LETTERATURA ITALIANA: PROMESSI SPOSI

 

Luigi De Bellis

 


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RIASSUNTO
PROMESSI SPOSI






RIASSUNTO CAPITOLO 12

La prima parte del capitolo è dedicata ad una serrata disamina delle cause della carestia: alle raccolte scarse si aggiunge lo « sperperio della guerra», l'ordinaria cattiva amministrazione, la presunzione di poter rimediare imponendo al pane un prezzo (una «meta», un calmiere) che non tiene conto - secondo il liberista Manzoni - della ferrea legge della domanda e dell'offerta. Il provvedimento irragionevole e, come tale, non a lungo sostenibile, deve pertanto essere annullato: al momento dell'inevitabile rincaro del pane si scatena la sommossa. Ecco perché Renzo giunge in una città «sollevata», in un giorno (san Martino) in cui, come si è letto nel capitolo precedente, «le cappe si inchinavano ai farsetti».
Prima che l'attenzione si concentri su Renzo, è la folla protagonista del capitolo: la folla assale i garzoni dei fornai, poi i forni, in particolare il secolare «forno delle grucce», incurante, anzi quasi aizzata dalle parole del capitano di giustizia, che prova tutte le corde (il complimento, la minaccia) prima di essere colpito da una pietra «sulla protuberanza sinistra della profondità metafisica». La folla spreca, sciupa, distrugge; fa paura e ribrezzo; è «torrente» e «sciame» («formicolio», «ronzio»).
Persino l'ingenuo Renzo, capitato per caso in mezzo al tumulto, pensa tra sé che la «distruzion de' frulloni e delle madie, la devastazion de' forni, e lo scompiglio de' fornai, non sono i mezzi più spicci per far vivere il pane», ma crede ancora che si possa avere giustizia e poi prevale la curiosità.
Si muove così anche lui con 1'«esercito tumultuoso» verso la casa del vicario di provvisione, considerato il principale responsabile della situazione «quello che protegge i fornai», perché, quando arriva come «salutevole» ma «inevitabile effetto» il rincaro «nasce sempre [...] un'opinion ne' molti, che non ne sia cagione la scarsezza. Si dimentica d'averla temuta, predetta; si suppone tutt'a un tratto che ci sia grano abbastanza, e che il male venga dal non vendersene abbastanza per il consumo».

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it