ti Odio di più

Schiacciami le tette con lo schiacciapatate, spolpami i capezzoli con gli stuzzicadenti, troncami le tette col machete, spremimi le ghiandole in un frantoio; fammi godere!

 

 

merdazine

Tette, tette, tette, tette. Numero monografico sulle tette. Tette turgide, tette ammuffite, tette esplosive, ti stacco le tette, leccami i capezzoli.

Numero 8; anno 4°/1998. Aprile.

Imbullonami i capezzoli.

Il mio fidanzato lavora in fabbrica. Lavora duro, tutto il giorno lavorativo. Lavora da lunedì a venerdì. Il fine settimana lo passa con me. Il mio fidanzato mi vuole bene.

Al mio fidanzato ci piaccio. Al mio fidanzato gli piace seguire la moda. Così spesso guardiamo e consultiamo giornali di moda insieme, quelli che compro io e quelli che compra lui. Parliamo per ore dei nuovi modelli presentati e della tendenza della moda. A noi ci piace molto, e passiamo del tempo felice insieme.

Poi un giorno vedendo delle immagini di una firma d'alta moda, che riproducevano un modello di vestito femminile fissato al corpo della modella mediante due sottili anelline che attraversavano i capezzoli della modella, al mio fidanzato gli venne un'idea. Partendo dal presupposto che a lui non piacciono i piercing, volle in qualche maniera sfruttare l'idea del famoso stilista.

Così mi portò nella officina dove lavora e mi preparò per l'imbullonamento dei capezzoli. Primo passo è stato produrre il filetto del capezzolo, così da procurare un passo di vite, e poi è passato ad imbullonarli. Bellissimo. Era molto orgoglioso della sua creazione. Io non vedevo la necessità dell'imbullonamento, però ero contenta anch'io perché lo vedevo felice e realizzato.

Adesso con le tette imbullonate ci potrai fare un sacco di cose utili, mi diceva eccitato e contento della sua grande invenzione. Ci puoi attaccare una mensola, un attaccapanni, un forno a gas, un vestito da sera, ci puoi fissare tuo figlio che non ti scappi dal tuo controllo, ci puoi appendere il casco della moto, un'antenna parabolica, un trapano a colonna, una macchinetta obliteratrice dell'autobus, o il bancone per il check-in di un aeroporto, o se preferisci poi fissargli il morsetto per la messa a terra, così scarico a terra l'elettricità statica delle mie tette imbullonate.

C'ha ragione, è proprio una grande invenzione il capezzolo imbullonato. Sono proprio fortunata ad essere la prima al mondo ad essere stata imbullonata nel capezzolo. Ve lo consiglio anche a voi.

Tette rosse e dolenti piene di serpenti.

La nostra amica è andata a trascorrere le sue vacanze in Africa, per rompere la monotonia dell'inverno che nelle nostre città è così lungo e freddo. Bellissima idea quella di potere andare in vacanza in un paese tropicale, africano asiatico o americano. Quest'anno la nostra amica aveva scelto l'Africa, e precisamente il Kenia, paese africano molto battuto dal turismo.

Purtroppo nel bel paese africano ci sono molte infezioni pericolose per l'uomo, sia per gli abitanti che per i turisti. E la nostra amica ha contratto un'infezione anch'essa, una malattia tropicale trasmessa da una piccola mosca che deposita le sue uova nel sottocute dell'ospite. Gli indigeni la chiamano la pulce della sabbia, perché colpisce coloro che frequentano le spiagge del paese.

La malattia le si manifestò solo al ritorno dalla vacanza, quando ormai era ritornata nella quotidianità della vita. Passarono giorni e le uova del parassita deposte nelle tette della poveretta, cullate dal dolce rollio del ballonzonamento delle tette della ragazza e mantenute in vita dal torpore generato dal corpo della ragazza, continuavano il loro ciclo vitale. La ragazza vedeva aumentare il volume del proprio seno, lentamente, ma giornalmente. Adesso aveva già due gran tette turgide e arrossate, che poneva in evidenza grazie ai vestiti scollati che portava ultimamente.

Ma il fatto drammatico accadde qualche giorno fa, quando noi tutti, vecchi amici ci siamo ritrovati una sera ad un pub per passare la serata insieme e cogliere l'occasione di vedere le foto delle vacanze africane dei nostri amici. Io ero seduto di fronte alla nostra amica, che metteva in evidenza le grandi tette, nude per la metà, e per l'altra metà ricoperte dal vestito da sera. Così tra una birra ed una patatina fritta, le tette cominciarono a scaldarsi, poi a sudare e finalmente esplosero, senza rumore, ma solo come uno schifo di muco vomitato e spruzzante nella mia direzione. Uno schifo orrendo di liquido biancastro come sborra di piccione, e solo le sbavate tremende che si vedono nei film di Alien possono rendere l'idea dello schifo. Dopo lo spruzzo purulento cominciarono ad uscire vermi a fiotti, le larve della mosca della sabbia, grossi e grassi, che si dimenavano e cercavano altro cibo. L'amica svenne all'istante, e tutto il resto della compagnia scappò dal locale subito. Rimanemmo la svenuta, i vermi famelici ed io, impossibilitato dal fuggire perché rinchiuso in un angolo del locale. Vermi grossi come serpenti che fischiavano e sibilavano come pitoni cobrati. Molti si gettarono sui resti commestibili della tavola, come patatine smangiucchiate, birre mescolate a saliva e pop-corn smosciati. Poi finito il pranzo, presero la via dell'uscita del locale in fila indiana, allontanandosi nel buio della notte. Qualcuno rimarrà schiacciato dal traffico notturno, qualche altro aggredirà una qualche pensionata che esce la notte per cibare i gatti, altri si infileranno in culo a qualche cani, altri intraprenderanno la carriera politica. Ad ognuno il suo destino.

