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Il
Contrasto è un'opera di incerta attribuzione; nulla sappiamo
dell'autore ed anche il suo nome è incerto, Cielo o Ciullo, Dalcamo o Dal
Camo o D'Alcamo sono le versioni più comuni ma non trovano un riscontro
preciso in un personaggio dell'epoca, vissuto verosimilmente alla corte
palermitana di Federico II, e quindi facente parte di quella cerchia di
poeti che conosciamo sotto la dizione generale di "Scuola
siciliana che ebbe i suoi fasti tra il 1225 e il 1250, cioè fino alla
morte dell'imperatore svevo. Anzi, secondo alcune versioni, l'autore
potrebbe essere originario della Sicilia orientale, della zona di Messina
in particolare, e quindi estraneo alla scuola poetica siciliana così
raffinata che fiorì alla corte di Federico II; forse era un giullare o,
più verosimilmente, uno studente, colto ed esperto dei moduli lirici
contemporanei e delle tecniche di composizione poetica della poesia
provenzale.
Sicuramente è stato scritto dopo il
1231, anno in cui furono coniati per la prima volta le monete imperiali
dette agostari dopo la pubblicazione delle "costituzioni
melfitane" che contengono la famosa defensa che compare al v.
22, e prima del 1250, anno della morte di Federico II, perché
l'imperatore viene ricordato ancora in vita al verso 24: Viva lo 'mperadore,
grazi'a Deo!. Il Contrasto è una rappresentazione 'teatrale', un
testo da recitare con gesti, azioni mimate, uso di oggetti ed elementi
scenici, se pur scarni ed allusivi; è un'opera giullaresca ritenuta
per lungo tempo di origine popolare, ma negli ultimi tempi studi più
approfonditi hanno stabilito che il 'poeta' non poteva che appartenere a
una classe sociale piuttosto elevata, sia per le conoscenze storiche e
culturali che si evidenziano nel componimento sia per il tipo di
linguaggio, a volte colto ed elevato, con espressioni d'origine
provenzale, riecheggianti modelli espressivi tipicamente cortesi.
Questa composizione è, quindi, una giullarata,
adatta alla recitazione anche di un solo attore: d'altronde il giullare,
"un mimo che, oltre ad usare il gesto, si avvale anche della
parola, e che, nella maggior parte dei casi, non si serve della scrittura
per i propri testi, ma li rimanda oralmente, andando a memoria e spesso
anche improvvisando", recitava da solo componimenti in cui
comparivano anche più di due personaggi, indifferentemente maschili e/o
femminili.
La giullarata si apre con una
dichiarazione cortese dell'innamorato, alla quale risponde Madonna
con un secco rifiuto, anche se già nelle sue parole lo stesso desiderio
d'amore, quando parla iperbolicamente di ricchezze e di imprese
impossibili (come l'arare il mare e il seminare i venti). Le maniere
cortesi convivono con una certa rusticità di un atteggiamento e di un
linguaggio che possiamo definire "popolari", perché lontani
dalla spiritualità veramente cortese, orientata più verso i beni
dell'anima e della felicità sul piano di una concezione platonica
dell'amore, che ai beni corporali e al soddisfacimento di desideri ed
istinti fisici, e quindi orientata al perseguimento di un ingentilimento
degli animi che allontani gli uomini dalla barbarie delle lotte intestine
tra famiglie o gruppi politici.
Coesistono quindi gentilezza e
rusticità, cortesia e violenza (Se ti getti nel mare, ti troverò sulla
spiaggia e mi congiungerò con te per peccare), linguaggio popolare e
linguaggio colto; ed è una coesistenza che fa da fondamento alla vivacità
e alla vivezza rappresentativa del Contrasto, alla tensione del
dialogo che mai cede a un momento di stanchezza o di sospensione, ma è
sempre incalzante e rapido, con tutti i concetti ben concatenati e le
battute perfettamente consequenziali. L'Amante
vanta la propria devozione, poteri e ricchezze che non esistono ed esprime
il suo desiderio colle frasi più galanti del modo di corteggiare una
donna per raggiungere lo scopo: quello che la donna possa soddisfare il
suo desiderio; Madonna si dichiara intoccabile, minaccia di
ricorrere ai suoi parenti, di chiudersi in un convento piuttosto che
cedere alle voglie dell'uomo e giura che mai cederà. Ciascuno dei due
vuol apparire all'altro più di quello che è in realtà, e non &ègrave;
disposto a lasciarsi ingannare se non per quel tanto che ritiene opportuno
per raggiungere uno scopo che anche l'altro vuole raggiungere. Per alre
annotazioni rimandiamo alle note esplicative alle singole strofe.