Luigi
De Bellis

 


 HOME PAGE 
  
Opere riportate:

     
 

Frammenti lirici

 
 

 

 
 

 

 
     
     

 





Clemente Rebora



FRAMMENTI LIRICI: Raccolta di poesie


Alla prima edizione seguì, nel 1947, una seconda edizione a cura di Piero Rebora (Le poesie 1913-1947, in cui il testo dei Frammenti lirici apparve con notevoli modifiche (prima fra tutte l'introduzione di titoli per le varie poesie), poi parzialmente ricusate.

Alla base dei Frammenti lirici c'è un'inquietudine esistenziale, un'ansia di verità, che viene attivata nella ricerca metafisica di principi spirituali e nel bisogno di diffondere nel mondo bontà e purezza. Il cammino lirico di Rebora, del resto, sarà tutto orientato su questa linea di partecipata riflessione sulla vita, fino alla conversione religiosa e alla scelta dell'ordinazione sacerdotale: «Tutta la mia poesia è espressione di intensa umanità e di profonda fede in Dio, attesa prima, vissuta nella pienezza della Grazia poi» , dirà infatti l'autore giudicando a posteriori la propria opera poetica.
Il momento creativo della prima raccolta, quindi, mostra già il futuro sviluppo di convinzioni qui ancora manifestare, attraverso brevi e intermittenti illuminazioni di salvezza, fra dubbi e fermenti del pensiero. Nelle settantadue liriche che compongono il testo, il tema dominante è il «contrasto fra l'eterno e il transitorio», via via espresso attraverso le opposizioni metaforiche di natura e storia, città e campagna. In queste «poesie di sterco e di fiori» (XLIX), poesia terrestre e insieme spirituale, Rebora riversò tutta la sua partecipazione alla vita nella forma di una vibrante e sofferta autobiografia in versi.

Nel perenne conflitto tra bene e male, che sembra stringere la volontà umana, vive una realtà ingannevole e sempre diversa, in attesa di un'indicazione salvifica che ne riscatti il corso naturale con generosità e altruismo. «L'egual vita diversa urge intorno; / cerco e non trovo e m'avvio / nell'incessante suo moto»: così ha inizio il canzoniere di ispirata meditazione, che proprio nel rapporto con la sfuggente entità della vita porta il poeta a esprimersi in maniera altamente totalizzante («E quando per cingerti io balzo / - sirena del tempo - / un morso appena e una ciocca ho di te: / o non ghermita fuggi, e senza grido / nel pensiero ti uccido / e nell'atto mi annego»).

Nonostante il titolo di evidente gusto vociano, una potente tensione unitaria sostiene i Frammenti che si organizzano in un coerente sistema di sviluppo espressivo nell'intento di comunicare una realtà più profonda e autenticamente sentita. Il dettato di mistico espressionismo che informa i vari testi si spiega e si giustifica nel continuo riferimento, che sarà costante per tutto il corso dell'opera, a un lettore che sa cogliere il non detto, l'implicito, e che autorizza l'oscurità delle varie manifestazioni del sentimento con la sua muta partecipazione: «Qui nasce, qui muore il mio canto: / e parrà forse vano / accordo solitario; / ma tu che ascolti, recalo / al tuo bene e al tuo male: / e non ti sarà oscuro».

Il contatto con la realtà e la quotidianità della vita viene indicato sia per via teorica («Obliosi sogni schivi, / qui si combatte e muore: / nelle faccende è l'idea», II) sia attraverso immagini di luoghi e personaggi. Lo stile di Rebora è sempre sorretto da una vena di mistica musicalità che sostanzia il dettato lirico denso di care presenze benigne. Il paesaggio campagnolo o naturale in genere rivela un mondo familiare e buono in cui la riflessione dell'autore trova conferme continue alla sua appassionata visione delle cose: «Sopra gli uomini, in vere leggi pure, / accomuna il mistero della sorte / allegrezze e sciagure: / del male è il bene più forte» (XVIII). La rievocazione dell'infanzia, con la figura centrale della madre, si ricollega sempre alla riflessione sul presente e al timore di fronte a un futuro incerto nella consapevolezza della molteplicità del reale: «Or, come il sangue qui in me, / necessario e tortuoso / son dentro nella vita; / incertamente la memoria grava / il mucchio del passato, / e preciso al suo luogo spietato / con paura e dolore il presente s'incastra / ... / Come saetta ch'aria in luce stringe, / o realtà, essere in te vorrei: / ma in un concreto e alterno / svariar perdo il senso / del tuo vortice eterno» (XXV).

