L’astrologia dei Babilonesi

Fede assai, scarso pensiero...

(Goethe)

 

L’astrologia ha preso vita in Oriente, in Mesopotamia, dove l’atmosfera limpida fa apparire i corpi celesti più vicini e più potenti rispetto al fosco cielo nordico.

La letteratura degli Assiro-Babilonesi, riportata in luce dagli scavi eseguiti a partire dalla metà del XIX sec., permette di stabilire che le origini dell’astronomia e di una potente astrologia si collocano nella pianura compresa tra il Tigri e l’Eufrate.

Nel perimetro dell’antica Ninive, e precisamente nel luogo dove sorgeva l’antica biblioteca del re Assurbanipal, sono state ritrovate delle tavolette d’argilla in scrittura cuneiforme, (circa 4000 tavole e frammenti di esse, attualmente conservate al British Museum) divisibili in gruppi a seconda del contenuto:

- Testi fondamentali

- Relazioni e lettere

- Iscrizioni esegetiche.

Tutte le scritte astrologiche finora reperite della biblioteca di Ninive risalgono ad una sola grande opera che, dalle parole di apertura della prima frase ha ricevuto il titolo generale di "Quando Anu Enlil ".

Nei frammenti a noi pervenuti si possono distinguere almeno due versioni, perciò si ritiene che essa sia stata variamente rimaneggiata; e anche per questo si pensa che essa risalga ad oltre il VII secolo a. C..

Le tavole contenevano osservazioni sulla luna, sul sole, presagi per giorni foschi e notti buie, pronostici dai venti e dalle condizioni meteorologiche, osservazioni dei pianeti Marte, Venere, Giove e Saturno ( invece, finora, non si è trovato nulla su Mercurio).

Gli oggetti delle interpretazioni astrologiche di queste fonti sono essenzialmente quelli degli omina animali scoperti a Ninive, delle profezie da parte di esseri mostruosi, delle interpretazioni dei sogni e di altri presagi da eventi della natura terrestre animata e inanimata e rispecchiano chiaramente le condizioni ambientali degli abitanti della Mesopotamia, rivolgendo tutta l’attenzione al paese e al suo re. Nell’opera astrologica non si è trovata infatti la minima traccia di predizione del destino di un uomo comune, sebbene ci siano buone ragioni per credere che anche questa debba essere stata praticata.

I presagi astrologici si estendono anche agli dei locali, che discutono dei destini del paese per volgerli al bene o al male: finché l’hanno a cuore rivolgono i loro pensieri alla sua prosperità; se si adirano dichiarano ostilità al paese o al suo re e li abbandonano al nemico.

Come presso tutti i popoli, anche a Babilonia era oggetto di particolari osservazioni la Luna che, oltre a colpire per la sua grandezza e per le sue fasi, sembrava fornire il cronometro di più facile impiego.

Per gli astrologi babilonesi il Sole segue in ordine d’importanza alla Luna. Sembra però che essi abbiano notato già in tempi antichissimi - e utilizzato a scopi divinatori - tanto il suo moto apparente quanto le variazioni del suo punto ortivo nel corso dell’anno.

Una caratteristica particolarmente importante della prassi astrologica, già quando si traggono presagi dal sole, è il principio della RAPPRESENTANZA, in forza del quale, in date contingenze, un corpo celeste può, per le profezie, sostituire l’altro: e qui di norma si tratta di pianeti e stelle fisse.

Quando il sole è tramontato può, a quanto sembra, essere sostituito in vario modo, specialmente da Saturno, che in molte iscrizioni viene indicato addirittura come "Sole".

L’epoca in cui i pianeti vennero riuniti in un gruppo di sette, con il Sole e la Luna, resta finora incerta: il primo dei corpi celesti erranti, Giove, occupa un posto a sé in quanto lo si annovera fra le stelle fisse situate a nord dell’equatore celeste mentre gli altri quattro pianeti vengono annoverati fra le stelle equatoriali.

Fra tutte le osservazioni astrologiche dei pianeti finora conosciuti spiccano per ricchezza e varietà quelle relative a Venere.

A Babilonia già nel 2000 a.C. si sapeva che la stella del mattino e quella della sera sono tutt’una.

Saturno che veniva osservato a scopi astrologici nella sua opposizione alla Luna, poteva essere sostituito da un gran numero di stelle fisse e costellazioni.

Allo stesso scopo si osservavano i movimenti di Marte, pianeta particolarmente importante per l’astrologia babilonese.

Benché a causa dell’irreversibilità della loro posizione reciproca si prestino a fini astrologici assai meno dei pianeti già ricordati, le stelle fisse e le costellazioni erano tuttavia fatte oggetto di ricerche analoghe essenzialmente perché di ugual colore e quindi di ugual natura. Erano inoltre considerate mezzi importanti per l’indagine dell’avvenire le figure ad esse attribuite fin dall’epoca paleo-babilonese.

Alle più antiche di queste appartengono i segni dello zodiaco, gruppi stellari ripartiti fra i dodici mesi dell’anno i cui nomi babilonesi collimano con quelli ancor oggi in uso.

Anche le stelle dell’orbita lunare servivano a fini d’interpretazione astrologica, come si desume da una tavola contenente profezie in base all’ingresso di questi corpi celesti nell’alone lunare; oltre al colore si registrava a fini di presagio la luminosità delle più splendenti stelle fisse.

