioni e alibi. |