Nato nel 1933 a
Sant'Agata di Militello, Vincenzo Consolo vive dal 1968 a Milano e
collabora a quotidiani e riviste. Ha esordito come narratore nel
1963 con La ferita dell'aprile, cui
sono seguiti fra l'altro Il
sorriso dell'ignoto marinaio (1976), Lunaria
(1985), Retablo (1987), Le
pietre di Pantalica (1989).
Retablo ha una complessità di struttura (un incastro di vari piani
narrativi e di vari registri linguistici) che è qui impossibile
illustrare. Per cogliere il senso del testo basterà sapere che il
protagonista narratore, un milanese dell'ultimo Settecento che ha
familiarità con i circoli illuministici e passione per l'antichità
classica, compie un viaggio in Sicilia e tiene un diario di viaggio
destinato alla donna amata, dona Teresa Blasco (di padre spagnolo e
di madre siciliana), la quale però - il narratore lo apprende
durante il suo viaggio - sposerà Cesare Beccaria, l'autore del
famoso Dei delitti e delle pene.
Come prima indicazione di lettura richiamiamo l'attenzione sul
singolare impasto linguistico del testo: non si tratta di
un`archeologica" mimesi dell'italiano settecentesco, ma di un
linguaggio singolare, nel quale trovano posto il termine dialettale
(siciliano e lombardo) e quello colto, amabilità colloquiale e toni
meditativi.
Su Retablo, l'opera da cui è tratto il passo che abbiamo riportato,
l'autore ha scritto, espressamente per Il sistema letterario, questa
breve ma preziosa nota esplicativa.
«Retablo», recita il dizionario, è «d'insieme di figure dipinte
o scolpite, rappresentante in successione lo svolgimento d'un fatto,
d'una storia». Appartiene quindi, la parola, alla sfera della
pittura e in questa sfera la sentii suggestivamente riproposta da
Roberto Longhi che, parlando di Antonello da Messina (il pittore che
doveva ispirare con un suo ritratto un altro mio racconto: Il
sorriso dell'ignoto marinaio), chiamava retablos le fiancate dipinte
del carretto siciliano. Ma scoprivo la parola caricata d'altro senso
ancora più suggestivo navigando per lo sconfinato mare, ricco
d'avventure e di miracoli, del Don Chisciotte di Cervantes: qui le
figure del retablo si sciolgono dalla loro fissità pittorica,
abbandonano la sacralità della rappresentazione e si mettono a far
teatrino profano, spettacolo popolare. Don Miguel, il grande
ironico, centrava poi il tema del retablo in un intermezzo teatrale,
El retablo de las meravillas: metafora dell'arte come illusione. Ma
illusione necessaria per fugare il sentimento della fugacità della
vita e del dolore. Siamo, come si vede, alla sorgente della favola,
del racconto: siamo a Shaharazàd che nelle Mille e una notte
racconta all'infinito per sfuggire alla morte.
Avevo immaginato, in un racconto scritto prima di retablo, in una
favola teatrale intitolata Lunaria, che la prima delle illusioni, il
primo retablo è la natura: il cielo sopra di noi con quella pallida
sembianza, vicina e consolante, che è la Luna; avevo immaginato che
il pianeta (come aveva sognato Leopardi) staccandosi e cadendo giù
dal cielo, gettasse l'uomo, privo d'illusione, di poesia, nello
smarrimento, nel panico dell'infinito, dell'eterno.
La parola retablo (parola oscura e sonora, che forse ci viene dal
latino retrotàbulum: il senso, per me, dietro o oltre le parole,
vale a dire la metafora) l'ho assunta nelle varie accezioni:
pittorica, shahrazadiana, cervantesiana... E a Cervantes ho carpito
anche i topoi della coppia e del viaggio o della coppia in viaggio.
A Cervantes, ma anche a tutti i viaggiatori del Settecento in
Sicilia, fra cui, il più famoso, Goethe. Nel mio Retablo i
viaggiatori sono il pittore milanese Fabrizio Clerici e il servitore
palermitano Isidoro, l'uno che si specchia nella follia amorosa
dell'altro, nell'amore come passione, nell'amore come dannazione per
due donne sfuggenti, irraggiungibili: rispettivamente per dona
Teresa Blasco (che sposerà Cesare Beccaria) e per la bellissima
Rosalia (che avrà ricchezza e fama come cantante).
Retablo è un viaggio nei luoghi "antichi" di Sicilia, un
viaggio nel tempo e nella storia, ma è anche un viaggio nella
natura e nella cultura. E della cultura, oltre che i resti
archeologici di città come Segesta, Selinunte, Mozia, fanno parte
anche i resti linguistici: il racconto è quindi anche
un'esplorazione delle stratificazioni linguistiche dell'Isola. È
strutturato infine, Retablo, proprio come un polittico: due
portelli-racconto laterali e speculari (quelli di lsidoro e Rosalia,
che citano però anche un contrasto d'amore della Scuola poetica
siciliana); una pala centrale (il racconto-diario di don Fabrizio);
una predella (pagine di un racconto che fanno da supporto a pagine
di un altro racconto). |