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Negli ultimi anni l’uso della serigrafia su vetro si è largamente diffuso nel campo dell’architettura. Cito per tutti come esempio la Technical School Library di Eberswalde in Germania progettata da Herzog & de Meuron, poiché trovo estremamente coraggioso riportare immagini figurative; ma se ne potrebbero fare molti altri.

In ogni caso, appare chiaro come tali superfici vetrate, pur mantenendo le caratteristiche di trasparenza, siano ben lontane dalla definizione di Hilberseimer di <<luce senza ombra>>, poiché queste sì, producono ombra.

Viene naturale, allora chiedersi cosa significhi effettivamente TRASPARENZA.

 

 

Letteralmente, si definisce trasparente un materiale che, se interposto tra il nostro occhio e un oggetto, consente di VEDERE oggettivamente tutte le caratteristiche di quell’oggetto, esattamente come se detto materiale trasparente non ci fosse. A questa trasparenza il movimento moderno guardò come valore tanto estetico che etico. Il cristallino è, infatti, simbolo metafisico e in questo senso va considerato il concetto di igiene: puro, immacolato (e vergine), silenzioso, sebbene di un silenzio che si può ascoltare.

Accanto a questo, tuttavia, esiste un significato metaforico del termine trasparenza: vedere al di là, PERCEPIRE, lasciar intendere. In questo senso si può parlare di trans-parenza. E’ chiaro che in questa accezione il termine si presta a messaggi più complessi, ad interpretazioni, e più che di una qualità fisica si può parlare di un sentimento della trans-parenza. Per cui è trans-parente ciò che allude a qualcosa o trasmette un’informazione in modo non diretto, cioè lasciando percepire, facendo vedere OLTRE; l’indeterminatezza del messaggio genera interpretazioni. Il messaggio si carica di significati intellettuali (come lo erano le facciate degli edifici storici), e si sporca, si contamina, diventa ambiguo, profano e sensuale. Mi viene in mente una performance di Marina Abramovic (con….?) alla biennale di Venezia: due corpi nudi sono in piedi occupando i due lati di un varco; si guardano; il percorso è obbligatorio per chi visita la mostra e passare significa inevitabilmente toccare con il proprio corpo quelli nudi dei due performer. Si sfida il pudore, l’etica e anche l’igiene. Siamo su questo.

CONTAMINAZIONE è una parola troppo ricorrente, oggi, per ignorarla. I messaggi (e i linguaggi) si sovrappongono, si mescolano, si inseminano vicendevolmente. L’atteggiamento voyeristico dell’analisi modernista è mutata in un fattivo penetrare e lasciarsi penetrare, come le due facce della superficie di Moebius; si sta sul desiderio, sul piacere, sul “bello”, e non si ha paura a dirlo. Trovo significativo che una delle patologie psichiche che si sta maggiormente diffondendo è quella della paura di essere infettati, terrore dei virus, dei batteri. Segnalo sull’argomento un film americano, non molto conosciuto, “Safe”.

Tutto questo ha forse a che fare con la consapevolezza di una natura che è complessa, anche orribile (se il cancro è una riproduzione di cellule, cioè vita), che sfugge al nostro controllo. Lo sappiamo e lo accettiamo. Non crediamo più che con il bene si sconfigge il male. Si può pensare alla realtà come ad una lotta tra organismi viventi che si contendono l’ossigeno (inteso metaforicamente come spazio vitale), piuttosto che  tra la vita e la morte.

Se nel modello ‘400esco la conoscenza della realtà era affidata all’osservazione diretta attraverso la percezione, se il movimento moderno ha pensato di analizzarla in vitro attraverso l’astrazione, si può dire che oggi ci si lascia attraversare dalla realtà e la si comprende lasciandosene contaminare.

E, ancora, se gli uomini hanno interpretato quella stessa realtà attraverso le linee (prospettiva) fino all’era della macchina, e i moderni attraverso solidi puri, senza ombre (trasparenza), possiamo dire che la rivoluzione informatica impone l’interpretazione della realtà attraverso l’immaterialità dei numeri, il che significa complessità, se solo si pensa che tra 0 e 1 ci sono infiniti numeri.

Per finire, citando Toyo Ito, stiamo “costruendo” una <<città di luce, suoni e immagini…che si sovrappongono ad uno spazio tangibile di edifici ed opere di ingegneria civile>>.

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