Introduzione
Parecchie volte ho letto, su quotidiani e riviste, le opinioni più disparate e spesso scorrette o inesatte relative al tema "mountain bike e impatto ambientale". Ho riportato quindi nel seguito la mia opinione sull'argomento senza pretese di avere ragione, né di avere analizzato il problema in modo esaustivo.
PREMESSE
Rispetto della natura
Individui e categorie
Preconcetti e "deviazioni"
Alterazione dell'ambiente
IMPATTO AMBIENTALE
AREE DI AZIONE
TIPI DI IMPATTO AMBIENTALE
Inquinamento Azione meccanica Velocità Presenza umana
Conclusione
PROBLEMI SOCIALI
Responsabilità personale
Motivazioni sociali profonde
Conclusione
Manuel
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Innanzi tutto mi sembra fondamentale un punto di partenza sempre valido: ogni attività a contatto con la natura può essere svolta rispettandola o danneggiandola. Sicuramente ci sono anche degli aspetti tecnici che dipendono dallo sport preso in considerazione (e di questi voglio trattare nel seguito) ma è anche ovvio che molti danni alla natura dipendono solo dalla maleducazione e dalla mancanza di rispetto delle persone, indipendentemente dallo sport praticato. Ciò non va mai dimenticato in una analisi seria di impatto ambientale per non confondere i danni derivanti dal comportamento delle persone con quelli insiti in una specifica attività sportiva.
Allo stesso modo non si deve mai dimenticare che ogni comportamento è frutto di libera scelta e, così come esistono escursionisti che danneggiano irreparabilmente l'ambiente, ne esistono altri che lo rispettano profondamente: in altre parole una categoria, presa a sé, non può mai essere giudicata, in quanto composta da persone differenti ed eterogenee. Ogni giudizio facile su una categoria, oltre che generalmente falso, dà solo il via ad una sterile discriminazione e mostra superficialità di giudizio.
Altra premessa importante: la MTB è una disciplina giovane, nata da poco e non ancora radicata nella mentalità comune. Ciò fa sì che, anche se in buona fede, si tenda ad avere un giudizio deviato su di essa. Infatti il concetto di escursionismo è ormai radicato in noi e, anche se ci sforziamo, è difficile paragonare le due attività ponendole sullo stesso piano. Un esempio può chiarire meglio il concetto: in caso di strettoia di una mulattiera, la gente vi dirà che l'escursionista ha la precedenza, anzi lo prevedono addirittura i codici di comportamento per i ciclisti. Ma perché? Tutti noi sappiamo bene che fermarsi su una salita ripida equivale a non riuscire a ripartire e a compiere sforzi ben maggiori di quelli di un escursionista. E allora perché partire dal principio che quest'ultimo ha la precedenza? Perché anche gli amanti della MTB, senza neanche accorgersene, non osano mettere in discussione la "deferenza" per un'attività che esiste da secoli ed è praticata da una moltitudine. Ecco allora che ogni riflessione seria sul tema, deve tener presente che siamo in un certo modo "deviati" nei nostri giudizi. Bisogna perciò imporsi, secondo me, di portare lo stesso identico rispetto a chiunque si avvicini alla natura (con qualunque mezzo) e in particolare alla montagna, purché non la danneggi. Questo è già un primo importante obiettivo.
Ultima premessa prima di passare alla vera valutazione dell'impatto tra chi si muove in MTB, il cicloalpinista, e la montagna, o più in generale l'ambiente naturale è la seguente: la presenza degli esseri umani, in qualunque modo e con qualunque mezzo si avvicinino alla montagna costituisce comunque una forma di impatto ambientale e di modifica dell'ambiente stesso; si tratta quindi di vedere come diminuire i danni di questo impatto a livello accettabile rispettando la natura così come la nostra esigenza di entrare in contatto con essa, senza esagerare in posizioni protezionistiche assolute (state a casa!) che, non tenendo conto della reale antropizzazione del nostro ambiente naturale, hanno spesso causato in passato più danni che miglioramenti.
Le MTB sono confinate per loro natura solo in alcune aree della montagna: niente pareti di roccia o ghiaccio, ovvio, ma neanche vie ferrate, neanche sentieri con salti notevoli che impediscono la salita, niente rovi spinosi e troppo fitti, niente pietraie, niente pendenze eccessive; insomma normalmente le MTB si muovono in salita solo su mulattiere e strade sterrate, in discesa e in piano anche su alcuni sentieri purché non eccessivamente accidentati. Una prima considerazione è quindi che l'impatto delle MTB è limitato solo ad alcune aree della montagna e quindi, a parità di altri fattori, già in partenza meno problematico dell'escursionismo e più facilmente controllabile.
