A GLORIA DEL GRAN
MAESTRO DELL'UNIVERSO E DEL NOSTRO PROTETTORE SAN TEOBALDO
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Era di Cesena, di povera ma onestissima famiglia; in età di soli 24 anni aveva già nome nellarte chirurgica; era bello come uno de più belli Italiani. Aveva il cuore pieno di gentilezza, donore, damore della patria". Con queste parole, Edoardo Fabbri ritrasse la figura di Leonida Montanari, decapitato a Roma il 23 novembre 1825.
Nato a Cesena il 26 aprile 1800, si dedicò allo studio della chirurgia prima a Bologna, poi a Roma, grazie alla protezione del principe Chiaramonti e, una volta laureatosi, si trasferì a Rocca di Papa per esercitare la professione medica. Ispirato dai più nobili ideali, venne a contatto con la Carboneria, a cui aderì con il proposito di portare il proprio contributo al risveglio del sentimento nazionale. Nel 1825 fu accusato dalle autorità papaline di un attentato ai danni di Giuseppe Pontini, un carbonaro che aveva tradito la propria "vendita", trasformandosi in spia ai servizi delle autorità governative. Nessuna prova era stata raccolta contro Montanari, il quale -come ricorda lo storico Premuti "sapendosi innocente, nulla fece per sottrarsi alla giustizia". Eppure, in nome del Papa Re, fu allestito un tribunale speciale che aveva il compito di condannare il sospettettato, senza dargli alcuna possibilità di difendersi. Così, i giudici emisero una vergognosa sentenza alla pena capitale, basata unicamente sulla parola di un delatore. Tutto questo, è bene ricordarlo, accadde a Roma, il centro della spiritualità cattolica, per opera di Leone XII, il "Papa Re" che dimostrò ben poca pietà cristiana.
Oggi, la giustizia, pur non essendo quella del feroce sistema papalino, appare in alcuni casi ancora legata agli schemi di un devastante sistema inquisitorio. E, così, si ripete lorrore di una magistratura giustizialista che impone le proprie verità, senza prendere in alcuna considerazione il principio costituzionale che fonda il processo penale sulla presunzione di innocenza. Di fronte a queste ingiustizie della moderna giustizia, in uno Stato che -tuttavia- si professa "di diritto", non può non colpire il monito che Montanari lasciò scritto sul muro del carcere che lo ospitò prima del supplizio, quasi un invito alle future generazioni: "Ascoltare con prudenza, credere con ragione, determinare con giustizia".
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