FRANZ KAFKA : LA LINGUA

 

Luigi De Bellis

 
 
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La lingua e il significato complessivo dell'opera

Tra i tanti elementi che hanno contribuito al successo dell'opera kafkiana non ultimo va annoverato il linguaggio. È quindi importante soffermarsi brevemente su questo problema, ben messo in luce da studiosi del calibro di L. Mittner e di R. Fertonani. Scopriamo innanzitutto una non piccola difficoltà di approccio al problema linguistico per connotazioni anche geografiche: Kafka proviene dalla tradizione ebraica ed è legato, seppure in modo problematico, ad essa; pur parlando correttamente il ceco, sua lingua madre, si forma, secondo i modelli della borghesia ebraica di Praga, nell'ambito della cultura tedesca, cioè della cultura della classe dominante. Il risultato che consegue a questa necessaria fusione di elementi diversi e persino opposti è un tedesco in cui si sommano caratteristiche di grazia e di eleganza, che però è facilmente "traducibile" in qualsiasi altra lingua con, estrema efficacia.

Al di là di queste notazioni linguistiche, è poi vero che Kafka ha lavorato lungo tutta la sua esperienza di narratore per costruirsi una lingua personale, originale e nello stesso tempo geometricamente precisa e addirittura "protocollare" che però conserva una dimensione complessivamente misteriosa. Il suo è l'impegno di un autore che costruisce una grammatica che sia utile ad esprimere una realtà senza grammatica, continuamente ambigua e lontana dalle pretese razionali dell'uomo. In altre parole egli crea uno strumento linguistico ed espressivo originale per la sua precisione e si propone parallelamente di dimostrare, come osserva il Mittner, che «lo scopo dell'arte non è rappresentare la realtà, bensì vanificarla, riconoscendola illusoria alla luce di una verità superiore».

Orbene, è proprio nel riconoscimento dell'illusorietà del mondo in cui l'uomo è calato che dobbiamo cercare la grandezza di Kafka, l'universalità e nel contempo l'attualità del suo messaggio. Egli ha lasciato alla cultura e in particolare alla letteratura del nostro secolo la scoperta di un mondo che è allo stesso tempo concreto e assurdo, poiché è incomprensibile, incommensurabile e impenetrabile. Kafka, insomma per primo ha esplicitamente detto che reale non è soltanto ciò che l'uomo può conoscere e spiegare razionalmente, ma anche, e forse soprattutto, ciò che è al di là del razionale, il sogno, l'inafferrabile, il trascendente. Di fronte a siffatta realtà l'io dell'uomo contemporaneo si scinde e si perde in una crisi senza soluzione. Il mondo, nella sua duplice realtà razionale e trascendente, rimane incomprensibile al soggetto, perché egli non riesce neppure a comprendere se stesso, lo scorrere della sua esistenza, cristallizzato com'è nei suoi schemi razionali. La vita, che è complessa e che si sviluppa su piani sovrapposti e contrapposti, si pone come irraggiungibile per l'individuo, che faticosamente riesce solo ad ancorarsi alla sua piccola, quasi meschina realtà personale. L'io e la vita sono grandezze incommensurabili e quindi il significato dell'esistenza sfugge alla ricerca conoscitiva. È dunque inutile pretendere di fornire risposte ultime e sicure, di possedere illuminanti certezze sulla vita, che sappiamo essere inesauribile flusso di contraddizioni.

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2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it