<< n° precedente
PRIMA PAGINA
n° successivo >>

06/10/2000
L'ELEFANTE
IL GIORNALINO DEL CONCORSO
N° 3
LA STORIA DI OGGI
La famosa Abbazia di Sesto Calende era abitata molto tempo fa da una ricca e numerosa comunità guidata da un saggio vecchio Abate. Egli predicava ai suoi fratelli di essere sempre umili, di vivere in povertà, di leggere sempre le sacre scritture, di accogliere con amore tutti i pellegrini, insomma, tutte le cose che un bravo Abate doveva ricordare ai suoi subordinati. E così la comunità prosperava, i cittadini andavano spesso a portare doni, sia in cibo che in denaro e i monaci provvedevano a ridistribuire le ricchezze che venivano loro affidate. Pian piano però cominciarono a tenersi delle offerte: prima aumentarono le dosi di pane e di vino, poi trattennero dei bei prosciutti, poi le leccornie che qualche donatore offriva per i poveri e col passare del tempo si abituarono ad una vita molto più confortevole di quanto i loro voti avrebbero permesso. Alla fine cominciarono anche a trattenere il denaro delle elemosine e cominciarono a raccoglierlo in un grosso baule: "Non si sa mai, un giorno potrebbe venire comodo".
Il povero Abate predicava tutti i giorni contro questi abusi, ma al principio i fratelli smisero di ascoltarlo, poi lo presero in giro e infine gli fecero capire che la sua presenza nell'Abbazia era proprio superflua e che loro se la cavavano benissimo senza di lui. Così un brutto giorno lui prese un cordone nuovo che gli avevano regalato molti anni prima, un po' di pane, un cappuccio di ricambio per la pioggia e se ne andò. I monaci, liberi da ogni imposizione, continuarono ad accumulare cibi e ricchezze: diventavano ogni giorno più grassi ed antipatici. Tanto antipatici che i cittadini dapprima diradarono le loro visite, poi ad uno ad uno smisero del tutto di recarsi al convento.
I monaci erano ben felici: "Menomale, dicevano, così non dobbiamo più accogliere quei morti di fame, sporchi e male olenti che venivano a chiedere l'elemosina. Tanto abbiamo denaro e cibo per una vecchia età, anche se non viene nessuno a trovarci, ci divertiamo fra noi a sufficienza". E anche i poveri smisero di andare a trovarli, tanto se solo si avvicinavano venivano presi a sassate. Un giorno si avvicinò alla porta del convento, che allora aveva tutto intorno un muro di cinta, un povero vecchio. Chiese un po' di cibo, e di essere ospitato per la notte: "Non mangio molto, sono tanto vecchio!… Io conosco tante belle storie e se volete mi sdebiterò raccontandovele".
"Nemmeno per sogno, gli rispose un vecchio monaco che più degli altri si era adagiato nelle ricchezze e che faceva un po' da guida a tutti, nemmeno per sogno! Pussa via, brutto vecchiaccio schifoso!" Il povero vecchio si accucciò sotto una sporgenza del muro all'esterno del convento e non si mosse. Da lì i monaci non potevano mandarlo via: era strada di tutti. E si verificò un fenomeno strano: prima un bambino, poi una ragazzina, poi la loro mamma, poi altre persone si avvicinavano, gli davano qualcosa da mangiare e si sedevano intorno a lui per ascoltare estasiati le sue storie. Poco tempo dopo intorno al vecchio c'era una piccola folla di persone che lo ascoltavano, gli fornivano cibo sufficiente per vivere anzi, quel che avanzava lo distribuiva ai più poveri di lui.
I monaci dentro le mura del convento schiattavano di rabbia: a loro più niente e a quel vecchiaccio tutto quel ben di Dio! Non era possibile! Ormai il cibo che avevano accumulato era finito e nel baule dell'oro si cominciava a vedere il fondo. "E se facessimo entrare il vecchio?
Forse la gente per ascoltare le sua storie ricomincerà a venire al convento come una volta. In fondo abbiamo sbagliato a mandar via l'abate: quando c'era lui non ci mancava mai niente, c'era sempre tante gente con cui parlare e ci sentivamo amati" suggerì un giovane monaco. "Proviamo!" disse un altro, "Ma sì!" aggiunse un terzo. Il vecchio grasso monaco che era diventato il capo non voleva, ma lo fecero stare zitto e uno dei giovani si sporse fuori dall'uscio del convento e chiese al vecchio che era fuori: "Non vorresti entrare a ripararti, povero vecchio? Presto inizierà la cattiva stagione e quando pioverà come potrai continuare a raccontare le tue storie?" "Si, entra! aggiunse un altro spuntando dalla finestra della portineria. "Ti racconto io una storia: noi siamo stati dei monaci cattivi e abbiamo mandato via il nostro vecchio Abate per accumulare ricchezze che non ci appartengono. Abbiamo fatto un grave peccato!
Vieni dentro e racconta anche a noi le tue storie che parlano di tante brave persone." "Ti preghiamo tutti, entra!" concluse un altro, affacciato alla finestra del primo piano.Il vecchio parve tentennare un po', poi disse: "Entrerò se farete entrare anche tutti quelli che vengono ad ascoltare le mie storie e tutti i poveri che vengono qui a mangiare quel poco che do loro".
Dopo un conciliabolo a bassa voce che durò meno di un minuto, tutti i monaci in coro, di nuovo allegri come una volta, dissero: "D'accordo!". E in poco tempo il Convento divenne di nuovo il centro più frequentato della regione, dove ricchi e poveri si incontravano sempre con piacere per dare e ricevere quanto l'amore reciproco metteva a loro disposizione.Solo dopo che si fu ben ripulito, i monaci scoprirono che il vecchio non era altri che il loro Abate. Gli chiesero scusa per tutto il male che avevano fatto, primo fra tutti il frate grasso che lo aveva sostituito e che da quel giorno fece una bella cura dimagrante. L'Abate perdonò tutti, si scusò per aver fatto forse troppe prediche, e la vita riprese serena nel convento di Sesto Calende.