Attilio
Bertolucci nasce a San Lazzaro (Parma) nel 1911. Dopo aver compiuto
gli studi a Parma e a Bologna, dove si laurea in lettere, inizia la
carriera dell'insegnamento (in Storia dell'arte) a Parma. Collabora
a «Corrente», «Letteratura» e ad altre riviste. Nel 1929
pubblica la prima raccolta di versi, Sirio; nel 1934 Fuochi in
novembre. Nel 1939 fonda e dirige una collana di classici stranieri
per l'editore Guanda, Nel dopoguerra si trasferisce a Roma, dove
collabora ai programmi culturali della RAI, svolge attività di
documentarista, di consulente editoriale, e di redattore di riviste
letterarie («L'Approdo Letterario»,
«Nuovi Argomenti», «Paragone»).
Pubblica La capanna indiana (1951) e In
un tempo incerto (1955), che raccoglie con una scelta dei versi
giovanili nel volume La capanna indiana (1955). Nel 1971 pubblica
Viaggio d'inverno e tra il 1984 e il 1988 il romanzo in versi La
camera da letto, lungamente atteso e anticipato da una serie
di frammenti editi in rivista. E' morto nel giugno del 2000.
Dall'idillio all'epos domestico
Ad un filone di attardato impressionismo - tra Pascoli
e Saba - può essere ricondotta, almeno
inizialmente, anche la lirica di Attilio Bertolucci, la cui storia
delinea un tracciato che va dall'idillio all'epos domestico, dalla
misura breve-brevissima al romanzo in versi (La camera da letto, uno
degli eventi memorabili della poesia di questi ultimi anni), nella
costante di un rapporto privilegiato coi luoghi e le figure della
campagna parmense e con le memorie private. Ma, com'è forse
inevitabile dopo Pascoli, nel tardo
impressionismo di Bertolucci non può non insinuarsi un'inquietudine
e uno smarrimento (di lata origine simbolista) che complica i
paesaggi e le emozioni e in definitiva riporta il poeta al suo
contesto novecentesco.
Gli Idilli domestici possono essere
considerati, nell'ambito della nostra minima campionatura, l'ideale
punto di partenza di quel tragitto definito nella premessa,
dall'idillio all'epos domestico. Sono testi brevi, descrittivi di
paesaggi, climi, ambienti domestici («così intimamente la giornata
comincia») e delle pacate melanconiche emozioni che suscita la
natura o che si accompagnano al fluire del tempo e dei ciclici
eventi naturali. Si noti l'intrecciarsi di eventi naturali ed eventi
umani (l'inverno e la migrazione dei vecchi vagabondi, la sera e i
fanciulli, le memorie che migrano come nuvole, ecc.), che delineano
una condizione di sostanziale consonanza e comunione tra uomo e
natura. Il linguaggio e lo stile sono dolci, nitidi, raffinatamente
semplici (si noti l'aggettivazione essenziale); i toni sempre
smorzati.
In Pensieri di casa le cose sono
complicate dal sopravvenuto allontanamento dai luoghi familiari. Ci
troviamo di fronte alla nostalgia dell'idillio, all'impossibilità
dell'idillio. La data apposta in fondo al testo ci dice che il poeta
è a Roma, ma il contrasto città/campagna, con le sue possibili
implicazioni storiche è assente, qui come generalmente altrove in
Bertolucci. Piuttosto questo componimento è interessante perché è
anche un documento di poetica: lontano dai luoghi domestici, unica
fonte di ispirazione, al poeta è impossibile scrivere (come
vivere); egli da poeta impressionista qual è ha bisogno di ritrarre
dal vero... Ma l'affermazione, che coglie elementi reali della
scrittura di Bertolucci, è in parte falsa. La lontananza è morte
figurata («come se fossi morto mi ricordo...» ), ma al poeta si
apre e ancor più si aprirà la strada di una poetica della memoria,
ben più "novecentesca" del raffinato tardo
impressionismo. Far versi sull'impossibilità di far versi,
intrecciando poesia e vita, è insomma un felice paradosso simbolico
di una condizione di personale alienazione.
In Verso Casarola il poeta ormai
anziano ritorna sui luoghi che molti anni prima, nel drammatico
1943, lo videro in fuga con la famiglia verso un borgo
dell'Appennino (Casarola, appunto) e rievoca quell'evento della sua
epica domestica (e, molto sullo sfondo, della dolorosa epopea di un
intero popolo). L'invocazione «Oh campane / di Montebello Belasola
Villula Agna ignare» è anche un appello a una campagna, luogo di
memorie e valori personali e collettivi, violata e offesa
dall'insensatezza della storia (il motivo, in qualche misura
manzoniano Renzo e Lucia in fuga dal paesello-, è comune in questi
anni a poeti diversi da Bertolucci, come Pasolini
e Zanzotto). Ma complessivamente dominano
la storia personale e (rispetto al romanzo in versi La camera da
letto, che nel finale rievoca il medesimo episodio) il lirismo. Qui,
ad esempio, compaiono il tema dell'infelicità personale («il vuoto
di questi anni buttati via», evocato dal vecchio che confronta
passato e presente reali con passato e presente possibili) e, nel
finale, la dolcezza di un ricordo rassicurante: Casarola contemplata
con meraviglia dal figlio del poeta «all'uscita del folto», «Casarola
raggiunta». |