Sergio Corazzini
nasce a Roma nel 1886, compie gli studi sino al ginnasio, poi li
interrompe per le improvvise difficoltà economiche in cui viene a
trovarsi la famiglia (prima benestante). Si impiega presso una
compagnia d'assicurazioni. Con un gruppo di giovani amici - F.M.
Martini, C. Govoni, A. Tarchiani e
altri - costituisce una sorta di cenacolo letterario che dà anche
vita a una rivista, «Cronache latine», che ha però breve vita.
Dopo aver pubblicato giovanissimo alcune poesie in vernacolo, si
dedica alla lirica in lingua. Pubblica diverse scarne plaquettes di
poesie: Dolcezze (1904), L'amaro
calice (1905), Le aureole
(1905), Piccolo libro inutile (1906,
can Tarchiani), Elegia (1906), Libro per la
sera della domenica (1906). Muore a Roma in seguito alla tisi
nel 1907. Prima gli amici, poi diversi editori si incaricheranno di
raccogliere e pubblicare la sua produzione edita e inedita.
Si possono cogliere attraverso le sue poesie due direzioni di
sviluppo parzialmente diverse della lirica corazziniana e della
stagione poetica crepuscolare.
Nella Desolazione del povero poeta sentimentale emerge il Corazzini
più flebile e trasparente, il Corazzini che con accenti
vittimistici e persino masochistici (la fantasia della stanza VI)
parla della propria tristezza, del proprio dolore, indulge alle
lacrime e al pianto, ma soprattutto il Corazzini che adotta un
linguaggio dimesso, colloquiale, abbastanza trasparente (le valenze
simboliche del discorso sono scoperte). C'è però da osservare
almeno che il componimento è solo apparentemente una nuda
trascrizione di dati biografici. La critica recente ha anzi
insistito sulla letterarietà dell'operazione corazziniana, sui suoi
addentellati con molteplici fonti: un certo Pascoli
intimista, il D'Annunzio del
Poema paradisiaco - entrambi presto superati - e soprattutto una
schiera di minori simbolisti francesi e belgi: Jammes, Rodenbach,
Samain, Maeterlinck, Laforgue ecc. Osserviamo in proposito che tutto
il componimento è una sorta di grande litote: Corazzini nega a più
riprese di essere poeta, per affermare in sostanza un nuovo modello
di poeta (significativo che nel titolo non si rifiuti la qualifica
di poeta, ma si parli di «poeta sentimentale»). La concezione di
poeta che si nega è - come si è notato - quella del poeta che
assume una funzione pubblica, il poeta vate di memoria carducciana e
di attualità dannunziana. C'è dunque una consapevolezza letteraria
e culturale precisa dietro a questo testo, l'affermazione di una
poetica innovativa che a molti è parsa significativa di una svolta
profonda nella storia della poesia novecentesca. (Lo stesso ambiguo
rapporto tra letteratura e vita è un dato costitutivo di quasi
tutta l'esperienza decadente: significativo è caso mai che
Corazzini lo proponga non nelle sue varianti estetizzante o
vitalistica, ma in quella intimistico-vittimistica.)
La morte di Tantalo, viceversa, pur
non abbandonando le tematiche care a Corazzini e la dimensione
sentimental-religiosa, adotta un linguaggio decisamente diverso,
polisemico, talora oscuramente simbolico, denso di implicazioni non
tutte armonizzabili fra loro. È questa l'ultima lirica del poeta,
di poco anteriore alla sua precocissima morte, una lirica che a
qualcuno è parsa indicare la possibilità di un ulteriore inedito
sviluppo per la sua poesia e forse anche un'anticipazione di
successivi orientamenti della lirica italiana (si è proposto ad
esempio un rapporto con L'isola di Ungaretti).
Si può però ancora osservare che nel corpus necessariamente
non vastissimo della sua produzione, densa di molti dei topoi
(oggetti, luoghi, paesaggi comuni) della lirica crepuscolare, già
in precedenza a tratti Corazzini pareva dover imboccare la via di un
più teso e intenso simbolismo. È il caso di Toblack, una lirica in
cui un luogo di cura per malati di tisi viene trasfigurato dal poeta
- come ha acutamente rilevato il Solmi - in «un luogo astratto,
anticamera luminosa della morte». Ecco il testo di un sonetto, che
costituisce la seconda delle quattro parti in cui è diviso il
componimento:
Le
speranze perdute, le preghiere
vane, l'audacie folli, i sogni infranti,
le inutili parole de gli amanti
illusi, le impossibili chimere,
e tutte le defunte primavere,
gl'ideali mortali, i grandi pianti
de gli ignoti, le anime sognanti
che hanno sete, ma non sanno bere,
e quanto v'ha Toblack d'irraggiungibile
e di perduto è in questa tua divina
terra, è in questo tuo sole inestinguibile,
è nelle tue terribili campane
è nelle tue monotone fontane,
Vita che piange, Morte che cammina. |
Come si può osservare, notevoli, anche
dal punto di vista tematico, sono le affinità con La morte di
Tantalo.
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