SU ALCUNI TEMI DI MTB Sei il visitatore N° dal 13 maggio 1998 |
Premessa: non sono un professionista, né faccio gare; le mie opinioni sono quelle di un appassionato dilettante e sono in continua evoluzione sulla base delle mie esperienze e delle novità del settore MTB.
Full-suspended: sono una realtà sempre più consolidata e anche le geometrie posteriori, seppur sempre in evoluzione, tendono ad assestarsi su un numero limitato di standard. Ritengo che offrano un gran divertimento solo se fate del vero fuori-strada duro e avete il coraggio di "buttarvi" veloci in discesa, altrimenti spesso i vantaggi non ripagano la differenza di prezzo. E' comunque interessante notare che, rispetto a qualche anno fa, i pesi sono calati e la qualità e l'affidabilità migliorate, ma i prezzi di una buona full sono sempre così elevati da scoraggiare molti (parliamo di cifre a partire da 3-4 milioni fino a oltre 10). Proprio per questo motivo, però, recentemente si è assistito ad un nuovo fenomeno: la nascita di biammortizzate di marca sconosciuta a prezzi veramente stracciati. Come mai? Semplicemente perché il loro aspetto attira, è di moda e costituisce un modo di distinguersi: insomma la full fa vendere di più! Ovviamente si tratta di bici con cambi Acera o Alivio, freni, pedivelle e componentistica di bassa qualità, forcelle normalmente molto pesanti con forte attrito e scarsa qualità; lo stesso dicasi per il telaio. Insomma sono bici che vanno bene solo per andare a farsi vedere al bar del paese! Tra i due estremi cominciano invece ad inserirsi delle proposte sensate: telai meno esasperati con cambi LX o STX, freni V-brake e componentistica di livello medio: in questo caso è possibile avere una full per cifre intorno a 2,5-3 milioni.
Rimangono comunque alcuni punti deboli delle geometrie di certe full come colpi all'indietro sul pedale, variazione delle geometrie, usure eccessive, problemi di frenata, manutenzione etc. Insomma c'è ancora da fare prima che la materia si assesti. Sono sempre più convinto però che le full possano essere molto utili non solo in discesa, ma anche su terreni difficili o fortemente accidentati in piano e in salita poiché permettono una progressione più fluida, un più facile superamento degli ostacoli e una maggiore aderenza al terreno. Inoltre se si pensa che tutti i veicoli hanno le sospensioni, anche quelli nati per il liscio asfalto, se ne deve dedurre che presto o tardi tutte le MTB di qualità saranno biammortizzate. Staremo a vedere quello che succederà in futuro, ma già oggi possiamo notare due fenomeni: una diversità sempre maggiore tra full da cross-country e full da downhill, queste ultime con soluzioni così esasperate da ricordare il motocross e la nascita di full da cross-country che pesano pochissimo. Ho personalmente provato un Santa Cruz da 10,4 kg il cui ammortizzatore posteriore era bloccabile. Con bici di queste genere si riuscirà presto ad avere i pregi delle full senza gli svantaggi di progressione su asfalto e peso. Rimane il prezzo, che su questi modelli deve scendere!
Forcelle ammortizzate: sono oggi un prodotto standard e maturo, poiché non esiste marca di MTB che non le monti. Anche i produttori di forcelle sono diventati moltissimi con l'ingresso di cinesi e taiwanesi e occupano tutte le fasce di mercato che oggi sono sempre più distinte: super-economiche pesanti con attrito notevole e corsa ridotta; intermedie, non leggerissime, ma con funzionamento, prezzo e corsa di medio livello; di alta qualità, con peso sempre più ridotto, funzionamento sempre migliore e corsa in aumento che raggiungono prezzi elevati e da ultimo l'ampia categoria da discesa che si orienta verso corse di 150-200 mm, foderi larghissimi e spesso versioni upside-down i cui prezzi possono essere addirittura folli (2-3 milioni per una forcella). Rimane il fatto che l'effetto positivo delle forcelle si nota soprattutto se vi "buttate" a capofitto per lunghi sentieri accidentati, altrimenti i vantaggi sono limitati, anche se comunque da non sottovalutare. Per un uso moderato o per principianti è forse meglio, a parità di altri fattori, spendere i soldi per una buona bici "rigida" molto leggera e con componenti di alta qualità. I prezzi sono in parte calati, ma solo per i modelli di base, in modo da permettere un utilizzo a più ciclisti; per il resto le cifre sono sempre elevate: da 600.000 a 2 milioni o più. Il peso si è oggi assestato perché scendere ancora diventava difficile, poco utile e troppo costoso, per cui si punta invece all'aumento della corsa e al buon funzionamento; condivido il concetto perché anche per il cross-country la corsa di 100 mm non è certo eccessiva; non solo, ma sono disposto a pagare di più per una forcella che funzioni benissimo, con 100 mm di corsa, rigida, precisa, bloccabile e priva di manutenzione, ma non per avere la stessa forcella che pesa 100 grammi meno. Per accontentare tutti troviamo versioni pensate solo per contenere il peso, con corsa di 60-70 mm ad aria (1,2 kg circa) e versioni invece con molla, olio e corsa tra 80 e 110mm più pesanti, ma sempre realizzate per il cross-country. Rimane però il fatto che una forcella pesa quanto un intero telaio, cioè parecchio. L'affidabilità è oggi elevata ma rimane comunque sempre un minimo di manutenzione da fare, non sempre semplicissima, soprattutto con i modelli a bagno d'olio aperto. Anzi, i recenti modelli base come la Rock Shox Jett necessitano di una complessa manutenzione con sostituzione dell'olio addirittura ogni 100 ore, che sono a mio avviso poche (10-20 gite di una giornata!). Altri piccoli svantaggi si possono avere per la precisione dello sterzo (manca un effettivo collegamento fisso meccanico tra ruota e sterzo) e nella progressione su alcuni fondi particolari, specie in salita. Però i vantaggi sono molti: maggiore velocità in discesa, sicurezza, comfort, precisione di guida su sterrato, minore affaticamento del ciclista, meno urti alla bici e soprattutto alla ruota e quindi minore manutenzione del cerchio e dei raggi e ridotto rischio di rotture (soprattutto le forature!). Anche in salita la forcella aiuta la ruota a salire sugli ostacoli contraendosi e permette una maggiore aderenza della ruota anteriore, importante ai fini della direzionalità.
