Vitaliano
Brancati, nato a Pachino (Siracusa) nel 1907, si laureò in lettere
all'Università di Catania e iniziò subito la sua attività
letteraria con collaborazioni a giornali e riviste e con opere (il
poema drammatico Fedor, 1928; i drammi
Everest, 1931 e Piave, 1932) animate da
vistosi intenti nazionalistici e fascisti. Intanto insegna e,
ottenuto un trasferimento a Roma, viene qui in contatto con Alvaro,
Moravia ed altri intellettuali che
influiranno sulla sua maturazione e sul conseguente distacco dalla
ideologia fascista. È stato lui stesso a fissare nel 1934 l'anno di
questo superamento, l'anno "spartiacque": nel quale
pubblica il romanzo breve Singolare avventura di viaggio, che il
settimanale fascista «Quadrivio» stronca pesantemente. Ritornato
in Sicilia nel 1937, insegna per parecchi anni all'Istituto
magistrale di Caltanissetta (che Leonardo
Sciascia frequenta come alunno), collabora al settimanale
«Omnibus» di Longanesi, scrive racconti. Nel 1941 esce, con
successo, Don Giovanni in Sicilia.
Stabilitosi nel 1942 a Roma, frequenta il mondo giornalistico e
teatrale (sposa l'attrice Anna Proclemer), pubblica nel 1944 i
racconti de Il vecchio con gli stivali
(dal racconto che dà il titolo alla raccolta deriverà nel 1948 il
film di Zampa Anni difficili), scrive sceneggiature per parecchi
film, collabora a «Il Mondo» di Pannunzio, pubblica Il
bell'Antonio (1949).
Brancati fu anche autore di un notevole testo teatrale, La
governante (1952), la cui rappresentazione nel clima dei
governi "centristi" fu vietata; il divieto gli ispirò il
brillante pamphlet Ritorno alla censura
(1952), che insieme al precedente saggio I
fascisti invecchiano (1946) testimonia le sue ferme
convinzioni radical-liberali e la sua vocazione di moralista.
Colpito da un grave male, mori nel 1954 a Torino.
Un'ossessione: la donna
Il racconto tratto dal suo romanzo a nostro avviso più riuscito,
Don Giovanni in Sicilia possono dare un'idea abbastanza adeguata di
quest'opera, divertita e tuttavia non epidermica rappresentazione di
quell'insieme di atteggiamenti che si suole definire `gallismo".
Va precisato però, come premessa alla lettura, che le
farneticazioni erotiche di questi maschi siciliani; gli
interminabili discorsi che - in questa «società ove la parola
onore ha il suo più alto significato nella frase `farsi onore con
una donna"» - vertono sempre sull'idoleggiamento o
sull'ossessione della donna, hanno implicazioni che vanno al di là
di un senso angustamente letterale. A guardar bene, anche in pagine
come queste, pur così briose e divertite, si manifesta pienamente
quella vocazione di moralista (di inclemente osservatore dei mores,
dei costumi) che in seguito Brancati rivelerà sempre di più.
Il gallismo quindi; con la sostituzione di una vita sognata a una
vita vissuta, con la sua altalena di vagheggiamenti e di
frustrazioni, si allarga a emblema di un modo d'essere. A questo
punto l'ipotesi di chi (Salinari, ad esempio) propone di vedere nel
gallismo un grottesco equivalente delle stentoree proclamazioni di
potenza del fascismo diventa plausibile. |