IL NOVECENTO: ERNEST HEMINGWAY

 

Luigi De Bellis

 
 
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Ernest Hemingway, nato nell'Illinois nel 1899, visse una vita piena e movimentata: partecipò come volontario alla prima guerra mondiale sul fronte italiano, visse poi a Parigi negli anni Venti con quel gruppo di scrittori che furono definiti esponenti e cantori della "generazione perduta", viaggiò come giornalista in tutto il mondo e fu in Spagna durante la guerra civile, visse e celebrò - contribuendo con questo a dare una certa immagine di sé - l'avventura e il rischio. E tuttavia l'oscuro senso del nulla e dello scacco finale é presente sotterraneamente nella sua produzione; è però esorcizzato dai suoi eroi con una posizione agonistica di fronte alla natura (la caccia, la pesca, la corrida) è con la fruizione piena delle sensazioni, con il più completo immergersi nella natura, con una dilatazione della fisicità che goda onde possenti e verdi colline, luci e colori (in questa disposizione faunesca e ferina c'è un'indiscutibile derivazione decadente), Fiesta (1926), Addio alle armi (1929, nel quale il tentativo di colmare con l'esperienza amorosa il vuoto dell'esistere si infrange di fronte alla morte, per parto, della donna amata), le storie di caccia di Verdi colline d'Africa (1935), i Quarantanove racconti (1938), Per chi suona la campana (1940, ispirato alla guerra di Spagna), Il vecchio e il mare (1952, rilettura del Moby Dick di Melville ma con un'accentuazione del motivo della sconfitta) sono fra le sue cose più significative- Nel 1954 gli viene assegnato il premio Nobel.
Ma l'agonismo vitalistico che egli aveva praticato e celebrato poteva solo sino ad un certo tempo esorcizzare le inesorabili leggi naturali del decadimento fisico. Di fronte al quale, nel 1961, scelse il suicidio.

La conoscenza e lo straordinario successo di Hemingway presso i lettori italiani - un dato, questo (cioè la "ricezione" di un'opera letteraria), di cui nel nostro lavoro abbiamo tenuto il debito conto - sono alquanto posteriori a quelli di un Saroyan, di un Dos Passos e di altri autori del "mito americano", ma sono comunque una conseguenza a distanza, L' "onda lunga" di quel mito. I Quarantanove racconti di Hemingway ad esempio apparvero per la prima volta in traduzione italiana nel 1947.
Sul piano delle tecniche narrative la soluzione scelta da Hemingway in questo racconto - come in molti altri dei Quarantanove racconti - è quella del narratore interno: c'è un personaggio-narratore che dice io e parla in prima persona. Generalmente con questa soluzione il personaggio-narratore trasmette al lettore un congruo numero di informazioni, si qualifica, definisce progressivamente la sua personalità. In questo caso invece non avviene nulla di tutto questo, e l'intero racconto si caratterizza per la sua essenzialità, per l'oggettiva informazione che dà su una vicenda assai modesta - che si inquadra però in un evento di portata storica, la guerra civile spagnola. II narratore interno cioè si riduce a obiettivo e distaccato testimone che riferisce le preoccupate risposte del vecchio, e le provoca con domande per così dire "neutre" («Di dove venite?» «Che bestie erano?», ecc.).

Questa asciuttezza, questa essenzialità sono le caratteristiche di fondo, la cifra di Hemingway e di volta in volta producono diversi effetti. Qui - ma è un'impressione sulla quale si potrebbe discutere - ci sembra che esse mirino a presentare, all'interno di un evento di portata storica, un microcosmo individuale, limitato, circoscritto, modesto quanto si vuole, che tuttavia testimonia uno degli infiniti aspetti della vita
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