Non posso concludere il tema forcelle senza dire due parole sulla Lefty: la nuova forcella Cannondale con una gamba sola! E' risultata più rigida torsionalmente e a flessione di tutte le principali forcelle sul mercato grazie alla sezione e alla struttura interna; avendo eliminato uno stelo si è eliminato parecchio peso in parte però utilizzato per irrobustire la gamba sinistra che è a doppia piastra e di ampia sezione; la Lefty pesa infatti 1,7 kg, valore buono poiché include anche il perno ruota e si tratta di un modello con corsa di 100 mm, ma molto elevato per essere una mezza forcella. Avere un solo stelo comunque è un vantaggio anche per la manutenzione pressoché dimezzata e per il funzionamento; infatti l'attrito è quasi dimezzato (uno stelo anziché due che scorrono) anche grazie ai precisi cuscinetti a rullo e soprattutto una sola gamba riduce gli attriti causati da torsione e flessione laterale. Da ultimo è possibile cambiare la camera d'aria senza togliere la ruota.
Importanza del telaio: il telaio è fondamentale, certo; infatti è spesso il componente più costoso, non si usura ed è molto complesso da sostituire per cui sbagliare telaio significa sbagliare bici e tenerselo finché non si cambierà tutto. Sono però convinto che solo chi è veramente ad alto livello (professionisti e non) possa cogliere e apprezzare realmente durante l'utilizzo la maggiore rigidità di un telaio GT o le superiori doti di uno Scapin; la differenza di rigidità di carbonio e alluminio rispetto a titanio e acciaio. Se a ciò si aggiunge che partendo da un buon telaio, talvolta l'incremento di prezzo per avere un telaio migliore è assolutamente esagerato (vedi la sezione Prezzi delle MTB) consiglio al ciclista medio di spendere gli stessi soldi per adottare soluzioni o accessori che rendono la progressione più sicura, veloce o appassionante o che, comunque, potrà sicuramente apprezzare. Direi infine che l'unica dote sempre e comunque apprezzabile da tutti per un telaio è il peso limitato oltre ovviamente, ma lo do per scontato, alla giusta misura. Il comportamento del telaio rimane invece una sensazione fondamentale per i più "fini", ma richiede un vero livello di "simbiosi" con la propria bici per essere apprezzata fino in fondo.
Materiali per telai: i "profeti" avevano già decretato l'avvento del titanio; invece è rimasto confinato ad alcuni produttori (es. Merlin) e non ha vantaggi così significativi (parlando di telai finiti, non del materiale in se stesso). L'acciaio sembrava poi un materiale "vecchio" e invece si è mantenuto al passo con gli anni con i telai double o triple butted (a doppio o triplo spessore). L'alluminio è stato invece il nuovo arrivato che si è rapidamente affermato negli ultimi anni, ma non ha soppiantato né il titanio né l'acciaio anche se è sicuramente quello che si è diffuso di più (Cannondale insegna) anche grazie all'avvento delle sospensioni. Ultimamente poi l'alluminio è diventato veramente di moda, solo perché è nuovo, dopo tutto e "suona" più moderno anche se, è giusto dirlo, non si può negare un fascino notevole dovuto ai tubi oversize, soprattutto a quelli di dimensioni esagerate della Cannondale. Anche in questo caso, se per alcuni è puro piacere estetico e passione, per altri è solo il modo per farsi notare attirando l'attenzione. Devo però dire che all'ultimo Salone della Bici (1999) il miglior set di tubi in alluminio della Columbus e della Dedacciai pesava nettamente meno (circa 150 grammi) del migliore in acciaio, però discutendo a lungo è emerso che per bici rigide o front-suspended la durata e l'affidabilità dell'acciaio sono anche oggi migliori. Addirittura un venditore è giunto a dirmi che ad uno della mia altezza (1,85) non avrebbe mai dato un telaio di alluminio in quanto troppo a rischio di rottura! Forse esagerava, ma mi ha fatto riflettere. Il carbonio è considerato il materiale più sofisticato in molti settori, ma nella MTB ha avuto problemi e difficoltà. Infatti le tecnologie di lavorazione sono costose e complesse, soprattutto per piccoli quantitativi come quelli attuali. Il materiale è in realtà un insieme di resina e fibra di carbonio. Ciò permette di variarne peso e resistenza punto per punto e di realizzare forme molto complesse, ma questo vantaggio non è molto significativo per un telaio che di fatto è sottoposto a sollecitazioni di ogni genere. La contropartita sta nel fatto che non è resistente ad urti concentrati, ha scarsa durezza, è fragile e non resiste ad usura per cui non è possibile avvitare ad esso direttamente il forcellino porta cambio, né si possono saldare altri componenti. Quindi un telaio in carbonio deve avere tubi o bussole in metallo sia per il reggisella, che per il movimento centrale e la serie sterzo. Questi pesano e a loro volta sono incollati il che rende il tutto meno affidabile. Alla fine un buon telaio in carbonio pesa come uno in acciaio o alluminio se non di più e ha un costo superiore e un'affidabilità spesso inferiore. Ultimamente si comincia a sentire parlare della termoplastica, visto come un materiale che si avvicini al carbonio, ma sia più semplice da lavorare per produrne telai, staremo a vedere se avrà successo ma nell'ultimo anno ne ha avuto ben poco. Altre leghe come il Duralcan hanno dato soddisfacenti risultati, ma non si sono diffuse. Un buon acciaio è ancora quello che preferisco, dopo tutto, ma si tratta anche di gusti personali, sicuramente destinati a cambiare con l'evoluzione delle bici.