In rapporto ai pianeti e ad altri corpi celesti si ponevano infine le comete e le meteore, i venti e le tempeste; si interpretavano i terremoti e si osservava l’alternarsi di annuvolamenti, fulmini e tuoni.

Lo stile di cui ci si serve in questi presagi astrologici è, di norma, semplice ed asciutto ma certe posizioni della parola nella frase fanno nascere il sospetto che l’assiro-babilonese sia stato tradotto dal sumerico.

L’arte di interpretare le stelle deve saper leggere nel cielo la direzione dei pericoli incombenti e delle prospettive salutari. E’ quindi naturale che appunto a Babilonia nasca la geografia astrologica, alla quale allude anche la Bibbia.

Già in epoca paleo-babilonese, il mondo terrestre oggetto di ricerca è diviso in quattro paesi corrispondenti alle quattro regioni celesti. A questi paesi vengono riferiti, in differenti ordini, gli eventi celesti.

Anche i pianeti, come pure le stelle fisse e le costellazioni, hanno rilevanza geografica astrologica.

Un passo avanti nell’astrologia geografica fu la divisione temporale. Come esempio, basta ricordare quanto i giorni del novilunio si considerino benefici o malefici per i quattro paesi corrispondenti alle regioni celesti.

Inoltre gli astrologi babilonesi ammettevano una ripartizione tra i quattro paesi di dati mesi di eclissi lunare; sostituendo a questi mesi i corrispondenti segni zodiacali e collegandoli mediante linee rette si ottengono quattro triangoli equilateri ( questi ultimi si possono vedere disegnati su una tavola conservata nel museo di Bruxelles che riporta anche il nome dei mesi).

La cosa è stata ritenuta di grande importanza per lo sviluppo dell’astrologia fino a Keplero; su di essa infatti si basa una dottrina destinata a fornire notevoli impulsi non solo agli astrologi ma anche agli astronomi.

L’astrologia e l’astromantica babilonesi sono comprensibili unicamente come emanazione di una religione astrale, al carattere astrale della religione babilonese rinvia la stessa scrittura cuneiforme nata da una scrittura ideografica.

L’antichissima triade divina (Anu, dio del cielo, Enlil, dio della terra e Ea, dio degli abissi marini) era riferita alle "strade" che solcavano la volta celeste.

Il dio paleo-babilonese della Luna come pure il dio del Sole entravano direttamente al servizio dell’astrologia e le qualità buone e cattive del Sole, apportatore di vita e di luce e viceversa corpo igneo che brucia e inaridisce, come anche la natura generalmente benefica della Luna, trovano chiara espressione nei presagi astrologici.

Anche i pianeti avevano la loro influenza sulla vita dell'uomo, come, per esempio, Giove vivificatore dei morti e dio della salute che esercitava, quando non glielo impedivano le stelle infauste, una influenza benefica.

Un indizio del ruolo di questi corpi celesti e divinità astrali è nell' arte e nella poesia babilonese.

Diverse divinità astrali sono riprodotte su pietre di confine e raffigurano gli astri e le divinità astrali insieme ai loro emblemi che ritornano poi su sculture e amuleti.

La descrizione di un noto amuleto, indicato con il nome erroneo di Rilievo di Ade, in un testo didattico neo-babilonese mostra il significato astrologico della sua scena principale, che a tutta prima si presenta come una guarigione, ma sembra avere anche un significato più profondo.

I sette grandi dei, che su questo amuleto vengono raffigurati come degenti e che, stando alla descrizione, potrebbero essere le Pleiadi, permettono di inserire i testi esorcistici sui sette demoni maligni nel quadro delle concezioni astrologiche cui sembra pure strettamente collegato un altro genere di cerimonie di scongiuro e riti di combustione.

La cosa è certa per quanto riguarda le cosiddette "preghiere della levata di mano", alcune delle quali sono rivolte a divinità planetarie, altre espressamente a corpi celesti.

Il connubio astrologia-mitologia balza però agli occhi specialmente nella leggenda della creazione del mondo. Anche l'epopea nazionale, che dal suo eroe reca il nome di Gilgamesh, era senza dubbio venata, fin da tempi antichissimi, di concezioni astrali.

Parlando delle fonti dell'astrologia babilonese, gli antichi astrologi creatori di questa visione del mondo restano in gran parte ignoti; sono bensì conservati i nomi di alcuni astrologi tardo-babilonesi e tutta una serie di relatori e cronisti astrologici alla corte di Ninive .

Come insegnano i testi, essi compivano le loro osservazioni nelle specole, cioè le alte piramidi a gradini che diedero indubbiamente origine alla leggenda della Torre di Babele.

Ma i nomi degli autori delle fonti astrologiche, sicuramente membri di un'alta casta sacerdotale indicata di preferenza col titolo di "scrittori di tavole", sono da tempo svaniti. Tuttavia, da queste antiche scritte cuneiformi, parlano uomini in carne ed ossa, che desiderano e sperano, temono e pregano, si contraddicono e si combattono; uomini che, ansiosi di sfuggire alla vendetta del loro signore o re per un presagio di sciagura, alterano il significato delle fonti o, veri e propri stregoni, si rifugiano in esegesi cavillose che mescolano eventi cosmici e tellurici.

Tutto il sapere e l'indagare di quegli antichi dotti era imbevuto di forte religiosità; ed essi hanno acquisito fama duratura per avere, in penosa meditazione, arato un campo sul quale sarebbe fiorita una delle scienze più nobili di tutti i tempi: l'astronomia.

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