Rivarolo del Re è un piccolo paese , situato nel cuore
della bassa pianura Padana, sulla riva sinistra del Po. La Scuola Elementare
di Rivarolo del Re fa parte dell’Istituto Comprensivo "G. Diotti" di
Casalmaggiore (CREMONA). |
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La storia "ALLA RICERCA DELLA CHIOCCIA D’ORO" è stata
prodotta dal gruppo collettivamente "Amici Esploratori", formato
dagli alunni delle classi 4a e 5a della Scuola
Elementare di Rivarolo del Re (Cremona), durante le attività a classi
aperte. |
ALLA RICERCA DELLA CHIOCCIA
D’ORO
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- Michele, - esclamò Alice - dalla
copertina del libro sta sporgendo qualcosa!
Era vero! Il dr. Michele, che aveva preso tante volte in mano quel
libro, non si era mai accorto che tra la copertina rigida e il foglio
interno, incollato ai bordi, fosse nascosto un cartoncino…
Ma sarà meglio cominciare questa storia fin dall’inizio.
Noi alunni della scuola elementare di Rivarolo del Re, chiamati "Amici
Esploratori", eravamo usciti una mattina ad esplorare il nostro paese,
in cerca di un luogo in cui ambientare una storia per partecipare
al concorso "Una storia per la Storia". Arrivati davanti al viale
dei gelsi, da sempre chiamato "Viale dei Moroni", ci fermammo ad osservarlo
dietro la leggera foschia autunnale che lo avvolgeva: la verde galleria
si incrociava ad angolo retto con il grande fossato che delimitava
il giardino della magnifica villa "La Todeschina". Noi Amici Esploratori
amavamo molto quel viale poiché vi andavamo spesso per far scuola
all’aperto; soltanto poche settimane prima lo avevamo riprodotto in
due murales sulle pareti dell’atrio della nostra scuola.
- Ambientiamola qui, la nostra storia! – propose Mirko.
- Sì, è proprio una bella idea! – ribatté Marco.
- Però potremmo allargarla alla Todeschina. Con quel suo torrione
sembra fatta apposta per fare da ambiente ad una storia avventurosa!
– aggiunsero Sabrina e Gabriele.
Tutti accettammo con entusiasmo la proposta dei nostri compagni.
Per questo contattammo il Dr. Michele, proprietario della villa, che
gentilmente si rese disponibile per darci tutte le informazioni sulla
sua tenuta e accompagnarci in visita. Egli, guidandoci tra i vari
locali, ci spiegò che la villa risaliva a poco prima del ’700 mentre
il torrione era molto più antico; esso, infatti, era stato costruito
nel ’400 circa, probabilmente con funzioni militari, per difendere
Rivarolo del Re posto tra i confini degli Stati di Milano e di Venezia.
Quando ci trovammo nel grande giardino di fronte alla villa, il dr.
Michele ci invitò ad osservarne con attenzione l’architettura. - Vedete,
ragazzi, - ci fece notare - nei tempi antichi si aveva molto rispetto
per l’ambiente ed è per questo che la villa si sviluppa orizzontalmente
su un unico piano principale e si affaccia sul giardino, in perfetta
armonia con il paesaggio pianeggiante circostante. Tutto questo complesso
– continuò Michele – fu destinato fin dall’origine ad essere residenza
signorile di campagna nel solo periodo estivo.
In seguito il Dr. Michele era venuto a scuola per mostrarci un libro
di memorie di caccia che suo nonno, il Nobile Ippolito Longari Ponzone,
aveva scritto su una tenuta vicina alla villa, chiamata "Il Roccolo".
In questo libro venivano descritte tutte le forme di "uccellagione"
senza armi, praticate in quel piccolo paradiso terrestre.
…Fu proprio mentre il Dr. Michele leggeva alcune pagine di questo
libro che Alice si accorse del cartoncino che sporgeva dalla copertina.
Incuriositi, circondammo tutti Michele. Egli estrasse con mani tremanti
il misterioso cartoncino e cominciò a leggere:
"Se il tesoro vuoi trovare,
nella villa devi andare…
30+30 devi contare
al 4° che fischia
vai a cercare"
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- Dai, Michele! – urlammo in coro
noi ragazzi, che cominciavamo a sentire odore di avventura – Andiamo
alla villa! Ti aiutiamo noi a cercare il tesoro… Lo sai che siamo
esploratori, esperti di caccia al tesoro!
