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NUOVE SOSTANZE
"del paesaggio"


La città, contemporanea, è una città dinamica e provvisoria; protagonista di continui e repentini cambiamenti in cui mutano frequentemente attività e funzioni
È una città sospesa tra il materiale e il sensoriale;
il luogo in cui manifestiamo la nostra esistenza non ha più una precisa connotazione spaziale,
cambia lo spazio dell’architettura che diventa ricettore, elaboratore e stimolatore delle nostre manifestazioni vitali, diventa contraddittorio instabile conflittuale non può essere determinato a priori, è uno spazio sempre pronto a cambiare per accogliere nuovi mutamenti.


APPROFONDIMENTI LINK

Nicole FVR geographiCITY

"GeographiCITY è una superficie che assorbe tutte le manifestazioni della società contemporanea, rappresenta in ogni momento i cambiamenti della città.
è un modo per costruire una mappa operativa, valida per la città e tutto il paesaggio, capace di mostrare il continuo cambiamento del suolo “terrestre” sia per effetti naturali, come la deriva dei continenti, sia per quelli indotti dall’uomo stesso. Gli aspetti economici, politici, socio-culturali, e l’attenzione ecologica, come i fattori climatici, i movimenti tellurici, diventano gli strumenti della continua deformazione del paesaggio.
è l’impronta delle società, non è una forma, è la geografia in continua mutazione."

Nicole FVR Under the skin

Il progetto parte dall’idea di un’inserzione sotto-cutanea e dallo sviluppo di una struttura architettonica come un organismo naturale. In questo modo l’immissione sotto terra dell’ambasciata modifica il territorio come una molle sacca di silicone modifica il corpo. Questo loop tra artificiale e naturale vuole sviluppare una visione di continuità tra città e paesaggio. Il suolo diventa una pelle, sollevata e deformata, che, come irritata, risente della trasformazione in atto. L’intero sito si trasforma in parco urbano, luogo di scambio, ponte tra la cultura locale e quelle europee.

UN STUDIO Ponte Parodi

"Il Deep Planning di UN Studio, nel progetto per la sede della IUAV a Venezia nel '98 e qui in Genova (come ad Arnhem, d'altronde) applicato nella sua totalità, utilizza pienamente le combinazioni offerte dalle tecnologie digitali, incorporando pianificazione infrastrutturale, urbanistica, economica, costruttiva e dei differenti programmi di destinazioni d'uso. Si interviene attraverso la costruzione circostanziale di un modello di movimento del progetto, utilizzando parametri messi a sistema con la tecnologia digitale (lento/veloce, accidentale/regolarizzato).

Il Programma è stato strutturato in modo tale che l'edificio fosse versatile rispetto alle esigenze cittadine e potesse essere vissuto 24 ore al giorno"



IaN+ livingscape

"è impossibile pensare di progettare pacificamente uno spazio per abitare e regolarlo con norme etico-universali, il vuoto e il disordine sono i nuovi luoghi di intervento.....

....Progettare questi luoghi significa progettare le interferenze tra le forze, renderle evidenti senza regolarle. L'uomo contemporaneo può vivere questi vuoti solo perdendo il corpo come entità misurabile, un corpo indefinito per luoghi indefiniti.
Nel 1929 Le Corbusier sosteneva che una cellula minima deve essere completata con servizi comuni, lo sport e il tempo libero devono diventare una manifestazione domestica e quotidiana. Sovrapponendo le cellule si ottenevano strutture abitative complesse. In questa concezione modernista di abitazione si è cercato sempre di contenere lo spazio della casa all'interno di un existenz minimum, la costruzione dell'alloggio avveniva attorno all'uomo, le attività erano quindi compresse attorno ai movimenti di un corpo statico costretto a relazionarsi con l'architettura attraverso una serie di gesti e stili di vita sempre uguali e ripetuti. Sport ed altre attività avvenivano nei cosiddetti servizi comuni.
Nel nostro progetto di unità residenziale abbiamo cercato, quindi, di sostituire l'existenz minimum con un existenz maximum, uno spazio libero dalle costrizioni dimensionali dove il corpo riacquista la sua completa libertà. Questa dimensione massima ci consente di non prevedere tutte le attività da svolgere all'interno dell'abitazione. A questo punto esiste la possibilità da parte degli abitanti di colonizzare lo spazio abitativo in modi sempre diversi. Rifondando autonomamente le regole dell'abitare. In questo progetto non lavoriamo sulla forma dell'architettura ma sul sistema di vita delle persone che la utilizzano".

da:"Tre parole per il prossimo futuro"
di Luigi Prestinenza Puglisi

"Ecco cosa intendo per ecologia; è il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, non solo quello naturale ma, anche e soprattutto, quello artificiale.