Quando la situazione si fa più tranquilla e ormai nessun verme serpentato è più presente nella sala, vado ad accertarmi delle condizioni della amica svenuta e svermata. È ancora viva, senza senso. Le tette hanno riacquistato le dimensioni di sempre, e sono presenti due piccoli fori sborranti, uno per seno, dai quali sono usciti i vermi. Le piscio sulle tette e dentro i fori mammari per disinfettare la situazione, poi col telefono cellulare perso da qualche amico scappato dal terrore chiamo un'ambulanza. Poi vado al cesso e cerco di pulirmi culo e pantaloni dalla merda che mi sono cagato addosso prima che arrivi il pronto soccorso.

L'esploratore delle regioni collinari inesplorate.

È da qualche tempo che esco con una certa frequenza con questa ragazza, conosciuta qualche tempo fa un venerdì sera fortunato in un locale notturno della città.

Ma quella sera avvenne qualcosa di più della solita serata. Già da quando ci siamo incontrati avevo già intuito quel qualcosa di diverso, che ci avrebbe fatto passare una notte indimenticabile. E più passava il tempo, più la nostra eccitazione cresceva.

Così ad un certo punto della serata lasciammo il locale e gli amici che avevamo incontrato dentro, per appartarci, per dare sfogo ai nostri istinti erotici che ci attanagliavano dall'inizio della serata.

Saliamo in macchina e mi dirigo verso i colli, in cui si possono trovare luoghi isolati e bui senza problemi. Parcheggio e spengo il motore. Ed eccoci subito abbracciati che ci baciamo, che scambiamo la nostra eccitazione e la saliva, con un lavoro di labbra.

Lentamente le sfilai la camicetta, che subito lascia vedere il prosperoso seno sostenuto da un bel reggiseno di pizzo. Due tette tremende! Accarezzo un poco le tette, poi le sfioro con le labbra e le bacio con passione. Sbottono il reggiseno, e glielo tolgo. Senza la spinta del reggiseno le tette cadono verso il basso, adagiandosi sul ventre della mia ragazza. È la prima volta che vedo il suo seno nudo. Non è che sia deluso, però non m'aspettavo una caduta di carne flaccida. Però è comprensibile, perché hanno un volume pazzesco, e devono pesare parecchio quelle due gran tette.

Mi avvicino alle tette e comincio a baciarle e leccarle lentamente. Lavoro sodo, sulla superficie, sul capezzolo, per provocare eccitazione e per trarne piacere. Più lavoravo sulle tette, più la loro superficie mi sembrava aumentare, e sempre più lontana mi sembrava la meta. Allora ci do sotto ancora di più, lavoro di lingua di brutto. I gemiti che produceva la mia ragazza mi facevano capire che la mia ragazza apprezzava il mio lavoro, e che ero sulla giusta strada. Continuando a vagare in quelle valli floride ed inesplorate, mi ritrovo nella piega cutanea inferiore delle tette. Più mi avvicinavo a questa piega, più il vento si alzava. Un odore pungente stimolò il mio naso, e man mano che mi avvicinavo, l'odore si faceva più forte e chiaro. Formaggia gorgonzolata, che virava al francese Camembert. Così durante il mio lavoro mi incontrai nella centrale di produzione casearia, di formaggia sottomammillare sinistra. La produzione ne aveva già sformaggiata una bella quantità, dal sapore delicato e lievemente salato. Che schifo!, penso. Si poteva almeno lavare. Allora alzo la testa dal mio lavoro, e guardo in faccia la mia ragazza. Lei mi guarda, e mi sorride. Sorridendo scopre i denti, che mi accorgo essere incrostati di formaggia tartarata. Che schifo, un po' zozzona la tipa. Ma chissenefrega, ormai sono qua, a buon punto e tutto eccitato, quindi non è il caso di perdersi in questi dettagli formaggeri. Riparto per l'esplorazione dei territori sconosciuti. Mi dirigo a grandi passi verso le vallate estreme, là, dove le due tette s'incontrano. Là, dove il sole non batte quasi mai, e c'ho bisogno della luce che mi guidi. Comincio la discesa vero il fondo della vallata, e sopra di me vedo grossi nuvoloni bianche che si muovono rapidamente. Freschi pascoli si aprono davanti a me, con alcune piccole baite nelle alture. Erba fresca e alta, dove ci pascolano mandrie di felici e pasciute mucche. Fresche acque alpine corrono nei torrenti montani, giocando con le lisce asperità delle tette, formando balzelli e cascate di gioiosa e spumosa limpida acqua.

Mulini a vento girano lenti e felici nel loro moto perpetuo. Bambini che giocano nei sicuri nascondigli di ste tette. Api che lavorano incessantemente per produrre il loro gustoso miele coi fiori freschi dei floridi pascoli mammari. Sembrava di essere fuori del tempo, in un incantato paesaggio senza fretta, senza fine. Poi giungo ad una seggiovia, che mi riporta lentamente alle alture delle tette, ai capezzoli turgidi e sbrodolanti. Faccio un giro veloce sui capezzoloni già eccitati, poi guardo la mia ragazza. Dall'espressione capisco che è già arrivato il momento. Un bacio in bocca, e poi giù, all'esplorazione felice della paludosa foce che si trova al confine delle sue gambe.

Questa volta ti ho fatto vedere le tette.

Ma la prossima volta, ti faccio vedere questo!


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