Importanza del peso: i freni idraulici Magura in versione Race Line costavano 200.000 in più di quelli in versione normale: risparmio di peso riportato da Magura: 28 grammi. Kit di viti in titanio ed ergal per risparmiare 20-50 grammi, montati su bici che solo di fango hanno attaccato 2000 grammi. Milioni di telaio in titanio per risparmiare poche decine di grammi rispetto all'acciaio e poi pneumatici che pesano 700 grammi per risparmiare le 100.000 lire. Quando poi non vediamo due borracce da mezzo litro perché magari, non si sa mai, si potrà avere sete (chiaro che se ne avete bisogno dovete averle!)! Sono per me assurdi di una mania o moda rivolta al peso che però oggi sta rapidamente calando anche perché le diminuzioni di peso sono sempre più difficili da ottenere e quindi non sono più un buon argomento di marketing! Sia ben chiaro, meno una bici pesa, meglio è (in salita), ma spesso o il guadagno di peso non vale la spesa, oppure potrebbe essere realizzato con altri componenti più a buon mercato. In più vi deve essere un approccio globale nella diminuzione del peso: 28 grammi in meno per i freni e 200 in più sui pneumatici sono un assurdo! E' un campo dove regna ancora confusione e disinformazione: la moda poi fa il resto! Inoltre non bisogna confondere l'agonismo esasperato dall'utilizzo normale, dove un po' di peso in più può significare maggior comfort e soldi sepsi meglio.
Freni idraulici: li ho montati sulla mia bici, con qualche apprensione, sarò sincero. I risultati, dopo più di tre anni, sono stati totalmente positivi anzi entusiasmanti! Niente più cavi che si allungano, si sfilacciano, si sporcano, vanno oliati nei punti critici di passaggio, vanno sostituiti, vanno bloccati, strisciano sulla vernice etc. Pattini meno cari degli originali Shimano, che si cambiano in 10 secondi circa, senza nessuno strumento (si infilano a pressione) e che, grazie alla maggiore pressione e al miglior contatto con il cerchio, sono di mescola più dura e si consumano quindi molto, ma molto meno (dopo più di tre anni non li ho ancora cambiati, anche se sono quasi alla fine)! Semplicità (o dovrei dire assenza?) di regolazioni, niente a che vedere con i 5 possibili movimenti (3 di rotazione e 2 di traslazione) del pattino dei cantilever Shimano, bloccati da un solo dado, il che rende quasi impossibile un'esatta regolazione! Fine anche dei pericoli causati dai pattini dei cantilever che per usura o cattiva regolazione possono andare sotto il cerchio (facendo il cosiddetto "scalino" o causando guai peggiori) o, all'opposto, lesionare in breve tempo il copertone se lo toccano. Inoltre il pattino si avvicina al cerchio in modo perfettamente orizzontale, per cui l'usura è minore e molto più uniforme. Quanto alle doti di frenata, questa è precisa e molto potente. Alcuni si preoccupano della progressività: con l'ultimo modello di Magura non si ha alcun problema è come un cantilever classico se utilizzato normalmente; nel caso invece di frenata improvvisa i Magura tendono a bloccare la ruota più dei cantilever classici, ma comunque molto meno dei V-Brake, ed è inoltre proprio questo effetto che garantisce una decelerazione elevata in caso di necessità. L'affidabilità, altro aspetto che preoccupa molto chi sente parlare di olio, è molto elevata e non ho praticamente mai avuto notizia di alcuna rottura; il cavo, anzi il tubo dell'olio, è molto spesso e in grado di resistere a forti sollecitazioni (certo per un viaggio in Africa nel deserto, forse un sistema cantilever convenzionale è di più semplice manutenzione, ma nel mio viaggio di 1200 km in Islanda in condizioni dure mi sono dimenticato dei freni idraulici, anzi sono stati gli unici componenti a cui non ho mai fatto manutenzione!). Ultimamente si sono diffusi i V-brake che hanno alcune delle caratteristiche dei Magura e non escludo che ci fosse anche questo potenziale concorrente nella mente dei progettisti giapponesi. Li ritengo un notevole passo avanti (in particolare le versioni con pantografo), ma rimangono tutti i problemi legati alla presenza del cavo cui se ne aggiungono altri nuovi: i lunghi bracci tendono a vibrare e il piccolo braccetto dei modelli XT vibra notevolmente e tende ad usurarsi (infatti nel 1999 è stato modificato); la rimozione della ruota è più scomoda perché i pattini non si allargano più di tanto; molto spesso lo sgancio del freno è problematico e faticoso (ci vorrebbero tre mani!); è difficile avere i pattini alla stessa distanza dal cerchio in modo da ridurre la corsa della leva; è spesso necessario agire direttamente sulla molla per avere un comportamento simmetrico e da ultimo è sempre possibile che, se mal regolati, i pattini tocchino il copertone o facciano lo "scalino". I vantaggi principali sono la semplicità di regolazioni del pattino, la sua usura ridotta e uniforme e la notevole potenza (che però va a scapito della modulabilità, soprattutto per l'anteriore). Quindi, anche per il 1999, continuo a ritenere i freni idraulici nettamente superiori. Tra l'altro questi sono diventati più belli, compatti e potenti con leva di comando a due dita e recupero dell'usura del pattino con pomello sulla leva.
