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De Bellis

 


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I cristalli di Vienna

 
 

 

 
 

 

 
     

 





Giuliana Morandini



I CRISTALLI DI VIENNA: Romanzo


Elaborato in parte tra il 1974 e il 1975, diviso in tredici capitoli, il romanzo racconta l'infanzia di Elsa, una donna che, viaggiando in treno verso Vienna, ripercorre con la memoria i luoghi che l'hanno vista bambina, tra i giochi, l'indifferenza familiare, le proibizioni e la solitudine. Tutto ha inizio da uno scambio di battute in lingua tedesca con un altro passeggero, mentre il treno sta attraversando la campagna friulana, vicino al paese dove la protagonista è nata. Le immagini del ricordo si sovrappongono alla veduta della casa dove ha passato la prima infanzia; ricompaiono così i luoghi più riposti (dove, da bambina, si nascondeva per fantasticare, mentre genitori e parenti la cercavano) e gli ampi spazi di certe stanze, come il tinello, che le erano invece vietati. Dal ripostiglio può vedere gli incontri amorosi della zia, le discussioni dei parenti o la nonna che beve. Si ripresentano anche i personaggi della sua famiglia: il padre con una misteriosa ferita in fronte, la madre, la nonna con la sua curiosa parlata in vernacolo. La violenza della guerra era giunta anche in quel paese con l'arrivo di soldati tedeschi che avevano requisito la casa per farne il loro comando. Questo evento aveva sconvolto l'ordine interno della casa, ma era stato anche motivo per una rivalsa della bambina. Elsa, al contrario degli altri membri della famiglia, parlava la loro lingua e ciò le aveva permesso di stabilire con due di essi una particolare intesa e di essere investita di una certa autorità ai loro occhi. Il primo era Willy che le regalava spesso confezioni di marmellata, l'altro era il misterioso comandante Hans.
La preparazione di una cena ufficiale del comando tedesco era stata l'occasione per un cambiamento radicale nella vita della piccola. Per il banchetto erano stati requisiti alla sua famiglia i bicchieri di cristallo che una bisnonna aveva portato da Vienna. La bambina aveva assistito all'arrivo di alcune donne che dovevano tenere compagnia agli ufficiali tedeschi. Una certa Iudith, una ragazza ebrea molto bella, vestita con un elegante abito di seta viola, aveva attirato la sua attenzione. Dal nascondiglio segreto, poi, Elsa aveva guardato Hans e Iudith mentre amoreggiavano, con la donna vittima predestinata di una morte purificatrice. Infatti, poco dopo, un bombardamento aereo aveva distrutto quasi completamente l'ala nobile della casa occupata dai nazisti. Era invece salva la parte della casa rimasta alla sua famiglia, che includeva il grande focolare presso cui si ritrovavano per ascoltare segretamente Radio Londra. Avventuratasi nella sala da pranzo, la bambina aveva visto il corpo di Iudith senza vita sul pavimento e quello del tedesco, che si era salvato per miracolo. I cristalli di Vienna erano andati in frantumi e così la sua infanzia. Erano state distrutte proprio quelle stanze dove Elsa andava a rifugiarsi, e così le sue fantasie e le sue illusioni non potevano più essere ricomposte. Nella vita della bambina s'insinuava una crescente estraneità verso la propria famiglia, di cui la ferivano l'inerzia e l'indifferenza.

Intanto gli alleati stavano avanzando verso Nord, mentre tedeschi e repubblichini si ritiravano. In paese c'era stato un agguato ad alcuni soldati tedeschi usciti per una ricognizione e ora si cercavano i colpevoli; dopo aver catturato cinque uomini, i tedeschi li avevano fucilati. Il presentimento della sconfitta li aveva resi rabbiosi e più crudeli. In seguito si erano macchiati di altre violenze, ma queste atrocità rivelavano la loro disperazione, la loro incapacità ad accettare la ritirata. Elsa avvertiva i cambiamenti soprattutto osservando il giovane Hans che era sopravvissuto al bombardamento; i tedeschi rimasti nella casa attendevano la propria fine da un momento all'altro. Quando si erano decisi a fuggire, si erano portati via oggetti e suppellettili, tra cui i superstiti bicchieri di cristallo. La vita di Elsa si era trasformata in un'esistenza monotona e incerta, di paura e di dubbio. L'arrivo degli alleati aveva suscitato sentimenti contrastanti: tutti avevano fretta di dimenticare. A Willy, il tedesco, sul sidecar, si era sostituito Jimmy, sulla jeep. Alla confezione di marmellata, la gomma da masticare e la cioccolata. Con gli americani era giunta anche la primavera e una vitalità non del tutto autentica. Elsa conservava il ricordo di Iudith morta. Vagabondava per i campi, oppure si rifugiava nello sgabuzzino, dove continuava a udire voci che la chiamavano invano. Giocava insieme ai maschi, eppure, con le prime mestruazioni, aveva avvertito la differenza che la separava da loro.
Il treno, infine, giunge a Vienna e il racconto ritorna al punto di partenza. Elsa si aggira per la città tentando il recupero di «qualcosa di perduto che non cessava di farla soffrire». Alla visione dei monumenti e delle strade della capitale austriaca continuano a sovrapporsi i ricordi, le immagini dolorosamente vive di un'infanzia perduta.

«Virtù del libro è proprio di essere coraggiosamente se stesso, labile ma inflessibile come un sogno, dolceamaramente svagato come un'affabulazione nel dormiveglia, senza connessioni logiche, come il lampo di un pensiero o di un'intuizione» (Italo Alighiero Chiusano). L'azione della memoria si svolge in tempi ristretti e nello spazio limitato della casa di campagna; le azioni interiori, invece, si espandono in tempi e spazi più ampi, alterando l'ordine cronologico con le libere e spontanee associazioni della bambina, a cui si aggiungono le sue esperienze successive. La narrazione si svolge così su due livelli: il mondo della campagna friulana rappresentato dalla nonna che si esprime in dialetto e la cultura mitteleuropea di cui Morandini è grande conoscitrice.

 

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