ASYMPTOTE ARCHITECTURE

GUGGENEIM VIRTUAL MUSEUM

Il primo vero museo virtuale del mondo, commissionato dal Solomon Guggenheim di New York, sarà on-line quest’estate. Ed è solo la prima fase di un progetto che durerà tre anni contando su un milione di dollari di investimento. Le poche immagini in preview del Guggenheim Virtual Museum ne lasciano intuire tutta la portata rivoluzionaria. Il museo, accessibile esclusivamente dal web, è costituito da un’architettura tridimensionale, “il primo importante edificio virtuale del ventunesimo secolo”, attraverso cui muoversi come in uno spazio reale. Hani Rashid e Lise Anne Couture, gli architetti dello studio Asympote a cui è stato commissionato il progetto, ci tengono a sottolineare come sarà diverso navigare sul GVM rispetto ai siti ordinari, un’esperienza bidimensionale, piatta, che non lascia traccia nella memoria. Al contrario, muoversi tra le pareti del GVM, restituirà quel senso di progressione spaziale che percepiamo nella realtà ordinaria.

       

La forma dell’edificio, ispirata al design della famosa spirale di Frank Lloyd Wright del Solomon, sarà in continua trasformazione a seconda dei nostri movimenti e potrà essere ruotata interagendo con la particolare barra di navigazione. Un flusso continuo, la frantumazione dei canoni di staticità dell’architettura della “prima realtà”, come la chiama Rashid.

Questo particolare mostra la particolare incorniciatura della struttura delle gallerie ed evidenzia la relativa condizione doppia: l'acetato e l'opacità che funziona secondo di dove il visore è nello spazio. La barra verticale è un attrezzo di navigazione che passa avanti e indietro attraverso la struttura come un'esplorazione, permettendo che la vista accedi alle varie zone del funzionamento. Le più piccole immagini sotto mostrano le condizioni differenti della struttura mentre il visore si muove attraverso esso.

Le prospettive digitali in cui oggi siamo immersi ci costringono a ripensare il museo, non tanto come nuovo sforzo formale o come tipologia, quanto piuttosto come luogo di una condizione imprevedibile, luogo di transizione fluida e infinita fra l'io e l'arte che è frutto dell'io e come tale colpisce i sensi di chi la osserva. Il nuovo museo non ostenterà grandiosi atri d' ingresso; si potrà invece scivolare al suo interno attraverso un'epidermide o spostarsi in un'interiorità in qualche modo ambigua.

Le superfici ci permetteranno di osservare, percepire e forse persino incidere sull'arte e alterarla nel momento in cui la visitiamo. La stessa epidermide esterna potrà restare in una permanente quanto mutevole condizione di transizione, soggetta alle inflessioni e alle metamorfosi causate da vari influssi elettronici. I criteri di questa operazione possono essere dettati dall'arte ospitata, dalle preferenze dei visitatori, dagli sponsor privati, dall'occupazione degli spazi e così via. Questi agenti di mutazione e di alterazione potrebbero in ultima analisi essere in grado di riconfigurare non solo la percezione e l'esperienza dell'arte ma perfino l'architettura.

Il Virtual Museum unisce l'innovazione nel settore delle tecnologie dell'informazione digitale a un nuovo tipo di realizzazione spaziale e di esperienza architettonica. In questo inedito genere d'architettura occorre tenere presenti numerose condizioni. Una di esse è lo spazio fisico architettonico come lo abbiamo sempre conosciuto, in cui dominano l'involucro, la forma e la permanenza; l'altra è la condizione in cui il virtuale, in quanto esperienza, definisce un territorio nel quale stabilità e attualità comunicano in maniera incomprensibile.

L'evoluzione informatica è sicuramente proiettata verso un processo infinito che si riflette su tutti i campi artistici e sull'architettura. La potenza dell'informatica ha cambiato il modo di pensare, costruire e vivere l'edificio ma la tendenza è sicuramente imprevedibile e molto complessa. L'esempio più eclatante è sicuramente questo progetto. Esso è pensato per vivere in rete e nasce con forme strettamente collegate all'utente e al contenuto. 

Molti architetti che sperimentano nuove performance architettoniche interattive tendono a porsi il problema della costruzione come tappa finale di un processo ideale sicuramente interessante e artistico ma non sempre vi riescono poiché i materiali a disposizione non riescono a risolvere condizioni spaziali complesse ma necessarie. Spesso quindi, queste performance decadono oppure l'elaborato non riesce a comunicare il percorso ideale pre-progettato. Forse è un errore pensare di comunicare un certo tipo di architettura costruendola; sembra un controsenso pensare a un'architettura nata per  restare progetto ma se si intende la costruzione come il mezzo per comunicare l'idea di base che la caratterizza, si potrebbe anche riflettere su un modo nuovo per esprimerla. La rete del cyberspazio è sicuramente il mezzo di comunicazione più immediato e diffuso del nostro secolo e probabilmente l'unico capace a comunicare un processo progettuale complesso che nasce interattivamente e si conclude nello stesso modo.