Luigi
De Bellis

 


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La freccia nel fianco

 
 

 

 
     
     
     

 





Luciano Zuccoli (pseudonimo di Luciano von Ingenheim



LA FRECCIA NEL FIANCO: Romanzo


Prima dell'edizione in volume, uscì a puntate, nello stesso anno, sul periodico «La Lettura».

Nei ventinove capitoli del romanzo, distribuiti in due parti, si narra la vicenda del conte Bruno (Brunello) Traldi di San Pietro e di Nicoletta Dossena, una giovane di ricca famiglia borghese, rispettivamente di otto e diciotto anni. li bambino trascorre la maggior parte del proprio tempo condividendo le alterne fortune del padre Fabiano, giocatore incallito, separato dalla moglie, la bella e frivola Clara Dolores, Bruno è così cresciuto, soprattutto a Parigi, coltivando «dentro di sé una malinconia e una rabbia di ribellione, un germe di scoramento e una volontà d'ostinazione meditata». La ragazza, invece, sente di essere incompresa, se non «malamente amata», dalla propria famiglia, che per ragioni di decoro sociale le ha impedito di intraprendere la carriera teatrale. Il suo carattere inquieto si oppone all'idea di una vita «cognita, sicura, tradizionale e crassa» da signora borghese; ella vagheggia «qualche cosa che non sia troppo comune, troppo volgare», tanto da respingere la corte del conte Duccio Massenti, incoraggiato invece dal cavalier Maurizio, padre di Nicoletta, attratto dalla prospettiva del blasone. Brunello e Nicla - così la ribattezza dal primo istante il bambino - si conoscono per caso, in riva a un lago lombardo, dove stanno trascorrendo le vacanze in due ville confinanti; il conte Traldi è di ritorno da Parigi, dove ha dilapidato gran parte del proprio patrimonio. Tra la ragazza e il fanciullo sboccia immediatamente un «casto idillio», si instaura un rapporto esclusivo, contrastato dalla famiglia di lei, fatto di tenerezze e venato di lievi morbosità: Nicla, che per Bruno è diventata in breve una sorella, si rende infatti conto che nel piccolo si nasconde «un faunetto lascivo». Un giorno Bruno riceve la visita della madre e, contemporaneamente, anche Massenti, di passaggio, si reca da Nicoletta. Nel corso di una gita in barca sul lago, il conte le dichiara il proprio amore e afferma di volerla sposare. La ragazza replica con un risoluto «mai!» allorché, con l'involontario contributo dell'ignaro Bruno, scopre che Massenti è l'amante di Clara (che ha invece affermato di non conoscere). Il bambino, che pure non ne ha compresa la ragione, vorrebbe vendicare aspramente l'offesa a Nicla. Malgrado la loro insistenza, la giovane tace il motivo del proprio diniego ai genitori, poiché non intende suscitare uno scandalo attorno a Clara, dalla cui avvenenza è rimasta affascinata.
Le figure dei genitori di Nicla sono tratteggiate con una buona dose di ironia e appaiono piuttosto meschine e pettegole. L'incanto si interrompe bruscamente quando, una mattina, il conte Fabiano è costretto a fuggire in carrozza sotto un violento temporale per sfuggire a un creditore. La giovane resta profondamente turbata dalla partenza del bambino e sente che il piccolo Amore «le aveva piantato nel fianco una freccia di cui ella non sapeva più liberarsi, di cui avrebbe portato il peso e il segno per tutta la vita».

Nel frattempo, Bruno, dopo un viaggio «spaventevole» e una breve malattia giunge con il padre nella cittadina di provincia nella quale risiedono la contessa nonna e gli zii, che tuttavia si sottraggono all'incontro. Tramite il notaio Clemente Alemanni, Fabiano ottiene che il fratello Francesco paghi la cambiale. Questi - che non ha figli - vorrebbe peraltro prendere Bruno sotto la propria tutela, in cambio di una rendita annua al padre, il quale però rifiuta sdegnato, timoroso che il fratello possa avviare il figlio alla carriera ecclesiastica (la famiglia Traldi è «molto benevisa in Vaticano»). Al fine di ottenere altro denaro, Fabiano è costretto così a ricorrere all'usuraio Elia Polacco. Segue uno scambio di lettere tra Nicla e Bruno, che, con la sua incerta ortografia, le scrive di essere sempre «maninconico» senza di lei.

