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RIASSUNTO CAPITOLO 16
Prosegue e si conclude il colloquio tra don
Abbondio e il cardinale che lo rimprovera di aver
fatto ricorso al pretesto dei superiori per
rinviare la cerimonia, di non aver invece pensato
a chiedere la sua protezione contro il prepotente
che si è fatto forza della sua paura («-I
pareri di Perpetua! -pensava stizzosamente don
Abbondio»).
Ma è un colloquio tra interlocutori destinati a
non comprendersi: da una parte il cardinale,
implacabile censore anche di se stesso, le cui
parole - di tono sostenuto con frequenti richiami
biblici - scaturiscono dall'idea di un dovere che
non può mai essere eluso; dall'altra don Abbondio,
le cui intime convinzioni sono espresse solo tra
sé e sé, con le consuete espressioni popolaresche
e volgari, mentre le risposte al cardinale suonano
tortuose ed evasive.
Eppure, alla fine, anche don Abbondio risulta
commosso dalle parole di carità («Era,
se ci si lascia passare questo paragone, come lo
stoppino umido e ammaccato d'una candela, che
presentato alla fiamma d'una gran torcia, da
principio fuma, schizza, scoppietta, non ne vuol
sapere nulla; ma alla fine s'accende e, bene o
male, brucia»)
e promette di cambiare atteggiamento.
La mattina seguente donna Prassede viene a
prendere Lucia.
L'innominato fa recapitare ad Agnese, tramite il
cardinale, cento scudi per la dote della ragazza.
Agnese si precipita da Lucia per comunicarle
l'inattesa fortuna: con quei soldi potranno
raggiungere Renzo, appena avranno sue notizie.
Lucia però le rivela il voto e la prega quindi di
mandare la metà della somma «a
quel poverino»,
con la notizia del voto e la raccomandazione di
mettersi il cuore in pace. Agnese, «stupefatta
e costernata»,
acconsente. Si salutano tristemente,
ripromettendosi di rivedersi l'autunno seguente.
Da Renzo non giungono notizie: il governatore
spagnolo l'ha fatto ricercare per via ufficiale,
ma il governo veneziano ha interesse a trattenere
i filatori di seta, pertanto le ricerche sono
state molto superficiali, tali comunque da mettere
sull'avviso Bortolo che l'ha sistemato in un altro
paese, sotto il nome di Antonio Rivolta,
simulandone con tutti, quindi anche con gli
inviati del cardinale, la scomparsa a sua insaputa.
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