William Butler Yeats nasce a Sandymouth (Dublino) nel 1865; tra il 1867 e il 1880 è con la famiglia a Londra dove ha la sua prima formazione; rientrato a Dublino compie gli studi superiori alla Metropolitan School of Art. Frattanto compone i primi versi, che pubblica nel 1885. Si interessa di scienze occulte. Nuovamente a Londra dal 1887, approfondisce gli studi filosofici ed esoterici, che saranno per lui un costante oggetto di interesse e studio, e viene a contatto con la cultura del decadentismo e del simbolismo. La sua prima maniera poetica, nelle varie raccolte di questi anni, è però ispirata soprattutto al patrimonio mitico e leggendario irlandese. Entra anche a contatto con ambienti nazionalisti irlandesi e scrive dei drammi ispirati al movimento di liberazione di quel paese. La sua produzione più significativa per lo sviluppo della cultura europea è però quella simbolistica successiva (caratterizzata dalla presenza di forti componenti mistico-filosofiche), che si concreta nelle raccolte liriche L'elmo verde (1910), Responsabilità (1914),
I cigni selvatici a Coole (1919), Michael Robartes e la ballerina (1921), La torre (1928), La scala a chiocciola (1933), ecc.. Nel 1917 si sposa con Georgie Hyde-Lees, una studiosa di dottrine místeriosofiche; frequenta anche la Società teosofica di Madame Blavatsky e raccoglie le sue complesse meditazioni filosofiche e teosofiche in alcune opere saggistiche. Nel 1923 ottiene il premio Nobel. Muore a Roquebrun-St.Martin, in Francia, nel 1939.
Verso Bisanzio
Il maggior poeta di lingua inglese tra i due secoli è certo il simbolista irlandese William Butler Yeats, che noi proponiamo qui più per il suo valore assoluto che per l'effettiva risonanza nella cultura italiana, che lo conobbe - a parte poche eccezioni - tardi e male. Del lunghissimo arco della sua produzione, che va dal 1889 al 1939, proponiamo, benché tardo, un componimento fra í più celebri; Sailing to Byzantium, del 1926, in cui la tensione simbolista verso altri luoghi e altri mondi più perfetti, trova la sua incarnazione in una mitica Bisanzio, «città dell'arte, al di fuori del tempo e dello spazio», «città dell'immaginazione».
Yeats scrisse questo autocommento di Sailing to Byzantium: «Sto ora cercando di scrivere sulla condizione della mia anima, perché è giusto che un vecchio si prepari alla morte, e alcuni dei miei pensieri su quell'argomento si trovano in una poesia dal titolo Sailing to Byzantium. Quando gli irlandesi miniavano il Book of Kells (nell'VIII secolo) e ornavano di pietre preziose i pastorali del National Museum, Bisanzio era il centro della civiltà europea e la fonte della sua filosofia spirituale, per cui, con un viaggio a quella città, io rappresento simbolicamente la ricerca della vita spirituale».
A.L. Johnson, che riferisce questo passo, osserva che «Bisanzio era una "città sacra" perché era la capitale della cristianità d'Oriente; inoltre, Yeats vedeva nella civiltà bizantina realizzarsi la discesa del sovrannaturale verso l'uomo, mentre l'altra civiltà, da Yeats tanto esaltata, il Rinascimento, realizzava l'ascesa dell'uomo verso il sovrannaturale». Yeats in un altro suo scritto fa a questo proposito osservazioni illuminanti: «Se mi fosse concesso di vivere un mese nell'Antichità e la facoltà di trascorrerlo dove preferisco, credo che vorrei passarlo a Bisanzio, un po' prima che Giustiniano aprisse S. Sofia [nel 537 d.C.] e chiudesse l'Accademia Platonica. Credo che potrei trovare in una qualche osteria un mosaicista "filosofo" che saprebbe rispondere a tutte le mie domande, poiché il sovrannaturale discende più vicino a lui che allo stesso Plotino. Credo che agli inizi della civiltà bizantina, forse mai prima di allora né dopo nella storia di cui si ha memoria, la vita religiosa, estetica e pratica erano un tutt'uno, e che l'architetto e l'artefice [...] si rivolgevano parimenti alla massa e ai pochi.
Il pittore, il mosaicista, coloro che lavoravano l'oro e l'argento, il miniaturista di libri sacri erano quasi impersonali [...], tutti presi dal loro soggetto che era la visione di un intero popolo». Ancora Johnson annota: «Il ruolo "sacro" dell'artista nel condurre le anime alla loro vera meta nell'eternità [...] è definito in un brano fondamentale in The Tables of Law: "Così come poeti, pittori e musicisti lavorano alle loro opere, costruendole con materiali leciti e illeciti, pur di dar corpo a quella bellezza che dura oltre la tomba, questi figli dello Spirito Santo [cioè ispirati dall' "holy fire" del v. 17] lavorano [...] con gli occhi rivolti a quella sostanza luminosa su cui il tempo ha ammucchiato gli scarti della creazione; perché il mondo esiste solo per essere un racconto porto alle orecchie delle generazioni a venire; e il terrore e la gioia, il nascere e il morire, l'amore e l'odio, e il frutto dell'Albero, non sono che strumenti di quell'arte suprema che dovrà strapparci alla vita e farci entrare nell'eternità ["gather us into eternity"] come colombi nella colombaia».
Il viaggio verso Bisanzio è dunque un viaggio simbolico, alla ricerca dell'elevazione spirituale. Tramite al divino è per Yeats essenzialmente l'arte («i monumenti dell'intelletto che non invecchia»). Bisanzio è allora mitica città sacra perché al tempo stesso centro della cristianità e della civiltà europea, luogo saturo di arte e di cultura, in un'epoca remota quando in nessun altro luogo vi erano cultura e civiltà paragonabili a quella bizantina. E in questo senso Bisanzio diviene per Yeats «città dell'arte, al di fuori del tempo e dello spazio». |