Roger Federer



Nell'aprile '99, l'Italia, reduce da due semifinali ed una finale nelle ultime tre edizioni, si recò a Neuchatel per affrontare la Svizzera nel primo turno di Coppa Davis. L'impegno non appariva semplice, ma, al momento del sorteggio, nessuno si era strappato i capelli: in fondo, gli elvetici avevano solo un buon giocatore, Marc Rosset, e, alle sue spalle, il vuoto. Non avevamo fatto i conti, però, con l'esplosione di un diciassettenne (è nato a Basilea l'8 agosto 1981) di grandi speranze, Roger Federer, campione mondiale junior in carica. Così, dopo che Rosset ebbe battuto Pozzi, il giovanotto stroncò le nostre residue ambizioni, superando, all'esordio in Davis, Sanguinetti in quattro sets. Il doppio completò l'opera e, dopo solo due giornate, ci trovammo fuori dal tabellone principale.

Federer, all'epoca, era ancora fuori dai primi cento del mondo, ma non ha tardato ad entrarci. A ridosso dei sessanta a fine '99, nei trenta a fine 2000, Roger si è affacciato al 2001 con l'intenzione di fare il gran balzo nei top ten. In effetti, ha ottenuto risultati apprezzabili, come la sua prima vittoria Atp nel risorto indoor di Milano. Nello Slam si è ben comportato, arrivando nei quarti a Parigi e Wimbledon e negli ottavi a Flushing Meadow, denotando un'ottima adattabilità alle varie superfici. L'exploit l'ha compiuto sull'erba londinese, dove, negli ottavi, ha fermato, in cinque sets, la marcia di Pete Sampras, vincitore di sette delle precedenti otto edizioni del torneo. Nei quarti, però, non è riuscito a superare l'idolo di casa Tim Henman, mancando, per inesperienza, la cosiddetta "prova del nove".

Lo svizzero ha concluso l'anno appena fuori dai top ten, in dodicesima posizione. La sua maturazione sta avvenendo per gradi, al contrario di altri giovani, più o meno suoi coetanei, come Safin e Hewitt, che, a vent'anni, già potevano e possono contare su titoli del Grande Slam. Nel 2002, ci si attende, però, la definitiva consacrazione ad alti livelli: un posto nei primi cinque-sei al mondo, qualche exploit nello Slam e nei Masters Series. Federer ne ha tutte le potenzialità: per la sua facilità di gioco, sono già stati scomodati paragoni importanti, come quello (per la verità, un po' azzardato) con Pete Sampras. Vedremo se Roger saprà esserne degno.

26-12-2001 (F.F.)


Nel 2002, Roger Federer ha, in effetti, compiuto ancora dei passi in avanti nella sua corsa verso il vertice del tennis mondiale. Un anno fa scrivevo che era lecito attendersi da lui qualche exploit nello Slam e nei Masters Series ed un posto fra i primi cinque-sei del ranking. Lo svizzero ha chiuso l'anno proprio in sesta posizione mondiale e non ha fatto mancare belle prove nei Masters Series, avendo vinto sulla terra di Amburgo ed essendosi piazzato in finale sul cemento di Miami. Ha deluso, invece, nelle prove dello Slam: due eliminazioni al primo turno (Parigi e Wimbledon) e due al quarto (Melbourne e New York) non possono costituire un bilancio accettabile.

Oltre ad Amburgo, Roger ha vinto Sydney (cemento) e Vienna (sintetico indoor), confermando di essere in grado di competere ad alti livelli su ogni superficie. Si è ben comportato in Coppa Davis, dominando senza cedere un set i quattro incontri di singolare disputati, fra l'altro tutti in trasferta (primo turno con la Russia su Safin e Kafelnikov, qualifying round in Marocco con Arazi ed El Aynaoui). Un periodo negativo seguito al deficitario Wimbledon (dove ha perso dal promettente diciottenne croato Ancic), con appena un match vinto in cinque tornei consecutivi, lo ha costretto ad un tour de force finale per agguantare la sua prima qualificazione alla Masters Cup. A Shanghai si è ben comportato, giungendo imbattuto in semifinale, prima di cedere a Hewitt al termine di un gran match.

Nel 2003 ci si aspettano ulteriori progressi. Finora l'elvetico, dal brillante gioco a tutto campo, non si è mai fermato nella sua ascesa, lenta ma costante, e la prospettiva minima è un posto stabile fra i top five. Per riuscirci, sicuramente dovrà migliorare il suo rendimento negli Slam, arrivando in fondo a qualche prova maggiore, come richiesto dal suo talento.

30-12-2002 (F.F.)


Il 2003 ha segnato il definitivo passaggio di Roger Federer da grande promessa a realtà del tennis mondiale. L'elvetico ha chiuso l'anno al secondo posto del ranking, dietro ad Andy Roddick e davanti a Juan Carlos Ferrero, con i quali ha dato vita ad un'interessantissima battaglia a suon di punti per la conquista del primato. Un primato che gli è sfuggito di poco, ma cui Roger ha dimostrato di poter presto arrivare. Federer ha vinto ben sette tornei, più di chiunque, e, soprattutto, si è imposto su ogni superficie, dimostrando, ancora una volta, l'estrema adattabilità del suo gioco. E' stato, sicuramente, il giocatore che ha più impressionato nei momenti migliori, costituiti dai successi a Wimbledon ed alla Masters Cup di Houston.