Se così è, che senso ha impedire la costruzione di un parcheggio per non abbattere un albero quando il parcheggio produrrà benefici infinitamente superiori a quelli arrecati dall’albero? E che senso ha ricercare dentro la metropoli, che è un prodotto assolutamente artificiale, piccoli frammenti di natura, se poi questi compromettono realizzazioni più significative?.......

........Su questa linea mi sembra che, oggi, si stia muovendo e con successo buona parte della ricerca architettonica contemporanea. Eisenman,Wines, RoTo, Morphosis, Holl solo per citare alcuni. E Zaha Hadid che non solo progetta un padiglione a Weil am Rhein in cui il percorso si confonde con la costruzione ma anche che realizza per Roma il progetto di un museo dove non c’è più differenza , se non di intensità, tra edificio e spazio urbano...........
.......Tutti i progetti che vi ho sinora citati ricorrono però a tecniche costruttive per così dire tradizionali. Oggi, grazie all’elettronica, possiamo andare oltre.
Concepire lo spazio non più come un contenitore delimitato da muri ma come teatro di interrelazioni tra l'uomo e l'ambiente: pensare a sensori che controllino l’afflusso di luce, gestiscano l’ottimizzazione energetica, ottimizzino le visuali. Possiamo anche pensare a un ambiente che muti in relazione ai mutevoli bisogni, anche psicologici, di chi lo abita.

Insomma l’architettura da fredda e immutabile può diventare vibrante e mutevole. E gli edifici diventare entità sensibili con le quali interagire; oggetti che si adattano al nostro modo di vivere lo spazio, che si trasforma in una nostra seconda pelle.
Quasi sicuramente, la conseguenza di questa rivoluzione sarà la smaterializzazione dei contenitori: i muri da stabili, immobili, sordi, perderanno peso, guadagneranno in leggerezza, acquisteranno, esattamente come un sistema nervoso, intelligenza. E si proietteranno verso la natura e il contesto circostante di cui, finalmente, riusciranno a captare creativamente le luci, i suoni, gli odori.
Concretizzeremo così le intuizioni che negli anni Sessanta e Settanta avevano avuto alcuni architetti d'avanguardia: gli Archigram in Inghilterra, i Metabolisti in Giappone, i Situazionisti in Francia, Archizoom e Superstudio in Italia. E le potremo realizzare perché oggi siamo supportati da maggiori mezzi tecnici.
Tuttavia, come vi accennavo in apertura, in questi anni ci stiamo accorgendo che una eccessiva elettrificazione del mondo produce anche problemi. Che vivere all’interno di un sistema nervoso globale, e dal quale non ci si può neanche a tratti staccare, produce insopportabile angoscia. Che la fulmineità imposta dall’elettronica può essere fonte di insopprimibile ansia. E che alla velocità dell’aereo, della quale non possiamo più fare a meno, dobbiamo affiancare la lentezza del bradipo.

Una moderna visione ecologica dovrà tentare di trovare una conciliazione, realizzando spazi sia per lo sprint di chi vuole correre, sia per lo splash di chi vuole fermarsi. Ma dovrà farlo senza guardare all’indietro, senza la nostalgia di paesaggi incontaminati che oramai non ci appartengono, se non altro perché li abbiamo già tutti antropizzati.

E, da architetti, dovremo fare i conti con un dato: negli edifici di produzione comune, privi di particolari qualità architettoniche, il costo della struttura è passato dall'80% al 20% mentre quello degli impianti è salito progressivamente sino al 35%. E tende a crescere. E crescerà sempre di più con l'avvento dei cosiddetti edifici intelligenti nei quali l'informatica permette nuove forme di controllo ambientale e della sicurezza.

Come fare in modo che questa intelligenza sia non solo quella tecnica dell’ingegnere ma anche quella umana dell’architetto, sarà il compito con il quale dovrete misurarvi".

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