Freni a disco: parlando delle versioni totalmente idrauliche possiamo dire che sono il massimo per quanto riguarda la frenata, meglio ancora dei freni idraulici per cerchi sopra descritti! Offrono infatti la massima costanza di prestazioni poiché il disco non entra a contatto con il terreno, quindi non si sporca né si deforma né si scheggia come il cerchio, né può provocare forature per surriscaldamento. Inoltre i freni classici, con molto fango creano un accumulo tale da bloccare la rotazione della ruota: ciò non accade con il freno a disco. Le pastiglie inoltre durano molto più a lungo dei pattini e soprattutto offrono prestazioni abbastanza costanti in tutte le condizioni di utilizzo, anche sul bagnato perché i materiali di disco e pastiglie sono scelti solo considerando la frenata, mentre il cerchio ha anche una fondamentale e critica funzione strutturale. All'ultimo salone la loro diffusione era enormemente aumentata e sicuramente saranno i freni del futuro: per il momento però ci sono ancora tre problemi di fondo: il costo rimane molto elevato (si va da 1 a 2 milioni per la coppia completa, mozzi esclusi, es. Hayes costa 1,5 milioni e Magura Louise 1 milione), la necessità di sostituire il mozzo (e quindi di fatto anche la ruota) che li rende poco adatti ad un upgrade su bici esistenti e il peso che si aggira su 800-1200 grammi, contro gli 800-850 dei freni idraulici e i 700-780 dei migliori V-brake. Vedremo anche qui quello che succederà, per il momento è interessante notarne la pressoché totale diffusione in tutte le gare di downhill. All'ultimo Salone della Bici (1999) le grandi novità del settore sono state la presenza di versioni leggere e più a basso costo per cross-country quali i Magura Louise e soprattutto i nuovi Shimano XT che presentano ben 4 pistoncini e un peso veramente ridotto (si parla di 370 grammi circa per freno). Ma la grande novità del Salone è stata l'incredibile diffusione dei freni a disco con comando a cavo e pinza meccanica: oltre alla versione Rock Shox (prodotti su licenza AMP) andata praticamente in pensione a causa dei malfunzionamenti è presente Areo e molti costruttori asiatici che offrono prodotti a basso prezzo. A livello di pura sensazione, mi danno l'idea di prodotti di pura immagine, da "vorrei ma non posso": anche in questo caso per stupire con il disco, non importa se funziona o meno. Infatti presentano tutti gli svantaggi connessi con la presenza del cavo (rotture, usura, allungamento, elasticità di comando, manutenzione, sensibilità allo sporco) anche se sicuramente qualche vantaggio lo danno, in quanto il disco non soffre dei problemi tipici del cerchio e la superficie di frenata può essere maggiore. Potrebbero essere quindi una soluzione comunque migliore dei V-brake. Per il momento non ho potuto verificarne la potenza e la modulabilità: aspetto quindi le vostre recensioni.
Pneumatici: sono un componente spesso trascurato. Eppure basterebbe pensare che tutti i nostri sforzi si traducono in avanzamento grazie ai pneumatici. Il peso dei vari modelli può variare anche di 3-4 etti, il che significa che un set di coperture "giusto" può far risparmiare anche 800 grammi, ben di più di quello che si può ottenere passando dall'alluminio al titanio e a costo ben inferiore. Se siete dilettanti, sconsiglio vivamente pneumatici troppo specifici e in particolare attenzione a quelli per fango (quelli definiti MUD) o terreni morbidi con i quali (Michelin Wildgripper) stavo lasciandoci la pelle dopo uno schianto su asfalto. Il biker medio fa gite dove incontra terreni molto vari e non sempre prevedibili, ma in cui il fango è in genere modesto: sterrati compatti, smossi, con grosse pietre, magari scivolosi ma anche asfalto, quindi ci vuole un pneumatico da sterrato che sia all-round. Consiglio quindi un tassellato che permetta un buon e costante appoggio in piega. Il semi-slick ha trazione troppo ridotta su tutti i terreni tecnici soprattutto in discesa, va bene per chi fa gare che sa già come sarà il percorso (asciutto e compatto) e accetta maggiori rischi per migliorare la scorrevolezza in salita e in piano oppure va bene se non fate niente di esasperato e volete migliorare un po' la scorrevolezza. Per me l'ideale sono tasselli molto ben pronunciati, distanti per "svuotare" bene, ma non troppo per non avere "buchi" di appoggio. Fondamentale è la disposizione: se sono disposti su file parallele dal centro verso l'esterno si avrà un brusco cambio in "piega" e se la fila centrale dell'anteriore è stretta per essere ben direzionale, il pneumatico scatterà via a destra e a sinistra comportandosi nervosamente. Invece i tasselli della fila centrale, quelli che appoggiano sempre, devono prolungarsi lateralmente. Personalmente ho usato per anni i Tom Ritchey Force e dopo la loro scomparsa sono passato ai MegaByte. Dopo ho provato i Michelin Wildgripper ma i risultati sono stati così negativi (decine di forature e comportamento inaccettabile dall'asfalto allo sterrato sia compatto che smosso) che ho deciso di cambiarli anche se sono poco usurati. Ultimamente sono rimasto molto impressionato dai prodotti Hutchinson che non conoscevo. Oltre agli eccellenti risultati mondiali ottenuti nelle gare, che già sono una garanzia, non offrono un semi-slick eppure pare che il loro modello Python Gold sia più scorrevole dei semi-slick grazie anche alla tecnologia a bassa pressione, solo 2,3 bar (33 PSI). non solo, ma offrono un modello pensato apposta per essere valido su tutti i terreni. Li proverò e vi saprò dire.
All'ultimo Salone era presente un'interessante novità: i pneumatici tubeless di Hutchinson e Michelin. Il vantaggio principale è la definitiva eliminazione delle forature dovete a pizzicatura (e cioè la maggior parte) a cui si aggiungono anche quelle legate alla valvola che si può piegare o rompere (in questo caso invece è solidale con il cerchio). Ulteriori vantaggi sono l'eliminazione del peso della camera d'aria e del nastro para-nipple di protezione, e la non necessità di portarsi la camera di scorta, gli attrezzi per cambiarla e quelli per ripararla. A fronte di tutto ciò, però, va notato che il pneumatico è più pesante per cui il risparmio finale di peso è molto limitato e costa di più (circa 100.000) ma non è un prezzo proibitivo, considerando anche che si eliminano le camere d'aria. Il vero problema è il fatto che questi pneumatici possono essere montati solo su un tipo di cerchio (anzi di ruota), realizzato dalla Mavic, il cui costo si aggira su 1,2 milioni (la coppia)!!!! Insomma, per i biker normali la novità non sussisterà finché tutti i produttori di cerchi non faranno una versione compatibile con i tubeless. Stupisce la mossa della Mavic che realizzando un cerchio super-sofisticato anche nei raggi, di fatto vanifica gli sforzi di vendita di Hutchinson e Michelin: non penso ne venderanno tanti csotringendo la gente a cambiare ruote al prezzo di 1,2 milioni!
Reggisella ammortizzati: è un prodotto abbastanza recente, nato sull'onda delle full e fornito da moltissimi costruttori. Per capire come valutarlo può essere interessante un confronto tra le prestazioni di una full e quelle di una front con reggisella ammortizzato.
