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RIASSUNTO CAPITOLO 22
Il bravo, inviato ad informarsi, torna con la notizia che la gente accorre per la visita pastorale del cardinale Federigo Borromeo. L'innominato decide di andare dal cardinale per ascoltare le parole che questi saprà trovare per parlare al suo animo sconvolto. Prima di uscire, va nella stanza di Lucia, che sta dormendo, e dice alla vecchia di riferirle, quando si sveglierà, che, al suo ritorno, farà «tutto quello che lei vorrà». L'innominato scende in paese senza seguito, tra la meraviglia del popolo e dei preti che affollano la casa del curato, dove si trova il cardinale. Qui giunto, chiede di essere ricevuto al cappellano crocifero che va «a malincorpo» a fare l'ambasciata.
Segue una lunga digressione, di tono agiografico, sulla vita e l'indole del cardinale. Cugino del grande san Carlo, di nobile e ricca famiglia, aveva condotto, fin dall'infanzia, una vita povera, rifiutando onori e distinzioni dovute al rango. Nominato arcivescovo continuò le abitudini di parsimonia per quanto riguardava il suo tenore di vita, ma fondò la grande Biblioteca Ambrosiana alla quale affiancò un collegio di dottori.
Ritenne suo dovere fondamentale l'elemosina e volle essere vicino soprattutto ai poveri e in particolare ai fanciulli. Si oppose alle monacazioni forzate e rifiutò di farsi eleggere papa. Fu un uomo dotto (anche se non evitò del tutto certi errori del suo tempo), come testimoniano le circa cento opere scritte, sia in latino che in italiano, tanto che l'autore dichiara di meravigliarsi che sotto questo aspetto non sia più conosciuto.
Digressione di tono assai diverso rispetto alle precedenti, relative a padre Cristoforo (cap. IV) e alla monaca di Monza (capp. IX-X), quelle tutte imperniate sulla ricostruzione di una personalità risultante da una dinamica tempo-indole-educazione, questa essenzialmente agiografica, per cui il cardinale è un santo, nonostante, si potrebbe dire, i tempi (e nonostante non sia sfuggito a certi errori del tempo) e l'educazione, impartita sì nel collegio fondato dallo zio san Carlo, ma in cui è presente il pericolo della «svisceratezza servile».
Un santo «illuminato», come dimostrano la sua attenzione all'igiene, ai libri, alla divulgazione del sapere, la battaglia contro le monacazioni forzate; come non dimostra, potremmo obbiettare, la sua credenza nelle streghe e negli untori (vd. cap. XXXII), ma questi, conclude ambiguamente il Manzoni, erano «errori del tempo».
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