Tristan
Tzara nacque a Moinesti in Romania nel 1896. Dopo aver compiuto
studi di filosofia e matematica in patria emigrò a Zurigo, dove nel
1916 fondò con R. Huelsenbeck e H. Arp il movimento dadaista. Più
tardi, dopo essersi trasferito nel 1920 a Parigi, quando si sciolse
quel movimento aderì al surrealismo, dal quale si staccò nel 1935.
Progressivamente sì accostò al marxismo e durante la guerra di
Spagna espresse una posizione nettamente antifascista. Fra le sue
opere, altre ai Manifesti citati, sono da ricordare almeno la prima
avventura celeste del signor Antipyrine (1916), Venticinque poesie
(1918). L'uomo approssimativo e La carta incollata o il proverbio
dipinto (1930). Proseguì la produzione letteraria anche nel secondo
dopoguerra con opere che, in forme più composte, rivelano i suoi
nuovi orientamenti ideologici e il suo impegno morale e civile (ad
esempio La fuga, 1947). Mori a Parigi nel 1963.
Manifesti dei dadaismo
Si tratta di un testo che oscilla tra la volontà di spiegare lo
spirato e il programma del movimento dadaista e la diretta
manifestazione di questo sparito, che trova i suoi punti di forza
nella distruzione delle convenzioni e dei modelli; nella
provocazione, nel paradosso e nel nonsense.
Anti-artistico, antiletterario, antipoetico è dunque Dada. La sua
volontà di distruzione ha un bersaglio preciso, che è in parte lo
stesso bersaglio dell'espressionismo; ma i suoi mezzi sono ben più
radicali. Dada è contro la bellezza eterna, contro l'eternità dei
principi, contro le leggi della logica, contro l'immobilità del
pensiero, contro la purezza dei concetti astratti, contro
l'universale in genere. Esso è invece per la sfrenata libertà
dell'individuo, per la spontaneità, per ciò che è immediato,
attuale, aleatorio, per la cronaca contro l'atemporalità, per ciò
che è spurio contro ciò che è puro, per la contraddizione, per il
no dove gli altri dicono sì e per il sì dove gli altri dicono no,
è per l'anarchia contro l'ordine, per l'imperfezione contro la
perfezione. Quindi, nel suo rigore negativo è anche contro il
modernismo, contro cioè l'espressionismo, il cubismo, il futurismo,
l'astrattismo, reputandoli in ultima analisi dei surrogati di quanto
è andato o sta per andare distrutto, cioè dei nuovi punti di
cristallizzazione dello spirito, il quale mai deve essere
imprigionato nella camicia di forza di una regola, sia pure nuova e
diversa, ma sempre dev'essere libero, disponibile, sciolto nel
continuo movimento di se stesso, nella continua invenzione della
propria esistenza. Nessuna schiavitù, neppure la schiavitù di Dada
su Dada. In ogni momento, per vivere, Dada deve distruggere Dada.
Non esiste una libertà fissata per sempre, ma un incessante
dinamismo della libertà, in cui essa vive negando continuamente se
stessa.
Il dadaismo è quindi non tanto una tendenza artistico-letteraria,
quanto una particolare disposizione dello spirito, è l'atto estremo
dell'antidogmatismo, che si serve di qualsiasi mezzo per condurre la
sua battaglia. Il gesto quindi più che l'opera interessa Dada; e il
gesto può essere compiuto in qualsiasi direzione del costume, della
politica, dell'arte, dei rapporti. Una sola cosa importa: che tale
gesto sia sempre una provocazione contro il cosiddetto buon senso,
contro la morale, contro le regole, contro la legge; quindi lo
scandalo è lo strumento preferito dai dadaisti per esprimersi.
Da questo punto di vista il dadaismo va anche oltre il significato o
la semplice nozione di movimento per diventare un modo di vita. Il
senso della sua aspra polemica contro l'Arte e la Letteratura con la
maiuscola dev'essere visto proprio nel fatto che in esse,
ipocritamente tese a cogliere i "valori eterni dello
spirito", la vita era stata abolita, segregata. Dada era invece
il desiderio acuto di trasformare in azione la poesia. Era insomma
il tentativo più esasperato di saldare la frattura tra arte e vita,
di cui Van Gogh e Rimbaud avevano dato il primo drammatico annuncio.
Molti elementi posticci ed esteriori si mescolarono al dadaismo sin
da principio, ma non c'è dubbio che tale è il suo significato più
vero. |