FULL-SUSPENDED | REGGISELLA AMMORTIZZATO | |
COSTO | Da 1 o 2 milioni in su (considerando l'intero telaio full) | Dalle 150.000 alle 400.000 (intero reggisella) |
RETROFIT | Impossibile, necessario cambiare l'intero telaio | Possibile e semplice (sostituzione reggisella) |
PESO | Elevato (irrobustimenti, bracci, snodi e ammortizzatore) | Normalmente tra 380 e 600 grammi |
MANUTENZIONE | Più complessa per gli snodi e l'ammortizzatore | Nulla o molto limitata (grasso) |
ESCURSIONE | Da 5 a più di 15 cm alla ruota | Da 2,5 a 5 cm (talvolta non interamente sfruttabili) |
REGOLAZIONI | Normalmente il ritorno e spesso il blocco totale | Nessuna se non cambiando molle e/o elastomeri |
SALITA | Può facilitare la trazione ma anche dare oscillazioni | Non può aiutare, ma in genere oscilla meno |
DISCESA | Stando in piedi funziona ugualmente (tranne le URT) | Se si sta in piedi non serve a niente |
SALTI | Al massimo va a fondocorsa senza dare problemi | Si piega facilmente l'intero cannotto |
Da quanto visto sopra si può trarre a mio avviso una semplice e ovvia conclusione: le MTB con reggisella ammortizzato sono una via di mezzo tra front e full. Permettono infatti con semplicità, peso minimo, costo e manutenzione limitati di avere un maggior comfort in piano su terreni accidentati, su strade sterrate lente in salita e discesa. Il fatto che molti reggisella si pieghino se si sta seduti scendendo gradini di 20-30 cm, abbiano un'escursione molto ridotta e ovviamente non ammortizzino se si sta in piedi, fa capire che la loro destinazione è comunque un fuoristrada moderato. In queste condizioni il maggior comfort è innegabile e i punti negativi sono più che accettabili
Tipi di pedale: costituiscono spesso un dilemma. In sintesi direi che per un uso molto moderato i normali pedali da MTB sono perfetti: vanno bene con qualunque scarpa, hanno punte in metallo tali da garantire un'ottima presa, non costano e non pesano troppo, sono privi di manutenzione e sono immediati da utilizzare per chiunque. Appena però si comincia a fare qualche discesa su strada sterrata veloce, oppure su terreni bagnati e fangosi ci si rende conto che è fin troppo facile che un piede scivoli via dal pedale e, in discesa, stando in piedi, ciò significa una caduta disastrosa. Gli accorgimenti che ho adottato e suggerisco sono: primo, scarpe da MTB, con suola rigida ad alto aggrappaggio; favoriscono la pedalata e migliorano un po' (poco) la tenuta. Secondo, la gabbietta puntapiede (senza cinghietti). Permette di continuare ad usare la bici con qualunque scarpa, è leggera, poco costosa, semplice da montare, non obbliga a cambiare i pedali, non blocca il piede, ma offre un freno allo scivolamento in avanti del piede (in parte anche laterale). Purtroppo però alle alte velocità il piede sobbalza e la gabbietta offre una tenuta solo moderata, inoltre è necessaria un po' di abitudine per riuscire ad infilare subito il piede. Nonostante ciò ho usato questa soluzione per due anni circa e mi sono trovato abbastanza bene. Può essere un primo passo. Il passaggio critico è quello dei pedali clipless o a sgancio rapido. Questi garantiscono ottima presa in tutte le condizioni e permettono la migliore progressione su acqua, fango, neve, terreni molto difficili con urti frequenti secchi e imprevisti e soprattutto in discesa su strade sterrate molto veloci. Inoltre permettono anche di "tirare" verso l'alto durante la pedalata rendendola più "rotonda" o permettendo di rilassare un attimo i muscoli. Di fronte poi ad ostacoli improvvisi è molto più facile far saltare l'intera bici, visto che questa è "legata" ai piedi. Non sono però l'ideale su pendenze molto ripide percorse a passo d'uomo, né su veloci curvoni dove un piede per terra può aiutare a mantenere l'equilibrio. Situazioni spesso frequenti su sentieri stretti di montagna, nel superamento di massi o salti e nelle gare di downhill. Per questo motivo alcuni campioni di cross-country in queste situazioni sganciano un piede, mentre nelle gare di downhill si usano sempre più spesso i pedali doppi, con larga pianta di appoggio come i pedali standard con in mezzo anche la placchetta per l'aggancio rapido. In questo modo i corridori possono posare il piede in terra in curva e riprendere a pedalare bene anche se il piede non si è ancora ben agganciato. Chiaramente questi pedali sono costosi, ingombranti e molto pesanti. Personalmente poi ho fatto molta fatica ad abituarmi ai clipless, perché sentire il piede bloccato non fa piacere soprattutto quando, nel panico, si cerca di sganciarlo tirando verso l'alto (senza riuscirci). Esiste anche un'ultima soluzione interessante: i pedali clipless da un lato e normali dall'altro. Non li ho mai provati anche se penso che siano ancora più difficili da agganciare avendo il meccanismo da un solo lato. Dovrebbero però offrire i vantaggi di entrambe le soluzioni il che non è male.
