LETTERATURA ITALIANA: IL QUATTROCENTO

 

Luigi De Bellis

 


HOME PAGE
QUATTROCENTO




Il Quattrocento


Mattia Maria Boiardo

Matteo Maria Boiardo nacque a Scandiano, presso Reggio Emilia, da nobile e ricca famiglia, nel 1441. Non conobbe i disagi economici che assillarono il Pulci e poté ben dedicarsi per tutta la vita agli studi, alla caccia ed alle feste di palazzo, dividendo il tempo fra gli ozi del feudo avito e quelli del palazzo ducale degli Estensi di Ferrara. Morì nella sua stessa città natale nel 1494.

La sua cultura, pur non ampia né profonda, ebbe l'impronta del gusto umanistico che, insieme con i modi fini e gentili acquisiti dall'educazione aristocratica che gli fu impartita, conferì quel tono di ricercato distacco nei confronti della materia della sua opera maggiore, l' "Orlando innamorato". La quale nasce tuttavia da una istintiva adesione al mondo cavalleresco, inteso come mondo di primitivi, ove la forza rude si mescola ad una certa ferinità del sentimento e determina, nell'opera, quell'atmosfera dominata da un non so che di selvatico. Sicché l'ispirazione si impoverisce nel complesso e solo a tratti balza fuori con la forza di un torrente in piena. Questa incapacità del Boiardo di dar libero ascolto alla voce più profonda del suo cuore è provata dal fatto che la materia del suo poema, pur essendo sapientemente distribuita secondo un ordine organico e coerente, risulta può sempre frammentaria: perché l'ordine logico degli avvenimenti non corrisponde all'onda del sentimento, ma è frutto di una esperta regia.

L' "Orlando innamorato", iniziato forse nel 1476, si compone di tre parti: le prime due - rispettivamente di 29 e 31 canti - furono pubblicate nel 1487; la terza fu lasciata interrotta alla XXVI ottava del nono canto. L'argomento è tratto dalla materia del ciclo carolingio, ma il tono con cui questa è trattata è piuttosto quello proprio dei romanzi bretoni.

Eccone in breve la trama: Carlo Magno ha bandito una grande giostra e per l'occasione ecco convenuti a Parigi oltre ventimila cavalieri fra cristiani e pagani. Mentre i guerrieri partecipano ad un banchetto offerto dall'imperatore, si presenta la bellissima Angelica, figlia del re del Cataio, la quale sfida tutti i cavalieri a battersi col fratello Argalia: quelli che saranno sconfitti dovranno accettare di divenire suoi schiavi, mentre l'eventuale vincitore l'otterrà in isposa. Risulta vincitore il saraceno Ferraguto, ma Angelica, per sottrarsi all'impegno, fugge, inseguita da Orlando e Ranaldo. Durante la fuga e l'inseguimento accade che Ranaldo beva alla fonte dell'odio mentre Angelica, avendo bevuto a quella dell'amore, si invaghisce follemente del paladino. Poiché Ranaldo si disinteressa di Angelica, tocca ad Orlando, innamorato non corrisposto, non solo di difendere la fanciulla dagli assalti di Agricane, re di Tartaria, ma ancora di accompagnarla in Francia alla ricerca di Ranaldo. Qui infuria la lotta tra i cristiani e il re africano Agramante, che ha invaso il suolo francese aiutato dalle armi di Mandicardo, figlio di Agricane, di Rodomonte, re di Sarza, e di Marsilio, re di Spagna. Orlando prende parte alla guerra, mentre la situazione sentimentale tra Angelica e Ranaldo si capovolge, avendo la prima bevuto alla fonte dell'odio ed il secondo a quella dell'amore. Quindi-Orlando e Ranaldo si scontrano in un duello per amore di Angelica, ma Carlo li separa, affida Angelica al vecchio Namo e promette di darla in isposa a quello dei due cugini che darà miglior prova nella guerra contro gli invasori. A questo punto il poema si interrompe. Ludovico Ariosto ne continuerà il racconto in un'opera di ben altra fattura, nell' "Orlando Furioso".


2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it