Fra tutte le figure del romanzo, il Griso è
quella in cui maggiormente si rivela il segno della giustizia, di
una giustizia assoluta, accanita, senza indulgenze né tremori.
In questo personaggio l’urto tra la malvagità o l’innocenza, tra la
ferocia o la bontà, si manifesta con rigore deciso, tanto che a
voler tentare, per il Griso, il rischio di una definizione, non si
saprebbe trovare che quella di "uomo senza grazia, dando a quest’ultima
parola tutta l’intensità pascaliana di conflitto tra eletti e
non-eletti.
Infatti, inseguendo nella memoria l’immagine del Griso. si scopre
come nella sua persona si adunino le passioni più lontane dalla
carità cristiana e come la sua anima dia adito all’irrompere del
male, ma di un male allo stato puro, nel cerchio del quale è
minacciata la libertà stessa dell’individuo.
Per questo motivo non possiamo parlare di peccati profondi, di colpe
generose, di gesti tragici al contrario: ogni suo movimento è
trattenuto in una regione mediocrità, viltà, manca, insomma, al
Griso, qualsiasi fascino, sia puro quello che poteva nascere
romanticamente da un uomo abbandonato da Dio.
Egli vive di astuzia, di servilismo piatto o comune, di una
spavalderia adulatrice o assai poco provocante, di avidità per il
denaro e di delitti eseguiti con l’auto mutismo di chi non avverte
più i richiami della propria coscienza. La strada del Griso è
segnata diritta, senza sorprese d’imprevisti morali, senza
possibilità di riscatti. Dal primo apparire nel castello di don
Rodrigo sino alla taverna della sua morte il Griso non tradisce mai
la sua psicologia iniziale, la fatalità della sua costituzione.
La sua perversità si palesa di continuo e raggiunge il punto più
alto nell’episodio del tradimento, quando egli abbandona il suo
signore colpito dalla peste, nelle mani dei monatti. Qui ogni gesto,
ogni cenno, apre ancora di più il segreto della sua anima: quell’agguantare
i denari in furia, da vero ladro, senza guardare il padrone
inchiodato sul letto dai luridi monatti, quel suo rovesciare i
vestiti di don Rodrigo per farne cadere gli ultimi soldi, tutti
questi atti suscitano davanti a noi il personaggio nella sua intima
ripugnanza e giustificano la violenza del Manzoni nella condanna
fulminea e piena di disprezzo; la peste nella bettola, ancora i
monatti... lo buttarono sul carro, sul quale spirò
Al Manzoni non trema la mano; il Griso è preda giustizia, per lui
non è valido l’intervento della misericordia, del perdono. E senza
il minimo segno d’un commento, d’una silenziosa commozione, il
Manzoni lascia allontanare il carro verso il lazzaretto. E nella
conclusione rapida, nell’epilogo senza pietà, noi vediamo il
desiderio dell’autore di portare innanzi agli occhi di chi patisce
per la verità, l’esempio di una manifestazione superiore di Dio che
non sta passivo di fronte alla nostra vicenda, ma vi prende parte
con disegni profondi: nel Griso Dio punisce l’iniquità anche sulla
terra.
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