Abbigliamento: all'inizio anche io, come molti, ritenevo inutile, pura moda, il vestiario specifico per MTB. Ho dovuto ricredermi col tempo. Il casco, prima di tutto, può salvare la vita e comunque proteggere dai rami bassi di cui spesso non ci si accorge poiché si è intenti a guardare il terreno; quindi il casco sempre! Gli occhiali scuri sono utili in tutte le situazioni in cui si userebbero occhiali da sole, ma per la MTB ci vogliono ulteriori requisiti: devono essere ben aderenti per non perderli con i sobbalzi o per non essere costretti a lasciare una mano dal manubrio per riportarli in posizione. Devono anche evitare vortici d'aria alle alte velocità ed essere infrangibili. Inoltre non consiglio occhiali troppo costosi, poiché è facile perderli, romperli o rovinarli. Ancora più utili sono gli occhiali trasparenti, da usare sempre in discesa, soprattutto d'inverno e nei boschi dove quelli scuri sono inadeguati. Anche gli occhiali, come il casco, proteggono dai rami sporgenti, spesso non visti quando si è intenti a guardare il terreno. I guanti lunghi sono i miei preferiti e li uso sempre in discesa come protezione in caso di cadute, ma anche per i rovi, il fango e lo sforzo in frenata. In inverno inoltre proteggono dal freddo. In salita invece non uso guanti. Se però siete in gara o il percorso è saliscendi possono essere utili i guanti da ciclista a dita tagliate: personalmente però mi hanno sempre infastidito stringendo la manopola, per cui consiglio di provarli bene impugnando strettamente un manubrio. I calzoncini da ciclista offrono una notevole protezione al corpo nella zona di contatto con la sella, sono lunghi abbastanza da evitare strisciamenti della coscia contro la sella durante la pedalata, sono aderenti per evitare fastidiosi svolazzamenti e soprattutto per non rimanere impigliati in rovi o ostacoli. Val la pena usarli sempre. La maglia è meno utile forse, ma visto che i calzoncini non hanno tasche, questa offre tre ampie tasche molto comode, non ha maniche che svolazzino o si impiglino nei rami, rimane ben aderente e in genere offre buona protezione dal vento e dal freddo senza essere troppo calda. Inoltre evita che il sudore rimanga a contatto della pelle e si asciuga velocemente. In inverno o in montagna, specie nelle discese è necessario un giubbino; devo ancora comprarlo ma mi sembrano molto buoni quelli anti-vento in lycra e, ultimamente, mi hanno parlato molto bene del WindStopper. Anche le calze, pur essendo un dettaglio, sono utili: rinforzate in alcune zone, traspiranti in altre, corte per non infastidire, leggere e perfettamente aderenti al piede senza che si creino dannose pieghe, offrono ottimo comfort ed evitano vesciche. Quanto alle scarpe devo dire che, anche con normalissimi pedali, la suola rigida aiuta la pedalata e dopo averle provate la prima volta non le ho mai più eliminate. Se poi avete i pedali a sgancio rapido sono necessarie per cui il problema non si pone. Vi consiglio di prendere scarpe con cui si cammini anche bene, oltre che pedalare, soprattutto se fate gite molto impegnative o cicloturismo. Sebbene siano brutte esteticamente, le bande in velcro permettono una rapida chiusura, una buona regolazione ed evitano il rischio che i lacci finiscano nella catena. Insomma, devo dire, per esperienza, che tutto il vestiario MTB ha una sua ragion d'essere anche se non fate gare e anche se siete dei tranquilli biker della domenica.
Caschi: partiamo pure dall'esperienza personale, cioè dai dati di fatto. Ben due volte sono caduto male atterrando di testa. Penso che non sarei qui a scriverlo se non avessi avuto il casco! E tutt'e due le volte la caduta è stata dopo la vera gita tecnica, durante il ritorno, in passaggi che sembravano semplicissimi. La mia testa è rimbalzata come un pallone, però oltre a non avere sentito alcun dolore, ho sperimentato come il casco protegga anche le parti che non copre direttamente grazie al fatto che sporge. Il viso, per esempio, rimane abbastanza protetto. La conclusione è ovvia: il casco è fondamentale. Quando va messo? Direi sempre in discesa, qualunque sia il terreno, sempre anche nei sentieri di mezzacosta dove il terreno può essere facile e in piano, ma si può "volare" a valle di lato e sempre sull'asfalto, per il rischio di incidenti. Personalmente non lo metto solo su salita sterrata, perché la velocità è pari ad andare a piedi e mi farebbe sudare parecchio. Quanto alle caratteristiche tecniche, consiglio i modelli con il sistema antiscivolo che tiene il casco ben aderente alla testa. Importante il numero e la conformazione delle feritoie traspiranti, oggi sempre di più e ben fatte, la semplicità di allacciatura anche con i guanti e la forma e il materiale delle cinghie e dei lacci di fissaggio che spesso, soprattutto con il sudore possono dare parecchio fastidio e "tagliare" la zona della gola e delle orecchie. Utile anche la visierina per pioggia e sole, toglie però visibilità, soprattutto in discese veloci. Inoltre è facile che si rompa per cui è meglio che sia fissata tramite strisce Velcro.
Mercato MTB: dalle analisi dei prodotti 1999 e dal Salone del Ciclo, direi che si può concludere che il boom delle MTB è ormai più che finito. Il mercato se non in crisi, è in stasi e assestamento, si va verso il puro mercato di sostituzione e si cerca di creare la necessità di cambiare MTB. Le novità assolute sono ormai pochissime, quelle recenti, ma non ancora diffuse, sono limitate: full-suspended, freni idraulici e a disco e poco altro. Per il resto si tratta di continui costanti affinamenti volti a migliorare la funzionalità dei componenti e a ridurre il loro peso e la necessità di manutenzione. Sta probabilmente per iniziare il mercato di sostituzione, come per le automobili, e un primo segno è la tendenza ad un ribasso dei prezzi, prima sconosciuta. Un altro dato è l'allargamento della gamma bassa dei prodotti, per acquisire non tanto i fanatici con notevole disponibilità economica, quanto i comuni appassionati che badano al prezzo. Nel 1998 vi è stata la novità del concetto di free-bike. Bici full-suspended ma non per questo super-raffinate, anzi pensate proprio per chi vuole solo divertirsi, non spendere troppo, fare poca manutenzione e andare ovunque (per questo la biammortizzata). Alla fine del 1999, comincio a credere che sia stato un fallimento, almeno in Italia. Infatti i prezzi sono molto elevati e i pesi pure; se a ciò aggiungiamo che non si rivolgono a fanatici e specialisti ne salta fuori un prodotto poco vendibile. Da ultimo il mercato del retrofit o dell'upgrade e quello dell'usato: cambiare le molle o gli elastomeri, favorire l'aggiornamento del prodotto senza dover cambiare tutta la bici; qui siamo ancora molto indietro; solo alcuni negozi hanno capito l'importanza del servizio, del ritirare senza problemi l'usato, della rapidità e qualità nelle riparazioni (è incredibile come sia difficile trovare un meccanico veramente in gamba!), nel facilitare più che la sostituzione, l'aggiornamento con operazioni tipo rottamazione e incentivi per le auto. Ma, presto o tardi, andremo in questa direzione e per aumentare le vendite i prezzi caleranno sicuramente, come già sta succedendo.
