Don Rodrigo di fronte a fra Cristoforo: quell’indice
puntato lo riempie di lontano e misterioso spavento. "Non c’è un
momento, per il Manzoni, in cui l’iniquo non si senta seguito
dall’ombra del suo male... Ma non è una punizione fine a se stessa;
è anche un barlume di Dio che si apre nel buio dell’anima. Questa
immanenza di Dio, anche nella coscienza oscura del malvagio, è una
delle intuizioni poetico - religiose più profonde del Manzoni."
(Russo) Si può aggiungere un’osservazione fatta a proposito di fra
Cristoforo, ma qui calzante, perché l’immanenza di Dio è anche nel
suo "non pagare il sabato" e tramutare le apparenti sconfitte dei
suoi fedeli in vere vittorie: "... quando fra Cristoforo mette da
parte ogni prudenza allora grandeggia come un eroe della vita
morale... è un profeta disarmato bensì, che resta sconfitto sul
momento, ma di una sconfitta che è la sua vittoria ideale di domani.
(Russo) Spesso si dice che per Manzoni non c’è altra giustizia che
quella dei cieli. Non è vero. La giustizia di Dio vive nelle cose di
questo mondo. Fra Cristoforo non è Adelchi. Il Dio del romanzo è "un
Dio di tutti, presente nei probi e nei reprobi, quel Dio vivente nel
cuore dell’uomo di cui parla il cardinale...". "Anche questo tratto
di fra Cristoforo "Non vorrai tu concedere a Dio..." viene a
temperare il pessimismo diffuso nel romanzo; pessimismo sempre
dunque, che sprona all’azione, però, e non pessimismo ascetico.
(Russo) Io credo che la giustizia di Dio - voglia dire Manzoni - gli
uomini offesi talvolta, spesso, non la vedono compiersi
nell’atterramento del malvagio, perché così sarebbe vendetta. Spesso
la giustizia divina, senza attendere l’al di là, è forse solo
coscienza del male o rimorso o pentimento nel cuore del colpevole:
sentimenti che, magari, l’offeso ignora.
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