La bici non ha motore, non inquina quindi l'aria con gas di scarico, non inquina il terreno con olio o altri liquidi, non inquina l'ambiente acusticamente con il rumore di un motore a scoppio. Non lascia tracce o residui di materiale di alcun genere. Da questo punto di vista cicloalpinista ed escursionista si equivalgono: entrambi non inquinano.
L'impronta a terra di una MTB, ossia la parte di terreno che calpestano le due ruote, è inferiore a quella degli scarponi di un escursionista e i tasselli del copertone di una MTB sono molto più morbidi dei tasselli in Vibram della suola degli scarponi. Inoltre l'azione di rotolamento continuata è meno violenta ed incidente del colpo impresso dallo scarpone in fase di appoggio (soprattutto durante la discesa). E' infatti lo strisciamento che rovina il terreno maggiormente, sia esso dovuto alla ruota o agli scarponi. Da ultimo, mentre una moto è dotata di molta energia che è fornita dal motore, l'energia della bici è ancora quella dei muscoli umani, coincide cioè con l'energia dell'escursionista. Il peso della MTB è molto limitato (12 kg circa) e generalmente lo zaino del cicloalpinista è piccolo e leggero, quindi anche l'aggravante del peso all'azione meccanica, esistente nel caso di una moto, non ha alcuna rilevanza pratica per una MTB. In prima istanza si può quindi concludere che l'impatto meccanico sul terreno di un cicloalpinista sia minore di quello di un escursionista, perché allora tanta paura dei danni al terreno? Non ci stiamo confondendo con auto fuoristrada o moto da cross? O forse chi teme questi danni non ha nemmeno mai visto ed utilizzato una mountain bike?
La velocità media, in salita, di un cicloalpinista è praticamente identica a quella di un escursionista a piedi e comunque dipende molto dalla pendenza del percorso. In discesa, su strada sterrata, la velocità può essere molto maggiore (su sentiero accidentato spesso però capita il contrario). Dal punto di vista però del danno ambientale non vedo alcuna relazione con la velocità di moto. Forse gli animali possono essere spaventati di più a causa della rapida apparizione del cicloalpinista, ma data la velocità maggiore, è anche vero che l'azione di disturbo dura molto meno. In ogni caso le zone dove si muovono le MTB, per i motivi esposti sopra, sono sempre molto frequentate dagli escursionisti (quando non dai mezzi fuoristrada a motore) e poco dalla fauna, per cui l'aspetto di disturbo della fauna risulta ancora una volta meno problematico nel caso del cicloalpinista rispetto all'escursionista.
Esistono luoghi, ecosistemi, aree specifiche, dove la sola presenza umana può causare danni ambientali anche gravi. L'accesso a detti luoghi dovrebbe essere limitato o al limite vietato a tutti e, ancora una volta, le MTB per i loro limiti di progressione e le loro caratteristiche tecniche sono spesso già escluse da detti luoghi. Ad esempio: buttarsi di corsa sui cespugli di rododendri e ginepro è un danno ambientale tipico degli escursionisti e quasi impossibile, per limiti di progressione, alle MTB. Attraversare un prato fiorito in discesa è invece un danno che entrambe le categorie possono compiere: ma in ogni caso la conclusione è che il danno non è in alcun modo legato alla presenza e all'azione della MTB, quanto invece alla maleducazione della persona, escursionista o cicloalpinista che sia. Quindi anche dal punto di vista del danno ambientale dovuto alla sola presenza umana, la pratica della MTB risulta intrinsecamente meno dannosa dell'escursionismo perché il ciclista si deve limitare solo ad alcune zone e gli escursionisti sono molto più numerosi.