Prezzi MTB: diciamolo subito: i prezzi attuali delle MTB di qualità sono pazzeschi! Ci sono bici da 15 milioni, il prezzo di un'automobile nuova! Una rigida XT costa ormai intorno ai 2 milioni, una front-suspended XT con buona forcella dai 2,5 ai 5 o anche di più se in titanio o carbonio, mentre le full decenti ormai partono da 4! Come mai? Provo a dare una risposta, pur non essendo un costruttore o venditore di MTB. Penso ci siano almeno tre fattori che sommandosi tra loro producono questo effetto. Dapprima le economie di scala; le bici di elite sono vendute in pochi esemplari e prodotte quindi, forzatamente, a mano, con scarsa automazione e con tecniche ad alto costo. Anche i materiali e i componenti stessi, a loro volta prodotti in piccola serie costano di più e dovendo acquistarli in piccola quantità aumentano notevolmente i costi di imballaggio, trasporto e gestione. Insomma le bici più belle costano effettivamente di più da costruire per i ridotti quantitativi, ma questo non è l'aspetto più importante. Un secondo aspetto è quello tecnico; per migliorare una bici spesso è necessario procedere "a salti tecnologici", senza continuità; ad esempio per alleggerire il telaio sotto 1300 grammi in genere l'unico modo è cambiare materiale in toto passando al titanio; quindi per ridurre di due etti il peso, il costo può anche triplicare! Questo capita molto spesso: non è detto che ci sia correlazione tra miglioramento percentuale e incremento di prezzo percentuale! Quando si è al limite, un minimo miglioramento può fare aumentare il prezzo di dieci volte! Ha senso, ad esempio, che il gruppo XTR da solo costi più di 3 milioni? Vi è poi il terzo motivo, quello commerciale puro; oggi le MTB ad alto contenuto tecnico sono di moda e quindi se la bici costa al fabbricante 4 milioni, questo può magari venderla a 8-10 senza problemi, perché i fanatici di peso e tecnologia avanzata sono lì solo ad aspettarla! Allora perché ridurre il prezzo? Se ne venderebbero di più? No, perché 10 milioni rimangono ben 10 milioni, anzi, se ne venderebbero di meno perché l'oggetto sarebbe considerato meno pregiato e unico, meno uno status symbol! Come è successo per i cellulari, quando erano uno status symbol: da noi i GSM costavano più di 1 milione solo due anni fa, ma già allora in Inghilterra costavano l'equivalente di 200.000 lire quasi come oggi da noi, ma tanto in Italia si vendevano ugualmente, perché ridurre i prezzi? Aggiungerei un quarto elemento, non generale ma particolare, che però influenza molto: Shimano. L'azienda giapponese infatti detiene praticamente il monopolio dei gruppi e quindi decide ed impone i prezzi e le strategie commerciali che ritiene più opportune. Recentemente ho calcolato che all'incirca un gruppo 1999 XTR costa 3 milioni, un XT 1,5 milioni e un LX 900.000 lire. Chiaro che una bici con gruppo LX può costare 600.000 lire di meno di una con gruppo XT, ma sono entrambi ottimi prodotti.
Acquisti online: Stiamo parlando di mountain bike, ma siamo in Internet per cui chi legge è sicuramente competente su entrambi i temi. Per questo ho inserito un'intera sezione dedicata agli acquisti online. Molti infatti mi scrivono per sapere se conviene veramente acquistare via Internet e come comportarsi al riguardo. Non ho esperienza diretta (ma indiretta sì) viste però le molte domande, riporto ugualmente alcune considerazioni generali.
Da un punto di vista economico quando si acquista dall'Italia un prodotto online in un negozio situato negli USA (o comunque fuori CE) il prezzo DOVREBBE (sottolineo il "dovrebbe") essere così calcolato:
Prezzo online USA + costo cambio dollaro (una commissione di cambio che può essere del 2%) + costo del trasporto (100-150.000 lire, ma ovviamente dipende dal peso, dal volume, dal corriere scelto, dal tipo di spedizione e dall'urgenza) = Prezzo in Italia PRIMA della dogana.
A questo prezzo si deve sommare il dazio di importazione che può essere dal 2 al 15% (ho sentito pareri contrastanti e non ho informazioni precise ma in genere il dazio è maggiore se il prodotto è finito, e minore se è un componente) e va calcolato sul prezzo del prodotto COMPRESO di trasporto. A questo punto si deve aggiungere l'IVA (suppongo del 20%).
Esempio: costo prodotto 300 USD * 2000 (cambio dollaro/lira) = 600.000 lire * 1,02 (2 % di commissione di cambio) = 612.000 + trasporto 150.000 = 762.000 * 1,15 (15% di dazio) = 876.300 * 1,2 (IVA del 20%) = 1.051.560.
Quindi in totale il 75% in più, cioè da 600 mila a 1 milione circa, quasi il doppio! Purtroppo non ho dati precisi (soprattutto per il dazio) e se qualcuno farà degli esperimenti e me li fornirà, aiuterà tutti!
In realtà pare, ripeto, pare, non è un fatto certo, che sull'acquisto di libri, componenti etc. la dogana non applichi né il dazio né l'IVA, trattandoli cioè non come oggetto frutto di un commercio, ma come se un nostro parente residente negli USA ci spedisse un piccolo regalo. Penso però che questo non si applichi ad oggetti voluminosi (es. una intera bici) o di costo elevato e ovviamente non si applica alle aziende: sarebbe perseguibile per legge come evasione.
Nel primo caso, a conti fatti, ci si guadagna ben poco, il che è abbastanza logico: si elimina il ricarico economico dell'importatore e del rivenditore italiano (che sarebbe l'unico vantaggio), ma ci si dimentica che questo gode degli sconti appositi della casa, essendo importatore ufficiale e che operando su grossi quantitavi ha sicuramente dei costi di trasporto minori e una migliore efficienza.
Nel secondo caso si hanno invece (normalmente) notevoli vantaggi in termini di prezzo finale di acquisto per cui l'operazione può essere conveniente.
