Luigi
De Bellis

 


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Opere riportate:

     
 

Fratelli

 
 

 

 
 

 

 
     
     

 





Carmelo Samonà



FRATELLI: Romanzo


Il titolo pone in risalto il legame parentale che unisce i due protagonisti. Il rilievo enfatico, attribuito al termine mediante la soppressione dell'articolo, suggerisce l'indissolubilità e le complesse implicazioni di un vincolo che va ben oltre le normali consuetudini. Ad essere tematizzata non è però la relazione dell'uno con l'altro, ma quella dell'uomo con l' "Altro da sé", in tutta la sua difficoltà di realizzazione. Non a caso l'autore ha insistito in un'intervista sull'«ostacolo della comunicazione linguistica» e sulla «tensione che caratterizza, comunque, ogni rapporto umano» come nuclei centrali dell'opera.

Suddivisa in ventuno capitoli brevissimi, la vicenda si consuma in gran parte nello spazio claustrofobico di un appartamento. È la casatana di due fratelli, uno sano, l'altro, si lascia supporre, vittima di un disturbo mentale. La convivenza è tormentata, dal momento che entrambi sono dominati da impulsi contrastanti: il desiderio di un incontro e l'esigenza di sottrarvisi. Il resoconto di vittorie precarie e laceranti fallimenti è affidato al fratello normale e "intelligente". È lui che registra in una prosa precisa e minuziosa gli avvenimenti della giornata per quanto sia coinvolto, fino alla perdita della propria identità, nella pratica quotidiana dello scambio degli abiti, dello sparpagliamento del cibo, del rituale congedo dagli escrementi, della passeggiata-racconto. Il malato è invece l'obliqua e indecifrabile presenza, «barlume anelante che batte dietro la porta» e poi scompare; tiranno e insieme evanescente oppositore, che sa travestirsi e simulare, ma soprattutto deridere l'io narrante che lo osserva, lo fiuta, gli racconta favole di ogni tipo, inventa itinerari fantastici - improbabili vie di fuga - per i «Grandi Viaggi», lo tormenta, lo interroga e ne è interrogato.
Tuttavia una medesima «ansia di possesso e di scambio» li accomuna e si traduce materialmente in una specie di nascondino: è il gioco che «bisogna dirlo, si è ridotto a pochi meccanismi essenziali; il tema è praticamente uno solo: la ricerca dell'altro». I due contendenti proseguono quindi per anni fino alla vecchiaia, a inseguirsi nel groviglio delle viuzze cittadine oppure nella vasta dimora, dove il malato può scomparire per giorni dopo una lite, dandosi magari appuntamenti a cui è impossibile arrivare. Ogni fuggevole contatto è logorante come lo è lo spostamento obbligato verso la "diversità" per l'uno, e verso l'instabile equilibrio che ogni contatto con la sanità determina per l'altro. L'impedimento alla comprensione reciproca non è solo di ordine fisico, ma linguistico: i fogli dell'io scrivente hanno riempito la casa ma non lo aiutano a capire; viceversa "il malato" non può ritrovarsi nella logica perentoria del fratello che sembra però a poco a poco avvicinarsi all'anarchia selvaggia del compagno: «Leggo nella sua arte combinatoria (una parola e un'occhiata, una parola e uno schiocco della lingua contro il palato, un gesto inverso alla parola che lo accompagna, o un incrocio di due parole opposte) qualche indizio di senso che viaggia verso di me». Forse una forma larvata d'incontro è già la continua ricerca di un medium linguistico, come suggerisce la saggezza del folle («cercami di nuovo, anche se mi hai trovato») e come deve infine constatare lo stesso io raziocinante: «Vi sono momenti in cui mi sembra di essere vicino a uno spiraglio di verità, di cogliere una trasparenza simile ad un significato intero. Mi concentro, in questi casi, e arresto ogni movimento. Sono come sul punto di abbattere una cortina alla cui base mi sto scavando, a forza di unghie, un passaggio». Solo così gli involontari antagonisti potranno davvero trovarsi «uno di fronte all'altro, a specchiarsi, immobili, finalmente e pacati».

Fratelli costituì un caso editoriale per diversi motivi. Malgrado la "difficoltà" dell'argomento e della scrittura, esaurì nel giro di sei mesi le trentamila copie previste per il lancio e, arrivato in cinquina, insidiò la vittoria di Ferdinando Camon al premio Strega. Recensori eccellenti, da Giorgio Manganelli a Natalia Ginzburg, a Walter Pedullà, ad Alfredo Giuliani (che lo definì «un libro di conoscenza e di rara eleganza intellettuale»), fecero accostamenti lusinghieri, da Kafka a Conrad a Canetti, soffermandosi in particolar modo su due temi principali della scrittura di Samonà: quello della malattia mentale e quello del linguaggio. Il primo filone, scorrettamente indagato anche per questioni ideologiche, venne ben presto sconfessato dall'autore; per quanto riguarda il secondo, è calzante il parere di Pedullà: «Fratelli è il territorio conquistato, ma non pacificato, in cui si realizza l'incrocio linguistico che consente a una scrittura perspicua e insieme continuamente spostata verso l'attesa di stabilire un dialogo tra due modi di pensare e di parlare separati dalla storia e dalla cultura». Antonio Porta ha proposto un parallelo con Beckett, poiché «il narratore incarna, pagina dopo pagina le contraddizioni della cultura occidentale e ne interroga, con forti caratteristiche di novità, le tematiche fondamentali: dalla formazione dell'io alla sua disgregazione». Parimenti - sono ancora parole di Porta - la scrittura «esce vittoriosa dal conflitto col disordine, pur rimanendo consapevole di non poter essere risolutiva». Non mancò qualche critica sulla qualità «eccessivamente letteraria» del romanzo e forse su questa valutazione agì un pregiudizio indotto dalla professione dell'autore, professore di Letteratura spagnola nella Facoltà di Lettere della "Sapienza" di Roma.

 

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