Luigi
De Bellis

 


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Sibilla Aleramo



UNA DONNA


Fu composto tra il 1901 e il 1904. Rifiutato dagli editori Treves e Baldini & Castoldi, fu infine edito da STEN, con la data 1907 (in realtà il volume era uscito nel novembre dell'anno precedente).

Il romanzo, di chiara impronta autobiografica, si compone di ventidue capitoli nei quali la protagonista rievoca in prima persona le vicende della propria vita, a partire dalla fanciullezza fino alla maturità. Le prime pagine sono dedicate al rapporto della protagonista con il padre, che la predilige e le trasmette quegli ideali di forza e di indipendenza nei quali egli stesso crede. Più debole il contatto con la madre che risulta al confronto una figura sbiadita e molto chiusa in se stessa. Quando il padre, che è ingegnere, decide di abbandonare Milano per andare a dirigere un'industria chimica nel Meridione, l'intera famiglia si trasferisce e la ragazzina, allora quindicenne e piena di curiosità e di entusiasmo, collabora attivamente alla fabbrica come segretaria. Con il suo atteggiamento anticonvenzionale e sprezzante tra gli operai, suscita la meraviglia della gente del paese. Il tentato suicidio della madre (che sopravvive ma resta preda di un demenza progressiva) mette a nudo le tensioni che si erano accumulate tra i coniugi. La scoperta di una relazione extraconiugale del padre, contro il quale la ragazza prende apertamente posizione (e ciò causerà la rottura del rapporto affettivo con lui) e l'avvio di un intreccio amoroso con un giovane impiegato della fabbrica (che l'ha violentata) segnano nella protagonista, adolescente, l'ingresso nel mondo degli adulti.

Il matrimonio, accettato senza gioia, viene vissuto come una perdita ulteriore di libertà, anche perché il marito si rivela una persona gretta, lontana dai suoi interessi; neanche la nascita di un bambino modificherà sostanzialmente la situazione. Per avere risposto alle attenzioni di un uomo, viene brutalmente maltrattata dal marito e segregata in casa per un certo periodo, durante il quale la giovane si rende conto che il bambino è il suo unico vero affetto, il solo legame che la trattenga a vivere una vita nella quale non si riconosce; quindi, in un momento di sconforto, tenta anche lei il suicidio.

In seguito a un dissidio con il suocero, il marito decide di trasferirsi a Roma per intraprendere un'attività commerciale, mentre lei avvia con notevole successo una collaborazione giornalistica con un periodico femminile. Qui approfondisce la sua presa di coscienza femminista e le si fa sempre più chiara la necessità che una donna, per essere tale, debba esprimersi anche al di fuori della famiglia e conquistare una vita indipendente. In questo senso l'esempio di sua madre - un'esistenza sacrificata ai figli e totalmente infelice - diventa il punto di partenza per una difficile ma necessaria rigenerazione. Trova conforto nelle conversazioni con un uomo che ha intrapreso un cammino di ricerca spirituale, ma il marito, equivocando su quella relazione, la maltratta nuovamente; il suo proposito di abbandonare la casa coniugale viene frenato solo dalla minaccia di non poter portare con sé il bambino. La scoperta di una malattia venerea nel coniuge e le sue ricorrenti gelosie e meschinità la indurranno però, ben presto, alla scelta definitiva: per non ripetere un percorso di plurisecolare soggezione, per dignità verso se stessa e per dare un esempio positivo alle generazioni future, deve trovare il coraggio di affrontare un destino diverso da quello imprigionato tra le pareti domestiche e, dopo un doloroso travaglio, si risolve a lasciare la casa e il bambino. Proprio al figlio è rivolto il libro, per spiegare e rendere ragione a lui del tormentato itinerario che come donna e come madre l'autrice-protagonista ha sentito di dover percorrere.

Il romanzo, pur rappresentando assai fedelmente le vicende biografiche dell'autrice (che per la prima volta firma con lo pseudonimo di Sibilla Aleramo), presenta un impianto fortemente letterario, e compiuta autonomia di carattere hanno i personaggi, tutti privi di nome: «Se molti sono gli elementi autobiografici, il libro non può dirsi come genere letterario un'autobiografia, ma è un vero e proprio romanzo» (Maria Corti). L'opera ebbe larga risonanza per la tematica femminista e per la qualità della scrittura. Al momento della pubblicazione fu al centro di un intenso dibattito ed ebbe grande successo di critica e di pubblico. È stato tradotta, fra l'altro, in francese, tedesco, inglese, spagnolo, svedese, polacco, danese, olandese. Ne è stato tratto uno sceneggiato televisivo che la Rai ha mandato in onda nel 1977, con la regia di Gianni Bongioanni; sceneggiatura dello stesso Bongioanni e Carlotta Wittig; protagonista Giuliana De Sio; altri interpreti Ileana Ghione, Biagio Pelligra, Ivo Garrani Emilio Cigoli.

 

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