Luigi
De Bellis

 


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Gli eredi del vento

 
 

 

 
     
     
     

 





Michele Prisco



GLI EREDI DEL VENTO: Romanzo


Vinse il premio Venezia per inediti. La fortuna dell'opera è testimoniata dalle cinque ristampe uscite nei due anni successivi alla prima edizione.
Il romanzo, suddiviso in quattro parti di sei capitoli ciascuna, è ambientato nella campagna vesuviana. Racconta la storia di un uomo che, attraverso l'astuzia, l'inganno e la seduzione, riesce ad affermare la logica dell'interesse e dell'accumulazione di verghiana memoria, all'interno di una società - quella della provincia meridionale -caratterizzata da un'inesorabile monotonia e da un'atavica indolenza, scandita dalla ritualità di cerimonie e comportamenti.

La vicenda inizia con il protagonista, il giovane maresciallo Nicola Mazzù, sul treno che lo conduce alla sua nuova sede, la stazione dei carabinieri della contrada di Santa Maria la Bruna. Il maresciallo guarda alla nuova destinazione, che per lui costituisce una promozione, in modo positivo; in particolare, per affermarsi nel nuovo ambiente, confida nel carattere e nelle proprie capacità di comando. L'occasione gli viene offerta, il giorno stesso del suo arrivo, dalla rapina subita dalla signora Lambiase, di ritorno da un ballo. Mazzù ha cosi modo di conoscere subito i notabili del luogo, che si recano immediatamente in caserma per la denuncia, e in particolare la famiglia del medico, Costantino Damiano. Il desiderio di piacere e l'innata cortigianeria, nonché una serie di eventi fortunati che portano al quasi totale recupero della refurtiva, fanno sì che il maresciallo riesca a entrare nel giro delle famiglie più ragguardevoli come un personaggio di tutto rispetto. Tuttavia egli non è certo di essere effettivamente accettato in quell'ambiente così diverso da quello delle sue origini. Spesso invitato a casa del dottor Damiano, ne conosce le cinque figlie, Antonietta, Nerina, Francesca, Giovanna e Lisa. Queste, orfane di madre, vivono in una specie di isolamento cui le costringe il padre di indole solitaria; e, nonostante il loro notevole patrimonio terriero, non hanno ancora trovato pretendenti. Ciò fa nascere nella mente del giovane un preciso e perverso progetto per imporsi a pieno titolo nella società locale: dopo accurate indagini catastali, egli decide di chiedere in moglie la primogenita del medico, Antonietta, la quale dapprima lo evita, poi, impacciata e irretita dall'abile corte del giovane, accetta.

Il matrimonio dà a Mazzù una nuova sicurezza economica, ma non risolve tatti i problemi. Il suocero si sforza invano di provare per lui una sincera amicizia, la cognata più giovane Lisa, diffidente, lo evita e Francesca, la più sensuali delle sorelle, coltiva sempre più vergo di lui un sentimento ambiguo. Alla fine questa corrente di repulsione e attrazione che vibra tra Nicola e Francesca esplode e i due diventano amanti, ma il loro amore è avvelenato dai sensi di colpa della ragazza. L'uomo, dal canto suo, percepisce le insidie del rapporto, ma sembra trarre piacere dall'umiliazione della donna, che tuttavia non riesce a soggiogare completamente. L'unico episodio di autentica commozione si ha quando Antonietta, che aspetta finalmente un bambino, muore insieme con la sua creatura cadendo da una scala. Nicola è sinceramente sconvolto; però Francesca, a questo punto, gli chiede di sposarla ma egli, un pò per dispetto e soprattutto per calcolo, le preferisce la secondogenita Nerina. Dalle nuove nozze il maresciallo ottiene nuove terre e un erede, Michelino, mentre matura la decisione di congedarsi dall'arma per occuparsi dei propri affari e di quelli del suocero. Dopo aver provocato, per gelosia, la rottura tra Francesca e un corteggiatore, egli torna a esercitare il suo dominio sulla cognata. Nerina muore di polmonite e, ancora una volta, Francesca si propone per delle nozze riparatrici. Il matrimonio questa volta avviene, a seguito anche di una drammatica confessione della ragazza che svela ai familiari la relazione, costringendo così Nicola a sposarla, La loro unione non è felice: Francesca è consapevole delle colpe che hanno minato la serenità della famiglia e - come ricorda il monito biblico presente nell'epigrafe al libro: «chi porta scompiglio nella casa erediterà vento» - sa di meritare le proprie sofferenze. Più avanti confesserà alla sorella Lisa: «Ho capito tutto il male che ho seminato in questa casa». Colpita da un male incurabile e schiacciata dai rimorsi, la donna trova rifugio nella fede, mentre gli ultimi giorni di ospedale la allontanano da casa, che, anche a causa sua, è ormai diventata un luogo di diffidenza e di rancore.

La scomparsa di Francesca, la paralisi e la morte del suocero e le conseguenti eredità suscitano sempre più in Nicola un'autentica e frenetica bramosia di possesso. Arriva a domandare alle due cognate superstiti - Giovanna e Lisa, la quale lo ha sempre detestato e che a suo tempo aveva scoperto la relazione con Francesca - di donare le proprie quote di terra a Michelino. Al loro rifiuto, preso ormai dal demone della cupidigia, decide di circuire la povera Giovanna che, nonostante gli avvertimenti di Lisa, non riesce a sottrarsi alle sue lusinghe e accetta di sposarlo. Avrà da lui una bambina e, dopo una lunga ossessione che la porterà gradualmente alla follia, si toglierà la vita. Lisa, ormai rimasta sola, sente riecheggiare nella mente il monito dell'ultima sfortunata sorella («Anche tu non sfuggirai al tuo destino!»), si rassegna e chiede lei stessa al cognato di sposarla. Affinché il cerchio si chiuda e il destino si compia, mentre cala il sipario sull'allucinante tragedia familiare, dovrà anche lei compiere il percorso delle sorelle.

li romanzo, che si snoda attraverso un lungo pericolo di tempo, coglie con attenzione sia i cambiamenti nella società di provincia, dalle carrozze alle prime automobili, sia la continuità di certa angusta mentalità. I personaggi sono tutti analizzati con precisione, dal loro primo apparire fino a quando acquistano maggiore rilievo, su uno sfondo in cui la natura, ora rigogliosa ora brulla a seconda delle stagioni, appare lontana, se non ostile, nei confronti delle vicende umane.

 

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