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RIASSUNTO
CAPITOLO 8
Don Abbondio, interrotto mentre sta pacificamente leggendo, acconsente a ricevere Tonio. Mentre Tonio e Gervaso salgono, Perpetua è fermata da Agnese che, intrattenendola con l'argomento dei suoi fidanzati presunti o mancati, riesce ad allontanarla dalla porta di casa quel tanto che basta perché i due promessi possano entrare senza essere visti. Mentre don Abbondio sta compilando una ricevuta per Tonio, che nel frattempo ha saldato il suo debito, i due entrano nella stanza; Renzo riesce a pronunciare la formula matrimoniale, Lucia, già titubante, è bruscamente interrotta da don Abbondio che, ripresosi prontamente dalla sorpresa, le getta addosso il tappeto del tavolino. Il gruppo rimane al buio: il curato riesce a rifugiarsi nella stanza accanto e comincia a gridare aiuto. Il sagrestano Ambrogio suona a martello le campane che svegliano tutto il paese.
Intanto nella casa di Lucia rimasta incustodita sono entrati i bravi che la stanno cercando invano, quando entra Menico, di ritorno da Pescarenico, con l'avviso per le due donne di fuggir subito. I bravi lo afferrano, ma l'improvviso suono delle campane li spaventa e tutti si danno alla fuga.
Menico incontra Renzo, Lucia e Agnese che si stanno rapidamente allontanando dalla canonica e dopo averli informati confusamente dell'accaduto, riferisce il consiglio di padre Cristoforo di rifugiarsi in convento.
Il paese è sottosopra: molti accorrono alla chiesa, ma vengono bruscamente rimandati a casa da don Abbondio. Si scopre anche il tentato rapimento (l'indomani mattina i bravi intimeranno al console del paese di non fare né denunce né ricerche in merito). Renzo, Agnese e Lucia si dirigono al convento dove vengono premurosamente accolti da padre Cristoforo che indirizza le due donne ad un convento di Monza (ma la città non è esplicitamente indicata) e Renzo ad un convento di Milano. Prima di partire pregano. Sulla barca che li porta lontano Lucia piange e silenziosamente saluta il paesaggio che le è familiare.
Il grandioso capitolo della «notte degli imbrogli e dei sotterfugi» consta di una prima parte "in crescendo" in due sequenze parallele.
Nella canonica don Abbondio legge pacificamente; Agnese e Perpetua chiacchierano di matrimoni mancati; gli sposi vengono avanti «zitti zitti», spingono l'uscio «adagino adagino», entrano «cheti e chinati», accostano l'uscio «pian piano», salgono, con Tonio e Gervaso, «non facendo rumore neppure per uno». L'apparente calma si risolve nelle grida di don Abbondio, di Renzo, di Gervaso; Perpetua «prende la rincorsa». Suonano le campane. Agnese, Lucia e Renzo scappano in fretta e incontrano Menico che va di corsa.
Nella casa di Lucia i bravi sono saliti «adagio adagio», dopo aver picchiato «pian piano» ma Menico entra e urla e il suono delle campane li sorprende: tutti «si confondono, si scompigliano, si urtano a vicenda».
Accorre alla canonica il paese intero. Il ritmo a mano a mano si placa nuovamente: i paesani tornano alle case, i discorsi muoiono «negli sbadigli»; i bravi si ritirano « in buon ordine» ; i fuggiaschi rallentano il passo.
Dopo la sosta in convento si avviano «zitti zitti» alla riva: il lago è «liscio e piano», il fiotto «morto e lento», i passeggeri «silenziosi», Lucia piange segretamente e pensa «Addio, monti...».
Sola consolazione la fede: «chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande».
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