Ritengo quindi di poter concludere che l'impatto ambientale di un cicloalpinista sia pari o minore a quello di un escursionista a piedi; se poi consideriamo l'area ridotta di movimento e la scarsità di cicloalpinisti rispetto agli escursionisti (destinata almeno per un po' a rimanere tale per motivi di maggiore fatica e costo dell'attrezzatura oltreché di minore notorietà) non c'è, a mio avviso, alcun dubbio che l'impatto globale del "popolo" dei cicloalpinisti sia pressoché nullo o comunque molto inferiore rispetto al "popolo" degli escursionisti. E sia ben chiaro: gli escursionisti sono qui considerati solo in quanto rappresentano il gruppo che maggiormente frequenta la montagna, non certo per desiderio di assurda rivalità tra le due categorie. Ma allora il timore dell'impatto ambientale della MTB ha ragion d'essere? Si tratta di un problema così grave come si legge spesso? Ha senso accanirsi contro le MTB? Vietare la percorrenza dei sentieri? Giungere a proporre, come ho letto addirittura su un quotidiano (!!!), di vietare la vendita di guide dei percorsi di MTB in quanto fonte indiretta di danno per l'ambiente? Lascio a voi la risposta! E mi permetto di invitarvi a ragionare sulle frasi "buttate lì" che spesso si sentono o si leggono.
Analizzati i problemi di impatto ambientale, ritengo invece che si pongano alcuni problemi di impatto sociale: vediamoli. In salita la progressione della MTB è simile a quella di un escursionista e non vi sono molti reali problemi di interazione tra i due gruppi.
In discesa la MTB può essere pericolosa per gli escursionisti quando raggiunge elevate velocità e si presenta, inavvertita, all'improvviso. Anche in questo caso, però, è bene sottolineare chiaramente alcuni aspetti. Prima di tutto le MTB raggiungono velocità elevate perlopiù solo sulle strade sterrate, strade che, però, non sono state create per gli escursionisti, ma per mezzi a motore privati o militari che causano ben più seri danni e fastidi agli escursionisti e all'ambiente. La strada inoltre, per definizione, non è certo il vero terreno di azione dell'escursionista, rappresentato invece dal sentiero. Che poi molti escursionisti (lo so bene) scelgano la strada sterrata, perché meno pendente o più agevole di un sentiero, non cambia il concetto: costoro, come chiunque si trovi su una strada cittadina, devono prestare attenzione a tutti i mezzi, bici o auto che siano, che possono transitare, con pieno diritto, su quella strada; strada che, ripeto, non è stata creata per gli escursionisti. Insomma chi si lamenta di auto, moto o bici mentre transita a piedi in mezzo ad una strada sterrata è in realtà in torto: vada sui sentieri nati per chi va a piedi e non sulle strade; altrimenti ne accetti con coscienza le regole e i rischi.
Ma al di là di questa precisazione, e considerando anche mulattiere e sentieri, il nocciolo del problema è ovviamente un altro: è una questione di educazione, buon senso e correttezza. L'incosciente che si muove per le città in auto affrontando in piena velocità curve cieche e rischiando di travolgere i pedoni esiste sempre, ma non per questo qualcuno si è mai sognato di vietare l'uso dell'automobile per colpa di questa minoranza. Allo stesso modo il cicloalpinista incosciente che affronta a 30-40 km/h una curva cieca, non pensando che dietro possono esserci degli ignari escursionisti, è semplicemente un incosciente e un irresponsabile ed è comunque perseguibile legalmente per gli incidenti che dovesse causare. Anzi, ritengo più che giusto punire costoro e sono favorevole anche a pattugliamenti di Guardie Forestali allo scopo. A questo proposito si ricordi che i codici di comportamento delle associazioni NORBA e IMBA prevedono ovviamente di mantenere sempre il controllo del mezzo e di prestare attenzione alle persone. Anzi spesso molti cicloalpinisti salutano gli escursionisti che sorpassano e si scusano se inavvertitamente li hanno disturbati o spaventati. In altre parole il problema che si pone è molto più generale e ricorrente: si tratta di buona educazione, come già detto. Il mezzo di locomozione è in realtà solo un aspetto secondario. Il fastidio poi di doversi spostare per cedere il passo alle bici, che sono più veloci, è esattamente lo stesso che si prova tra escursionisti di diverso allenamento e velocità di progressione lungo gli itinerari più classici e frequentati: sì, ammettiamolo, è seccante, ma la convivenza civile e la democrazia impongono di rispettare la velocità, l'allenamento e la libertà di tutti.