Michele, ancora perplesso, si lasciò
contagiare dal nostro entusiasmo e corse insieme a noi fino alla villa.
Pensando che il nonno suggeriva
di contare fino a sessanta, egli capì immediatamente che saremmo dovuti
salire fino in cima al torrione. Infatti, ricordava di aver contato
tante volte i gradini delle tre rampe di scale che erano proprio sessanta.
Tutto il nostro gruppo si precipitò
per le scale, attraversò tre stanzette e, finalmente, si trovò immerso
nel cielo azzurro tra i merli ghibellini del torrione. Lo sguardo
di tutti noi spaziava tra la terra e il cielo; da qui tutto si poteva
vedere: Rivarolo, i suoi dintorni, Sabbioneta e le torri di Casalmaggiore.
Tutti eravamo entusiasti. Solo Michele non partecipava all’eccitazione
generale…Egli stava cercando di capire che cosa avesse voluto indicare
il nonno con l’espressione "il 4° che fischia"… Riflettendo,
si soffermò a guardare il campetto di fronte al torrione, il famoso
Roccolo, e fu allora che ebbe l’illuminazione: - Ragazzi, ho capito!
Il nonno amava molto gli uccelli e sicuramente con il suo gioco di
parole ha voluto indicare il merlo, che però, in questo caso, dovrebbe
essere un merlo della torre.
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Cominciammo a contare e, con grande
sorpresa, ci accorgemmo che proprio il quarto merlo poteva ruotare
fino a mostrare una piccola nicchia contenente un cofanetto di legno.
Michele ci chiamò attorno a sé, forzò con poca fatica la serratura
del cofanetto e lo aprì. All’interno vi trovammo un quadernetto arrotolato,
le cui pagine erano scritte con la stessa calligrafia del libro sul
"Roccolo" e del cartoncino.
Nel quadernetto il nonno Ippolito parlava di un preziosissimo servizio
da the, tutto d’oro, composto da una teiera a forma di chioccia e
da ventiquattro tazzine a forma di pulcini. Il nonno scriveva che
in questo servizio fu servito il the a Garibaldi, quando passò da
Rivarolo e venne ospitato alla Todeschina.
- In quell’occasione – ci raccontò Michele - il mio bisnonno Giovanni
Longari Ponzone decise di partire, soltanto diciassettenne, per combattere
come volontario nella spedizione dei Mille al seguito di Garibaldi.
Riprendemmo la lettura del quadernetto. Il nonno spiegava ancora di
aver provveduto a nascondere la chioccia d’oro con i suoi pulcini,
per evitare che se ne impossessassero i soldati tedeschi, che durante
la guerra, avevano trasformato la villa in un loro quartier generale.
Per non far trovare troppo facilmente il tesoro, il nonno diceva di
aver lasciato delle tracce che solo una persona che conosceva bene
e amava la villa avrebbe potuto capire.
Nell’ultima pagina del quadernetto, trovammo un altro indizio:
"
Dà calore agli antenati"
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Michele sapeva bene che il nonno
amava gli indovinelli e cercò insieme a noi di capire il significato
nascosto della frase.
- Nel grande salone della villa – esclamò - si trovano i busti e le
statue dei miei antenati, perciò, ragazzi, direi di andare là!
Entrammo nella bellissima sala quadrata, illuminata da grandi finestre
che davano sul magnifico giardino. La porta era spalancata e Michele
ci fece notare che, guardando attraverso ad essa, lo sguardo poteva
correre fin oltre alla porta di fronte, attraversare il cortile e
il giardino, spaziare al di là del grande fosso, continuare la sua
corsa e percorrere l’intero Viale dei Moroni, fino all’ultima coppia
di gelsi che intrecciavano i loro rami, formando una verde galleria
sotto la quale spesso Michele andava a cavalcare.
- Ora ricordo… il mio papà mi ha parlato di questo effetto! – esclamò
Valeria – Mi pare che si chiami "effetto cannocchiale".
- Si chiama proprio così! – confermò Michele.
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Noi Amici Esploratori tornammo
al centro del grande salone e ci guardammo intorno, ammirando le magnifiche
colonne, il grande camino di marmo e il gigantesco lampadario di cristallo
che pendeva dal centro del soffitto stuccato. Nella stanza erano esposti
busti, statue e ritratti degli antenati di Michele.