Sull'erba londinese Roger ha vinto il suo primo titolo dello Slam, cedendo appena un set in sette incontri e, nella semifinale con Roddick e nella finale con Philippoussis, ha espresso un tennis di una qualità che nessuno, oggi, è in grado di produrre. Dopo un periodo di alti e bassi, Federer è tornato a dominare a fine stagione, a Houston, dove, dopo aver salvato due match-points ad Agassi nel primo match di round robin, ha travolto tutti - compreso lo stesso Andre in finale - senza lasciare per strada parziali.

Se il primo posto nel ranking non è arrivato già nel 2003, il motivo va ricercato in un rendimento ancora altalenante, specie nelle prove dello Slam, in cui, Wimbledon a parte, non ha brillato (due quarti turni, in Australia e negli Stati Uniti, battuto entrambe le volte dalla sua nemesi Nalbandian, ed un'altra uscita all'esordio al Roland Garros, superato dal peruviano Horna). E' notizia di pochi giorni fa la decisione di Federer di separarsi dal suo coach storico Peter Lundgren, che lo seguiva dal '98: vedremo nel 2004 se la scelta si rivelerà giusta, certo è che ormai il naturale obiettivo dello svizzero non può che essere il raggiungimento del vertice della classifica Atp.

28-12-2003 (F.F.)


Sull’eccezionale talento di Roger Federer si sono oramai versati fiumi di inchiostro. D’altronde, le imprese che sta compiendo - tre quarti di Slam, più la seconda Masters Cup di fila, 74 successi in 80 incontri ed undici titoli nel 2004, da tempo imbattuto con gli altri top ten, 14 finali Atp vinte consecutivamente, contando anche quella di Doha 2005 – autorizzano all’uso di qualunque iperbole.
L'elvetico è, attualmente, di gran lunga il miglior giocatore del mondo, parecchie spanne sopra tutti, come conferma anche l’ultima edizione del ranking Atp, nella quale dispone di un vantaggio davvero incolmabile sui più immediati inseguitori. La sua pare una gara non tanto con gli avversari di oggi, quanto con i primati della storia del tennis.

La facilità di gioco del fuoriclasse di Basilea è davvero impressionante: Roger sembra non faticare mentre insegue e colpisce la pallina, disegnando traiettorie geniali sul campo. La fluidità dei suoi movimenti colpisce anche i meno esperti, che rimangono ammirati ad osservarne l’armonia dei gesti.
Il diritto non teme paragoni: non è strappato come quello di tanti “bombardieri” oggi sul circuito, ma quanto fa correre la pallina! Lo svizzero trova parecchi punti anche con il rovescio – ad una mano, come da stile classico - e dispone di un gioco di volo di prima qualità, vista la naturale sensibilità di tocco. Il servizio non è potente come quello di un Roddick o della nuova sensazione Joachim Johansson, ma è preciso e difficile da attaccare. Roger riesce a variarne angoli ed effetti, non dando punti di riferimento agli avversari, e poi, al momento giusto, è in grado di ricavarne punti diretti a ripetizione, segno, questo, di enorme classe.
Sul piano della continuità l’elvetico ha compiuto enormi progressi: fino ad un paio di anni fa, non erano rarissimi i match letteralmente buttati al vento contro avversari ampiamente alla sua portata, ora batterlo è divenuta un’impresa quasi improponibile per chiunque. Federer dimostra sul campo un’attitudine tranquilla, ma, in realtà, è un lottatore silenzioso, uno che combatte senza darne l’impressione.

Roger è in grado di vincere su tutte le superfici: sull’erba, sul cemento e sui tappeti indoor ha già dimostrato di non temere confronti; l’unico terreno sul quale deve ancora compiere progressi è la terra, sulla quale, comunque, ha già conquistato due volte il Masters Series di Amburgo, e dunque tutto si può dire fuorché sia uno sprovveduto.
Per arrivare al titolo anche a Parigi, dovrà puntare molto sulla condizione atletica, dato che vincere sette incontri al meglio dei cinque sets sul rosso richiede un’eccellente preparazione fisica. Non è un caso che, specie da qualche anno a questa parte, il Roland Garros stia finendo nelle mani dei vari “pedalatori” spagnoli o argentini, capaci di remare per cinque ore sotto il sole a fondo campo, con le loro rotazioni accentuate. Roger dovrà riuscire ad ottimizzare le sue energie, cosa che ha già dimostrato di saper fare nel 2004: la settimana immediatamente successiva a Wimbledon, ad esempio, ha vinto sulla terra di Gstaad, in altura, malgrado fosse evidentemente stanco, grazie proprio ad una sapiente gestione delle sue forze, supportata, com’è ovvio, dalla sua immensa classe. Davvero il Grande Slam non è più un sogno proibito.

10-01-2005 (F.F.)


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