Pubblicato nella collana «I Libri azzurri», il romanzo, non suddiviso in
capitoli, si presenta come una narrazione continua, interrotta da due storie di
donne -Storia di donna Augusta e Storia di donna Teodosia -riportate come esempi
della passione favolistica della madre della protagonista. È questo un elemento
che collega l'opera della Negri ai modelli della tradizione romanzesca
femminile.
La trama si riduce al racconto dell'infanzia e dell'adolescenza della povera
Dinin, cresciuta, all'ombra della famiglia di signori per i quali la nonna
lavora come portinaia, accanto alla madre vedova e operaia. L'autrice, nella
discreta ma manifesta partecipazione alle vicende della protagonista, futura
maestra elementare, ne sottolinea le difficoltà sociali e familiari, attenta al
tema del riscatto delle classi più povere e della disuguaglianza: «Vi è fra lei
e la signora qualcosa d'inconciliabile, che più cresce con il crescere degli
anni: inimicizia senza remissione, fra lei e tutti coloro i quali han bisogno di
qualcuno che apra loro il cancello quando tornano a casa in carrozza, e non
vogliono essere derubati dei fiori che rallegrano gli occhi di tutti».
Nell'ambito di una narrazione piuttosto povera di eventi diviene emblematico,
verso la fine, l'episodio dell'incidente in fabbrica: qui l'esplosione della
rabbia coincide in Dinin con una presa di coscienza della propria condizione e
assume i toni vibranti della protesta: «Sedici anni d'officina La vita di
un'operaia - di quell'operaia - a chi deve importare? Guadagna abbastanza per
non morire di fame, lei e la sua bimba: è contenta: ne ringrazia Iddio; ma non
capisce che la derubano? Non c'è nessuno che la difenda?».
Vittoria, la madre di Dinin, precipitata nella miseria dopo la morte del marito,
ha dovuto affidare il primogenito maschio alle cure e alla pietà di una famiglia
di parenti. Il ragazzo è una delle rare figure maschili di Stella mattutina,
dove il mondo degli uomini rimane sostanzialmente estraneo alle vicende della
protagonista. Diplomatasi, ella si riappropria di sé attraverso la forza
emancipatrice del lavoro e, soprattutto, mediante l'istruzione e l'amore per la
cultura: «Sarebbe bastato che la mamma le dicesse: - Io non posso mantenerti
agli studi. - E allora il telaio, le tredici ore di fatica, la polvere di lana
nello stomaco, le mani sporche, la visita alle tasche: - E non studiare, non
sapere; non leggere l'Iliade e la Divina Commedia. Una pecora del gregge. Le
sarebbe possibile? No. Sente che in qualche modo si saprebbe liberare». La
ragazza vuole liberarsi da un ruolo che ha imparato a conoscere e temere grazie
all'intenso rapporto con la madre e al tramandarsi di una comune esperienza
femminile, attraverso storie di donne, tutte vittime di amori sfortunati, tutte
soggette, povere o ricche, a una qualche tutela, costrette a riconoscersi
nell'unica dimensione del sentimento e del sacrificio. Così, è dalla voce
«aspra, imperiosa, piena di letizia e di prepotenza» del gallo - immagine questa
volta maschile - che la giovane sente cantare «con allegria aggressiva, quasi
feroce», la nuova regola a cui la vita la chiama: «Su! Basta dormire! Basta
sognare! Su, al lavoro! Scampo non c'è! Lavorare? per essere degna di vivere?
Benissimo! Finora ha covato, raccolta: zolla nella notte. La sveglia brutale dei
galli fa a strappi il silenzio, ferisce il raccoglimento; ma anch'essa è
necessaria; e, perché necessaria, sacra».
Sebbene scritto in terza persona, il romanzo è scopertamente autobiografico ed
ebbe straordinario successo per l'immediatezza e la forza evocativa della
scrittura, semplice, paratattica, assai prossima alle suggestioni della poesia.
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