- Dobbiamo cercare nel camino! – esclamò Federico.
- Hai ragione! E’ il camino, infatti, che riscalda i busti degli antenati
del nonno. – disse Andrea.
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Michele si avvicinò insieme a noi
al camino e notò una pietra un po’ smossa sulla fiancata destra. Provò
a toglierla… Tra la sorpresa generale, ci accorgemmo che dietro vi
era nascosto un minuscolo astuccio cilindrico di legno, all’interno
del quale era nascosto il seguente indizio:
"Un grande gnomo
devi cercare
che il tempo che passa
continua a segnare"
Questa volta fummo noi ragazzi
a mettere sulla giusta strada Michele; infatti, Fabio, dopo aver letto
l’indizio, osservò:
- Se il nonno parla di segnare il tempo, vorrà indicare un orologio…
- …Già, ma forse a quel tempo, non esistevano nemmeno gli orologi…-
replicò Cristian.
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A quelle parole Michele esclamò
con entusiasmo: - Ragazzi, ci siamo! Una volta alla villa il tempo
veniva segnato dalla grande meridiana che dà sul giardino e l’asta
della meridiana si chiama "gnomone"! Forza, chiamate Giovanni, il
mio giardiniere e andiamo alla meridiana!
Giovanni arrivò con una lunga scala,
salì fino all’altezza della meridiana ed estrasse lo gnomone, sotto
il quale scoprì un astuccio. Noi Amici Esploratori, agitati e ansiosi,
lo aprimmo, scoprendo un nuovo indizio. Silvia lesse ad alta voce
per tutti:
"Ancora in alto devi tornare
se la ricerca vuoi continuare
Guardati intorno, ma se non vedi,
corri di sotto e scava ai suoi piedi"
Noi ragazzi, aiutati da Michele,
capimmo che l’indizio ci suggeriva di risalire sulla torre. Tutti
quanti vi ritornammo, ma ormai la speranza di ritrovare la chioccia
d’oro era quasi scomparsa. Salendo faticosamente per la seconda volta
i sessanta scalini, noi ci chiedevamo se tutto questo non fosse stato
uno scherzo.
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Ma Michele ci rincuorò: - Coraggio,
ragazzi, vi assicuro che gli indizi che abbiamo trovato finora sono
stati scritti tutti da nonno Ippolito e posso garantirvi che il mio
carissimo nonno non ha mai amato scherzare. Forza, continuiamo la
ricerca!
Arrivati in cima al torrione, noi e Michele ci affacciammo tra i merli
ad ammirare di nuovo il panorama circostante. Girammo intorno lo sguardo,
ma ad un certo punto questo fu interrotto dai rami dell’acacia secolare,
che coprivano il panorama alla nostra vista. Allora capimmo cosa significava
"… ma se non vedi, corri di sotto e scava ai suoi piedi".
In un baleno scendemmo le scale; Michele si fece procurare una
pala da Giovanni e cominciò a scavare. Gli diedero il cambio Juxhin,
poi Davide, poi Daniele, mentre il resto di noi Esploratori scavava,
aiutandosi con le mani o con bastoni.
- Ehi, ho trovato qualcosa di duro! – gridò
Valentina.
Tutti ci precipitammo; Michele prese la pala e scavò delicatamente
attorno all’oggetto: era un baule, che subito venne estratto. Esso
era chiuso da un lucchetto di ferro, ma fu facile per Michele farlo
saltare con un colpo di pala. Con grande emozione, egli alzò il coperchio…
- Ohhhh!!! – gridammo tutti in coro.
Dalla cassa, la stupenda chioccia d’oro con attorno i suoi pulcini,
mandava bagliori di luce, riflettendo i raggi solari che la illuminavano.
Era troppo bello! Noi Amici Esploratori avevamo partecipato alla ricerca
di un tesoro! Michele, ispirato dal grande amore per "La Todeschina",
ci aveva aiutati a risolvere gli indovinelli del nonno e, insieme,
eravamo riusciti a ritrovare la leggendaria CHIOCCIA D’ORO, di cui
tutto il paese da sempre parlava, ma che nessuno sapeva che fine avesse
fatto.
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