Claudio Varese (n. 1909) storico della
letteratura italiana e critico militante, già docente nelle
università di Urbino e di Firenze, all’opera del Manzoni ha dedicato
due libri: "Fermo e Lucia" un’esperienza manzoniana interrotta
(1963) e L’originale e il ritratto. Manzoni secondo Manzoni (1975).
Dal primo, che ha avuto il merito di riproporre persuasivamente
l’argomento dell’autonomia del Fermo e Lucia rispetto ai Promessi
sposi, sono tratte le pagine che seguono.
Fermo e Lucia
Il Manzoni poteva scegliere almeno tre soluzioni diverse di romanzo:
poteva rivolgersi al passato e scrivere un romanzo tutto immerso
nella rievocazione di un tempo lontano; poteva parlare del mondo
contemporaneo sia pure con interesse storico; o poteva infine
guardare il passato confrontandolo col presente, con forte, continuo
interesse per il presente. Nei Promessi sposi il Seicento è visto
soprattutto come un termine di confronto del mondo degli uomini,
come storia tipica ed esemplare, anche se la condanna per i
particolari difetti, errori ed orrori del secolo XVII ha un posto
ben preciso nella concezione e nella economia del volume. [...] Sino
dall’origine della concezione del romanzo si vede balenare la
curiosità dell’uomo moderno verso un’epoca non solo diversa, ma
strana, la curiosità del razionalista, dell’illuminista; tutto il
suo atteggiamento è quello di chi contrapponga un tempo a un altro
tempo, a un mondo moderno molto superiore. Personaggi, situazioni,
avvenimenti, sfuggirebbero non dico alla rappresentazione, ma
all’interesse stesso dello scrittore se egli non potesse e non
dovesse adoperare quel criterio dei tempi, se non potesse chiedere
al lettore un confronto o addirittura una contrapposizione.
[...]Questo mondo storico rappresentato in un romanzo come Fermo e
Lucia con una rete di polemiche, di interessi e di motivi
intellettuali, e non soltanto astrattamente intellettuali, non è
stato tuttavia un mondo puramente intenzionale, modificatosi nella
realtà dell’arte, ma è stato invece un mondo diverso, per certi
aspetti, rispetto a quello dei Promessi sposi. In questo senso il
Manzoni proseguiva sulla sua linea d’interessi intellettuali e
morali, in modo che Fermo e Lucia si pone come un’opera di fantasia
tra il Discorso, la Morale cattolica e la contemporanea Appendice
storica su la Colonna Infame, tre opere tessute di polemica
religiosa e di polemica civile, con un presupposto ideale di un
umano costume ragionevole. Questo interesse così appassionato,
questo bisogno di scrivere per combattere l’errore diventa in
Manzoni già in molti punti di questi saggi movimento di fantasia.
Nel confronto coi tempi tuttavia lo scrittore adopera come termine
di paragone non la virtù religiosa in se stessa, una maggiore
religiosità, quanto piuttosto un ideale di costume civile più
ragionevole, meno feroce soprattutto nei rapporti sociali. La
polemica recente contro gli storici che avevano esaltato la civiltà
longobardica, civiltà feudale e cavalleresca, continua il suo
slancio in un’opera che si volge contro un’altra civiltà anch’essa
di tipo feudale. Per poter condurre questa polemica il Manzoni
presuppone che nel Seicento ci sia una diversa direzione nella
chiesa e nello stato, che i difetti di quella società non siano
necessariamente connessi con la chiesa e con gli errori della
chiesa: è un secolo dove la morale cattolica, quella che egli
difende contro il Sismondi viene seguita meno che in altri secoli,
un secolo anzi anticristiano. Questa polemica lievita talvolta come
sdegno, come insofferenza profonda, necessaria per la creazione di
alcuni personaggi, elemento della struttura morale e insieme
narrativa. In questo senso punto centrale dell’opera, pel rapporto
tra idee, azioni, sentimenti e passioni, è la lunga discussione
sugli errori di quella generazione: "Quando ora si considera quali
cose fossero a quei tempi tenute generalmente per vere con che
fronte sicura sostenute, e predicate, con che fiducia applicate ai
casi, e alle deliberazioni della vita, si prova facilmente per gli
uomini di quella generazione una compassione mista di sprezzo e di
rabbia, e una certa compiacenza di noi stessi" [IV, 3]. Il vizio e
la colpa sono sempre sentiti in confronto alla società, sono o
errori del secolo, o la conseguenza e lo sviluppo di questi errori.