Un pensiero morale o un dato esistenziale è sempre presente nei vari componimenti, che un linguaggio composito contribuisce a sorreggere con insolita energia. Quando però il discorso lirico si fa più disteso, il poeta si abbandona ad aperture improvvise di fronte alla vita: «Nel vuoto sostare dell'aria ascoltante / la voce mi palpita in cuore; / e le bellezze ripenso che sole / vaniscon senza amore: / baleno d'oro non giunto al guizzo, / piante nel succhio divelte, tizzo / scordato sotto la cappa / a sognare la fiamma, / alito non respirato, / baci non schiusi, / forte corpo senza amplesso. // Dai clivi si versa si esala dispera / l'umido ombrare violetto: / a casa, a spremer la sera!» (XXXI).

Ricorrente, in questa poesia trasognata, è il vagare solitario tra strade di città in cui una pioggia incessante o l'atmosfera della sera spingono più propriamente il poeta al canto dell'angoscia e dell'attesa. Il sentimento del semplice, del rustico, invece, accende sempre vampate di ottimismo. La gente umile e la dolcezza dei legami familiari diventano simboli di affetti puri e di vita in sintonia con l'anelito alla salvezza nel credo di un'esistenza da vivere fino in fondo con appassionata partecipazione: «Bello incrociar la vita / nella maglia del tutto / e mirarne il disegno / e il guizzo d'ogni punto» (LXXI).
Lo stile musicale, ispirato e mistico si scioglie a volte in forme agili e leggere in cui terni evangelici prendono vita in movimenti di alta cantabilità: «O sciolta alla montagna / lucente verità, / o beata dei bimbi / sagace ingenuità, / o vogliosa amicizia / che cresce, se più dà! / Quando si nutre il cuore / un nulla è riso pieno, / quando s'accende il cuore / un nulla è ciel sereno: / quando s'eleva il cuore / all'amoroso dono, / non più s'inventan gli uomini, ma sono» (XII).

Nell'attesa di qualcosa di più vero, la realtà attuale si moltiplica in mille frammenti che assumono un significato specifico nell'alternanza fra mondo dell'autenticità e mondo artificiale. In un variare di forme chiuse e forme aperte, la scrittura di Rebora si adatta via via ai suoi oggetti, giungendo a uno stile riconducibile all'espressionismo, attraverso una fitta rete di assonanze e rime, e un lessico dall'escursione amplissima condito di arcaismi, dialettismi, tecnicismi e termini della tradizione. Nelle frequenti canzoni polimetre, inoltre, tende a ripetersi lo stesso schema evolutivo, che da una premessa descrittivo-narrativa passa allo svolgimento di un contenuto etico di grande spessore ideologico. In questa poesia di pensiero, svolta entro un sistema coerente di ritorni e di echi tematici, è rispecchiata la situazione umana che si proietta verso la sapienza "cosmica".

I Frammenti lirici vennero accolti con entusiasmo da una schiera di amici ed estimatori che ne apprezzarono particolarmente la novità del linguaggio e dei contenuti (primi fra tutti Angelo Monteverdi e Giovanni Boine). Nonostante i molteplici giudizi positivi, l'opera tuttavia non piacque proprio in area vociano, dove si registrarono le stroncature di Giuseppe Prezzolini e di Renato Serra. Negli anni Trenta un intervento di Gianfranco Contini riportò in auge autore e testo, collocandoli nell'ambito dell'espressionismo stilistico di matrice europea ed esaltandone in particolar modo la carica di violenza deformante del linguaggio. Anche l'inserimento di Rebora nella linea lombarda, di alta ispirazione morale, risale a quello stesso decisivo intervento, da cui poi hanno preso avvio tutti gli studi successivi, portando al riconoscimento di debiti e crediti.

 

HOME PAGE


Copyright ¿ 2002 Luigi De Bellis.
Webmaster: letteratura@tin.it