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RIASSUNTO CAPITOLO 14
È ormai giunta alla sera la tumultuosa giornata di S. Martino: «... il sole era andato sotto, le cose diventavan tutte d'un colore».
In piazza Renzo arringa la folla: il discorso è fitto di riferimenti ai suoi casi personali (i tiranni che «camminano con la testa più alta», le gride, i dottori, Ferrer) ma può avere valore universale, di «predica». L'uditorio è partecipe, anche se non mancano gli scettici e c'è anzi in giro chi aspetta il momento opportuno per mettere le mani su un «reo buon uomo». Quando Renzo chiede indicazioni per trovare un'osteria, si fa avanti premuroso un birro irriconoscibile perché "in borghese". La scena si sposta in un'osteria, l'osteria della «luna piena»: l'interno sembra tratto da un quadro fiammingo dell'epoca (mezza luce, carte, dadi, fiaschi, monete). L'oste, apparentemente indifferente, coglie al volo la situazione: «o cane o lepre» pensa del giovane, ma in breve capirà che di «lepre» si tratta. Renzo è ormai privo di freni: parla, citando perfino qualche parola che presume latina, ma rifiuta le sue generalità all'oste, ordina da mangiare, beve e beve. Senza accorgersene dà le sue generalità al birro, sedicente «Ambrogio Fusella spadaio»
che, ottenuta l'informazione, si allontana. Renzo
si muove sempre più scompostamente, continuando a
bere. In breve diviene lo «zimbello
della brigata»:
solo il nome di Lucia non viene proferito e non
diviene così «trastullo
di quelle lingue sciagurate».
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