I personaggi come il cardinal Federigo o padre Cristoforo sono
virtuosi attraverso uno sforzo e una lotta contro i loro tempi,
mentre Fermo e Lucia non sono contrapposti, nella loro virtù, al
loro tempo, né a contemporanei personaggi della loro condizione.La
trama del romanzo, sin dal suo formarsi e maturarsi, si configurava
come un racconto storico con una linea che soltanto i tempi, quei
tempi potevano far svolgere in quella direzione. Dalle grida
proclamate in quel modo e in quel modo non applicate, dal puntiglio
d’onore, che è un elemento così importante della passione di don
Rodrigo, alla colpa di una strana monaca come Geltrude- strana per i
tempi del Manzoni, ma molto meno per il Seicento -, da un
personaggio come il Conte del Sagrato e quello stesso del cardinal
Federigo Borromeo, dalle idee sulla carestia a quelle sulla peste e
sugli untori, tutto esiste non solo nel giudizio intellettuale e
morale, ma anche nel procedimento narrativo, in quanto assume un
rilievo di contrapposizione. Nei Promessi sposi vi è un confronto
tra relativo e assoluto, tra gli errori degli uomini e le verità
della ragione e della fede unite insieme ed espresse entrambe nel
controllo e nello specchio della visione razionale e religiosa
dell’autore. In Fermo e Lucia questo controllo, questo confronto, si
misurano piuttosto con un’epoca esplicitamente determinata, cioè
quella contemporanea al Manzoni, epoca di ragione e di fiducia nella
ragione. Vi sono dei momenti, come quelli importanti e risolutivi
della carestia, della peste e degli untori, dove il Manzoni ha
bisogno di una teoria dell’errore non soltanto in sede teorica e
dimostrativa, ma anche per guardare e inquadrare i personaggi e per
muovere il racconto.In tre opere diverse, ma a breve distanza di
tempo, egli si ferma sull’errore, sulla difficoltà di combatterlo,
sugli aspetti molteplici e ingannevoli coi quali si presenta:
nell’Appendice storica su la Colonna Infame, nella lettera a
Monsicur Chauvet e in Fermo e Lucia. In questa stessa teoria, pure
nei dubbi e nella cautela verso la possibilità di errori rinnovati e
rinnovabili, è implicita la fiducia nello sviluppo di una correzione
che viene portata o stimolata dal progresso dei tempi. Nella lettera
allo Chauvet si descrive il regno dell’errore nel suo cedere
necessario, ma lento c progressivo [...]. Nell’Appendice storica su
la Colonna Infame si sostiene che la volontà può vincere l’ignoranza
c rompere la stretta dei tempi; anzi il poter riconoscere che,
nonostante i tempia si può difendere e salvare la responsabilità, dà
agli uomini fiducia e dignità.
Il brano corrispondente di Fermo e Lucia [...] indica non soltanto
un atteggiamento intellettuale ma anche morale e in qualche modo
della fantasia: quella compassione mista di sprezzo e di rabbia e
quella compiacenza di noi stessi, cioè dei tempi nei quali lo
scrittore vive, esprimono la concezione della prima stesura. La
compassione ha nei Promessi Sposi assorbito in se lo sprezzo e la
rabbia ed è diventata strumento ed elemento dell’arte. Il
cambiamento dall’una all’altra stesura è stato quindi un cambiamento
d’impostazione antecedente in senso ideale alla novità di tono e di
espressione. L’errore del secolo entra direttamente in Fermo e
Lucia, molto più che nei Promessi sposi, nelle passioni e
nell’azione di molti personaggi. Il ripercuotersi e il prolungarsi
dell’errore e del fuorviarsi della mente, giungono come onda lunga e
violenta sino al peccato, al delitto, alla sopraffazione. In don
Rodrigo, in Egidio e Geltrude, nello stesso Conte del Sagrato,
nell’omicidio della monaca, nel ratto di Lucia, vi è la conseguenza
umana e raccontata di quello che è stato appassionatamente sentito
come opinione errata del tempo. Nella lettera a M. Chauvet, accanto
alla poetica della tragedia il Manzoni trova la poetica non dico del
romanzo, ma di quel rapporto con la storia dalla quale nasce il
romanzo e nella quale si trova il nucleo del romanzo stesso. Lo
scrittore deve cercare la verità e studiando un tempo e un argomento
"après avoir rec,u de l’histoire une idée dramatique, il s’efforcera
de la rendre fidélement, et pourra dès-lors en faire ressortir l’effet
morali. Anche nel romanzo storico lo scrittore si deve porre
l’impegno di un’idea drammatica e farne scaturire gli effetti
morali. L’unità di Fermo e Lucia era, in questa idea drammatica
della storia del Seicento, appoggiata soprattutto su quattro punti:
l’errore intellettuale e l’ignoranza, la contrapposizione tra i
poveri e i potenti, tra i pari di Fermo e i pari di don Rodrigo, il
senso del potere come passione e come un quadro di tutta una società
e, non meno importante, ma diversamente importante, il carattere
anticristiano del secolo.
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