Esiste anche un terza possibilità molto interessante: alcuni negozi online, come Supergo, fanno prezzi incredibili per oggetti di fine-serie, superati ma comunque ottimi. In questo caso ci si guadagna quasi sempre. Se avete per esempio bisogno di una forcella ammortizzata, potrete trovare il top di gamma del 1998 a prezzi nettamente inferiori alla gamma base del 1999. Meglio se cercare un ricambio, magari un componente come il gruppo pignoni, oggetto già abbastanza caro per cui il trasporto incide poco (20 dollari, mi dicono).
Prima di farsi prendere dall'entusiasmo è bene ricordare però che acquistando bici o componenti online si corrono alcuni rischi, verso i quali è bene cautelarsi prima. In sintesi sono: sottovalutare i costi di trasporto (percentualmente elevati per oggetti piccoli spesso poco costosi); sottovalutare nei conti le variazioni del cambio (il dollaro sale!); scegliere un prodotto sbagliato (capita spesso; chiedere sempre se il prodotto è adeguato alla vostra bici) perché non sempre c'è compatibilità tra molti componenti; ricevere il prodotto danneggiato; ricevere il prodotto sbagliato; ricevere il prodotto molto in ritardo o non riceverlo del tutto se il pacco va perso. E' bene quindi chiedere prima nei dettagli come ci si dovrà comportare e questo vale anche in caso di guasto in garanzia. Un ultimo dettaglio: mi dicono che DHL funziona in generale meglio di altri corrieri internazionali: non so quanto sia vero, ma nel mio lavoro ho sempre avuto i migliori risultati con DHL (non ho detto i migliori prezzi).
Per concludere, suggerirei di acquistare online solo se: la cifra è alta, la differenza di prezzo con l'Italia è elevata, l'oggetto non è troppo grande né troppo fragile, siete sicuri che andrà bene sulla vostra bici, avete chiarito bene quanto riguarda: spedizione, errori di invio, resi, rotture, garanzia, compatibilità.
Scuole di MTB: Stanno nascendo ovunque scuole di mountain bike. Generalmente parlando ritengo il fenomeno positivo, segno di un maggior interesse per la mountain-bike e possibilità maggiori di avvicinarsi a questo sport. Leggendo però la descrizione e i programmi di alcune di esse devo dire che sono rimasto molto perplesso. In effetti, a mio avviso, un vero corso di mountain bike degno del nome, dovrebbe essere articolato come tutti i corsi delle discipline sportive all'aria aperta: roccia, ghiaccio, sci-alpinismo, sci, etc. E quindi parecchi week-end o uscite giornaliere (almeno 5-6) e corsi serali di teoria durante la settimana. Infatti dal punto di vista "teorico" c'è molto da trattare. Come minimo i seguenti temi. Per quanto riguarda la bici: struttura generale della MTB e sua classificazione, funzionamento delle parti mobili (freni, cambio, trasmissione, forcella, sterzo), analisi e spiegazioni della parti "invisibili" (serie sterzo, movimento centrale), manutenzione, riparazioni. Regolazione della bici e guida all'acquisto: tipo di bici per diverse attività (front e full), altezza della sella, dimensione del telaio, tipo di pedali e loro aggancio, lunghezza pedivelle etc. Per il ciclista: principi di biomeccanica (posizione in sella, sforzi, pedalata), principi di allenamento, condotta generale di una gita, abbigliamento e sua funzione, scelta dell'itinerario e della traccia (tipo di fondo, gestione dello sforzo, soste). Per quanto riguarda la tecnica inoltre: come e quando cambiare, superamento di base di ostacoli, utilizzo dei freni in discesa, posizione in sella per discese estreme, situazioni di emergenza. A ciò si dovrebbero anche aggiungere almeno dei cenni di discipline ausiliarie: cartografia (pochi sanno leggere bene una cartina e valutare la pendenza), primo soccorso, alimentazione sotto sforzo, meteo etc.
Se dovessi organizzarlo io (sono disponibile a dare la mia consulenza a chi volesse creare una scuola seria) farei anzi almeno due livelli. Nel secondo infatti, sarebbe interessante analizzare le differenti geometrie delle full-suspended, il funzionamento e la struttura delle forcelle, le caratteristiche dei freni idraulici e a disco e anche l'organizzazione di raid di più giorni e l'approfondimento dei temi sopra detti.
A fronte di tutto ciò ho invece trovato programmi di corsi della durata di un solo week-end: in due giorni, anche se intensi, si possono fare due gite e parlare in generale della bici, chiamarlo corso è veramente eccessivo e se uno non ha mai usato la MTB ne esce sicuramente privo di adeguata preparazione anche solo per essere un "accompagnatore di MTB". Anche ammettendo a questi corsi solo chi ha già esperienza (previo esame), in un week-end si può forse dare un minimo di formazione per diventare "accompagnatore di MTB", ma è addirittura ridicolo, secondo me, definire "maestro di MTB" chi esce da due o tre di questi week-end. Anche perché il week-end è concentrato e non permette un'adeguata assimilazione. Meglio forse, come fanno alcuni, essere più onesti, e anziché chiamarli corsi parlare di "gite guidate di mountain bike" (queste certo che possono essere di un giorno) o "week-end di avvicinamento alla sport della MTB" oppure anche di "Gite tecniche di MTB con guida esperta". Talvolta anche il tono di queste "scuole" è quello della scampagnata in compagnia, che è bella, certo, ma nulla ha a che vedere con un corso serio che dovrebbe richiedere un minimo di frequenza obbligatoria e un esame finale. Altrimenti rischiamo addirittura l'opposto: di far passare cioè il messaggio e il concetto che la MTB è uno sport così limitato e stupido che in due giorni chiunque sa tutto, il che, comunque, è oggettivamente falso. Il rischio, insomma, è che queste scuole di MTB siano prima viste con sospetto (una scuola di MTB? E a che serve?) e dopo averne verificato i programmi uno si convinca (tanto fumo e niente arrosto!). Non ho avuto la possibilità di controllare i siti di tutte le scuole ma ho comunque l'impressione che le stesse, seppur in positiva evoluzione (è giusto dirlo), debbano fare molto di più per creare veri corsi seri.
Torna al menu principale di MANUEL'S MOUNTAIN BIKE PAGE