Ma c'è un altro aspetto che merita attenzione. Se è vero che i paesini di montagna pullulano di MTB, basta imboccare la prima strada in salita con fondo sterrato per vederle drasticamente diminuire o addirittura scomparire del tutto (chiaramente esistono gli itinerari classici sempre molto frequentati anche dalle MTB). Inoltre come capita per tutte quelle attività che richiedono notevole fatica (es. scialpinismo), la MTB non diventerà mai così popolare come, ad esempio, lo sci da discesa.
Ma allora, tirando le somme, possiamo tranquillamente affermare che il popolo dei cicloalpinisti è dopo tutto esiguo, confinato solo in alcune aree e non arreca danni ambientali. Eppure, nonostante si tratti di un fenomeno nuovo, ancora in fase quasi embrionale, sono già stati emanati vari provvedimenti di divieto di transito per le MTB, fondati su motivazioni generalmente mai veramente serie, ma sulla base dell'emotività o di facili consensi popolari, sempre molto comodi per partiti politici, gruppi e associazioni.
A questo proposito, la mia esperienza personale mi insegna che le critiche alla MTB arrivano soprattutto da parte di esponenti della politica, di gruppi e associazioni (ad es. molti soci CAI), ma molto più raramente da parte del normale escursionista. Quest'ultimo senza "fare filosofia", ma utilizzando il buon senso e la disponibilità d'animo è molto più tollerante nel confronti delle MTB e in generale le ammira addirittura. Quante volte sono stato incoraggiato con simpatia dalle famiglie di escursionisti mentre grondavo di sudore in salita! E quante volte ho chiacchierato simpaticamente con loro!
Non vorrei allora che l'avversione "ufficiale" alle MTB nasca da motivazioni ben meno nobili della tutela ambientale. Non vorrei cioè che, come spesso accade tra gli uomini (o forse in Italia in particolare) anziché prevalere tra gli amanti della montagna la gioia per un nuovo modo di accostarsi ad essa, la felicità di rivedere i giovani, spesso scomparsi dai tipici percorsi escursionistici, ritornare ai monti con un mezzo a loro forse più consono, prevalga invece la mentalità chiusa del ghetto, del gruppo, del tifo di stampo calcistico mai sopito dentro di noi, della paura del nuovo e del diverso. E allora subito si creano i gruppi e le categorie, si fanno distinzioni e nascono assurdi attriti. Sembra quasi che alcuni (fortunatamente non tutti!) pensino: "La montagna è nostra, di noi escursionisti, vediamo allora se e come accettare questi nuovi esseri, questi intrusi che si muovono sulla Mountain Bike e che fanno gruppo a sé". Anziché centrare la nostra attenzione sui punti in comune, la passione per la natura e la montagna, ci focalizziamo sulle differenze: gli escursionisti contro i cicloalpinisti (e viceversa). Chiusura mentale totale! Ma perché non vedere il cicloalpinista come un escursionista con uno zaino di 10-15 chili dotato di due ruote? Perché non porsi di fronte ad una giornata di vacanza liberi di scegliere il mezzo più adeguato per accostarsi alla montagna? Sci? Scarponi? Bici? Spesso mi è capitato infatti di percorrere la stessa strada sterrata sia a piedi, come escursionista, sia d'inverno con gli sci d'alpinismo, sia d'estate con la MTB: modi diversi di vivere la montagna, tutti ugualmente rispettabili. Perché insomma non porre attenzione più a quella persona che si sta accostando alla montagna come noi, faticando e sudando, godendo del paesaggio e della natura, piuttosto che al mezzo meccanico che cavalca? E quand'anche questi risultasse un vandalo o uno spericolato o un maleducato (tanti ve ne sono anche tra gli escursionisti! No?) perché non far prevalere in noi un atteggiamento di educazione alla montagna e al rispetto degli altri, piuttosto che far prevalere il comodo atteggiamento repressivo del divieto? Perché associazioni come il CAI che dovrebbero trattare tutti i temi relativi al rapporto tra uomo e montagna, parlano pochissimo di MTB e non hanno, che io sappia, commissioni apposta per approfondire seriamente questo tema? Addirittura mi dicono che l'assicurazione del CAI non vale per incidenti in mountain bike, anche se avvenuti ad alta quota in mezzo alle montagne. E dire che l'arrampicata è ben più rischiosa!
Vorrei che queste mie considerazioni spronassero tutti ad una maggiore riflessione e ad un più attento approfondimento del tema MTB e impatto ambientale, ma anche ad una maggiore "apertura mentale" e soprattutto a non giudicare troppo in fretta e superficialmente chicchessia.