del Il quotidiano
inglese "Times" denuncia la condizione femminile in Afganistan dopo
l’avvento dei Taliban Donne
afgane come animali Una donna è
stata colpita a morte per aver mostrato il braccio dal finestrino dell’auto Emanuele
Motta Il governo dell'Afghanistan e' impegnato ormai
da secoli in una guerra contro le donne. La situazione sta degenerando a tal
punto che in un editoriale del "Times" e' stato paragonato il
trattamento a cui sono sottoposte le donne a quello subito dagli ebrei nel
periodo che ha preceduto l'olocausto in Polonia. Da quando i Taliban
hanno preso il potere nel 1996, le donne hanno dovuto indossare il "burqua"
e sono state picchiate e prese a sassate in pubblico per non avere l'abito
corretto, anche se questo vuole dire semplicemente non avere la maglia che
copre il loro volto fino agli occhi. Una donna e' stata colpita a MORTE da una folla
adirata di fondamentalisti per avere accidentalmente esposto il suo braccio
mentre stava guidando. Un'altra e' stata lapidata per aver tentato di lasciare
il paese con un uomo che non era un suo parente. Alle donne non e' permesso
lavorare ne' presentarsi in pubblico senza un parente maschio. Le donne professioniste, come per esempio
professoresse traduttrici, medici, avvocati, artiste e scrittrici sono state
costrette a lasciare i loro lavori ed a rimanere segregate in casa, cosicché
la depressione sta divenendo tanto diffusa, che ha raggiunto livelli di
emergenza. Non e' possibile in una società' islamica a tal punto estremista,
conoscere con certezza il tasso di suicidi, ma operatori assistenziali
valutano che il numero di suicidi e' aumentato considerevolmente fra le donne
che non possono trovare adeguata cura e trattamento per questa grave
repressione e che preferirebbero piuttosto togliersi la vita che sopravvivere
in simili condizioni. Le case dove vi e' una donna devono avere le finestre
dipinte, in modo tale che lei non possa mai essere vista dall'sterno. In casa,
devono portare scarpe che non facciano rumore in modo da non essere sentite.
Le donne vivono nel terrore per la loro vita per il minimo sbaglio che possono
fare. non potendo lavorare, le donne che non hanno parenti maschi o mariti, o
fanno la fame, o chiedono l'elemosina sulla strada, anche se sono laureate.Non
vi sono praticamente presidi medici disponibili per le donne, e gli operatori
assistenziali hanno quasi tutti lasciato il paese, ad esempio in uno dei rari
ospedali per le donne, un giornalista ha trovato ancora dei corpi di donne
quasi esanimi che giacevano immobili sui letti, avvolti nel loro "burqua",
senza la forza di parlare, di mangiare, o di fare qualsiasi cosa, ma che
lentamente venivano lasciate morire per gli stenti. Altre sono impazzite, e
sono state viste rannicchiate negli angoli, dondolandosi o piangendo, la
maggior di esse piene di paura. Alcuni medici stanno addirittura considerando
la possibilità, quando saranno esauriti i pochi medicinali ancora
disponibili, di lasciare queste donne davanti alla residenza del Presidente
afgano come una pacata forma di protesta per denunciare una così forte
discriminazione verso l’altro sesso. Si è ormai al punto in cui l'espressione
"violazioni dei diritti umani" è divenuta un termine inadeguato e
privo di significato: i mariti hanno il potere di vita e di morte sulle donne
loro parenti, specialmente sulle loro mogli. Possibile che un gruppo di
persone arrabbiate abbia tutto il diritto di lapidare o picchiare una donna,
spesso a morte, perche' ha osato esporre qualche centimetro di carne, o di
offenderla in modo così pesante da farle tentare il suicidio?. David Cornwell ha detto che gli Occidentali non
dovrebbero giudicare gli afgani per un simile trattamento perche' questo e' un
"elemento culturale", ma questa versione dei fatti si discosta
totalmente dalla realtà. Le donne hanno goduto generalmente della libertà di
lavorare vestire come volevano (pur non discostandosi troppo dalle rigide
tradizioni), guidare l'auto e apparire in pubblico da sole, ma solamente fino
al 1996. Le donne che una volta erano educatori o medici o che semplicemente
godevano delle libertà umane fondamentali, sono ora severamente limitate e
trattate come "sotto-prodotto umano nel nome dell'ala destra
dell'Islam fondamentalista." Non è la loro tradizione o la
"cultura", ma l'esatto contrario: la loro condizione costituisce un
eccesso anche per quelle culture dove il fondamentalismo e' la regola.
Inoltre, se potessimo giustificare tutto sul piano culturale, non dovremmo
essere atterriti per il fatto che grandi popoli dell’antichità come gli
stessi Cartaginesi sacrificavano i loro bambini, scandalizzarci per le bambine
che vengono circoncise in alcuni paesi dell'Africa, per i negri che nel
profondo sud degli Stati Uniti negli anni 1930 furono linciati, fu loro
proibito di votare, e furono costretti a sottostare alle ingiuste leggi dell’Apartade
Tutte le persone hanno diritto ad un'esistenza umana tollerabile, siano
esse donne, negri, ebrei o di qualsiasi razza o con qualsiasi colore della
pelle. In un paese mussulmano, come l’Afganistan,
gli usi e i costumi sono certamente diversi dai nostri, ma non per questo non
bisogna astenersi dalla lotta nei confronti di discriminazioni così evidenti
che non fanno altro che ridurre l’uomo a una bestia, impossibilitato di
esercitare la sua libertà personale e ridotto in schiavitù. Se possiamo
mandare una forza militare in Kosovo in nome dei diritti umani nell'interesse
dell'etnia albanese, allora la Nato e l'Occidente possono certamente esprimere
almeno pacato sdegno di fronte all'oppressione, all'assassinio e
all'ingiustizia commessa dai "Taliban" contro le donne, esseri umani
come tutti e in quanto tali da tutelare nei loro diritti da una così feroce
repressione.
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