A diciannove anni Nicoletta si fidanza e, poco dopo, si sposa con il trentenne Luigi Barbano, un onesto e sensibile industriale che produce saponi e profumi (sprezzantemente ribattezzato «il saponaio» dal deluso cavalier Maurizio). La corrispondenza con Bruno - il quale, dopo lunghe peregrinazioni per tutta Europa, è tornato alla vita lussuosa di Parigi - non continua a lungo; il piccolo accoglie con un vago dispiacere la notizia del matrimonio e incarica il suo nuovo «precettore bibliomane», Salapolli, di scrivere a Nicoletta. Bruno cresce in «un isolamento selvatico», «tutto preso da un desiderio d'essere diverso», in un mondo che ha «l'apparenza d'un giubilo festoso»; diventa un ragazzo dall'animo fiero e arriva a battersi in duello con un coetaneo soltanto per difendere l'onore della lingua italiana. Il padre, che ha ricevuto un'eredità dal defunto fratello Francesco, diviene frattanto «sospettoso e misantropo» fino alla follia, sicché si è costretti a rinchiuderlo in manicomio. Bruno si trasferisce allora a Roma con la madre, sempre seguito dal fedele Salapolli.

Dodici anni dopo il loro idillio sul lago, Bruno e Nicla si incontrano casualmente in un caffè di Milano, dove il giovane si è stabilito da poco. Il marito di Nicla accoglie Bruno come un fratello e permette che i due si frequentino. Gradualmente, il sentimento di Bruno si rivela per quello che è, cioè amore: pur ricambiandolo, Nicla è ferma nel proposito di non cedere alla passione, all'adulterio. Incoraggiato da Salapolli, il giovane conta di intraprendere una carriera letteraria, ma la madre gli consiglia il commercio, dietro suggerimento di Massenti, cosicché l'ostilità nei confronti dell'antico rivale ne esce assai rafforzata.
Giunta l'estate, Bruno accetta, dopo lunghe resistenze, di trascorrere le vacanze sul lago con Nicoletta e Luigi; teme, infatti, di tradire la fiducia del marito della donna amata. Nicla lo inebria di ricordi e lo conduce a rivedere i luoghi della loro amicizia di dodici anni prima; durante una passeggiata nel bosco, si fa promettere che, qualunque cosa accada, lui non morirà. Approfittando di una breve assenza di Luigi, i due trascorrono una notte d'amore. li giorno dopo Bruno si reca a Milano a salutare la madre in procinto di partire per la villeggiatura, mentre Nicla esce con una barchetta sul lago in tempesta e si lascia morire annegando. Clara, che ha compreso i sentimenti del figlio, gli ingiunge di partire con lei. Egli obbedisce, sia pure a malincuore, ma un telegramma gli annuncia la morte dell'amata: «La sua bocca si aperse a un grido rauco, che somigliava all'urlo d'una belva ferita a morte; e battendo l'aria con le braccia, Brunello Traldi precipitò al suolo, di schianto». Segue un lungo periodo di profonda malinconia, che il giovane trascorre scrivendo: diciotto mesi dopo pubblica il suo «poema di sconfinata angoscia», ricco di «pagine stupende per verità e per colore». Attorno al libro si solleva «un fracasso insostenibile»; tra i suoi avversari figura il solito Massenti. Bruno trova infine la forza di sopravvivere soltanto nella promessa fatta a Nicla e nella sua cara memoria: «Fuggiva quanto era possibile il mondo. La sua vita oscillava tra la tomba dei vivi in cui suo padre vegetava ancora, e la tomba battuta dal vento e dalla neve e dalla pioggia e lambita dal sole, in cui era stata composta la salma di Nicla. Andava spesso a trovarla, e la raccomandava amorosamente al guardiano perché nulla le mancasse intorno. Chiedeva a quella memoria la forza di vivere, come aveva giurato». Assorto dinanzi alla «candida tomba», gli capita spesso di sussurrare il ritornello che «il vecchio maestro cantava a lui bambino» e che è lo stesso del celebre Davanti San Guido di Carducci: «Tu dormi alle mie grida disperate - E il gallo canta e non ti vuoi svegliare».

Espressione di «un realismo di sensazioni rapide, colorite e banali» (Renato Serra), La freccia nel fianco è un tipico prodotto della narrativa di consumo del primo Novecento, con evidenti influssi dannunziani. Zuccoli mostra di saper combinare, da "bravo artigiano", i meccanismi narrativi con un soffuso lirismo, che si enfatizza laddove la psicologia dei due protagonisti reagisce a contatto con il paesaggio naturale. Certe morbidezze sentimentali, suffragate da un preciso gusto figurativo, rendono peraltro più che mai esplicito il carattere spiccatamente liberty del testo.

Il successo fu eccezionale: fino alla morte dell'autore, il romanzo venne ristampato praticamente ogni anno.

Nel 1945 Alberto Lattuada ne diresse la riduzione cinematografica, con Mariella Lotti, Lconardo Cortese, Roldano Lupi e Paola Borboni; tra gli sceneggiatori figurano i nomi illustri di Ennio Flaiano, Cesare Zavattini e Alberto Moravia. Uno sceneggiato televisivo andò in onda nel 1983, con la regia di Giovanni Fago; fra gli interpreti, Laurent Terzieff, Anne Canovas, Eros Pagni e Rada Rassimov.

 

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